Per gli appalti sull'eolico in Sardegna Indagati Cappellacci e Verdini Tra le pieghe dell'inchiesta spunta l'ombra della mafia e della P2 Il neo governatore della Sardegna Ugo Cappellacci, il coordinatore nazionale del PDL Denis Verdini, il faccendiere piduista Flavio Carboni, l'ex assessore provinciale Pinello Cossu, il direttore generale dell'Arpa Sardegna (l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente) Ignazio Farris, il commissario straordinario per il servizio idrico, Franco Piga, il magistrato tributario Pasquale Lombardi e il costruttore Arcangelo Martino, risultano iscritti nel registro degli indagati della Procura di Roma con l'accusa di concorso corruzione e abuso d'ufficio nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti e le tangenti legate al grande business dell'eolico e delle energie alternative in Sardegna e altre regioni condotta dal procuratore aggiunto Giancarlo Capaldo. Il nome di Cappellacci ricorre in diverse intercettazioni telefoniche in riferimento alla nomina di Farris al vertice dell'Arpa Sardegna decisa dalla giunta sarda con delibera del 6 agosto 2009. Secondo gli inquirenti la nomina di Farris è avvenuta in seguito alle pressioni esercitate su Cappellacci da parte di Verdini e Carboni interessati a far entrare nel grande affare dell'eolico sardo una cordata di imprenditori amici. A dimostrarlo ci sono una serie di intercettazioni di colloqui tra i tre e altri soggetti. "Se non danno quell'incarico a Farris io non organizzo nulla" avrebbe detto più volte Carboni ai suoi interlocutori. Non solo. Dall'inchiesta risulta che il faccendiere piduista ha concordato la nomina di Farris oltre che con Verdini e Cappellacci anche con il senatore mafioso Marcello Dell'Utri che per il momento non risulta indagato. Tale manovra, spiegano gli inquirenti, avrebbe garantito alla "cricca dell'eolico" l'aggiudicazione sicura di gran parte degli appalti. Infatti, subito dopo la nomina Farris, Carboni raccoglie fra gli imprenditori amici alcuni milioni di euro e utilizza gli sportelli del Credito cooperativo fiorentino (la banca di cui è presidente Verdini perquisita già due volte dai carabinieri) per creare dei fondi che, secondo i magistrati, sarebbero serviti per il pagamento delle tangenti necessarie a sbloccare gli appalti dell'eolico. A partire da quello in zona Macchiareddu, nei pressi di Cagliari. Appalto a cui ambivano anche aziende vicine a esponenti della criminalità organizzata siciliana e campana. Altro versante su cui indaga la Procura di Roma. Ma anche quella di Cagliari, in un'indagine parallela. Un terzo filone di indagine: i terreni nel Sulcis-Iglesiente destinati ad altri impianti eolici. Parte dei terreni sarebbero di proprietà della famiglia del presidente del Consiglio regionale, Claudia Lombardo. Cappellacci nei prossimi giorni dovrà spiegare ai magistrati i motivi per cui ad un certo punto la sua giunta ha deciso di "escludere dalla realizzazione dei parchi eolici delle pale off-shore e la gestione diretta degli impianti a terra da parte della Regione". Una decisione a dir poco sospetta, sostengono gli inquirenti, che sottolineano come tale scelta sia avvenuta a marzo e solo dopo aver appreso dell'inchiesta sugli appalti per il G8, e la notizia di indagati eccellenti che, secondo quanto emerso dalle intercettazioni telefoniche, avrebbero costituito una sorta di comitato d'affari che aveva il potere di condizionare gli appalti. Di fronte a tutto ciò, Cappellacci ha reagito con la stessa insulsa arroganza ostentata da Scajola e ha assicurato: "Sarò giudicato dai fatti: la mia giunta non ha concesso alcuna autorizzazione e anzi, con riferimento a energie rinnovabili e appalti, abbiamo chiuso nell'armadio a doppia mandata i vasetti della marmellata". Insomma, dopo il ministro col "sorcio in bocca" tocca al governatore con le mani nei "vasetti di marmellata". 19 maggio 2010 |