Al direttivo nazionale: la destra della Cgil apre la "resa dei conti" con il dissenso di sinistra Epifani processa la Fiom, "Rete 28 aprile" e "Lavoro e società" Ignorato il milione di No al Protocollo Prodi. Messi sotto accusa il voto del CC della Fiom e la manifestazione del 29 settembre a Firenze. Strumentalizzata e deformata l'accusa dei brogli. Investita l'intera struttura della Confederazione contro i dissidenti. Cremaschi deferito alla Commissione di garanzia. La Cgil si sposta ancora più a destra verso le posizioni di Cisl e Uil Rinaldini, Nicolosi e Cremaschi non ci stanno e contrattaccano C'era molta attesa sulla riunione del direttivo nazionale della Cgil tenutosi il 22 e 23 ottobre nella sua sede di Corso Italia a Roma, per il tipo di analisi che esso avrebbe fatto sui risultati del referendum sindacale sul Protocollo Prodi dell'8-10 ottobre scorso, ma soprattutto per capire se la segreteria avrebbe dato il via alla "resa dei conti" con coloro che, all'interno della confederazione, hanno sostenuto apertamente il No, la Fiom di Gianni Rinaldini in testa e poi la "Rete 28 aprile" di Giorgio Cremaschi e "Lavoro e Società" di Nicola Nicolosi. Ebbene, lo svolgimento dei lavori assai teso e accalorato, i toni assunti molto duri e la linea tracciata dal segretario generale, Guglielmo Epifani, nella sua relazione, le repliche altrettanto dure dei diretti interessati e, infine, il documento conclusivo votato a maggioranza scontando però un largo dissenso, hanno confermato questa attesa. Ma forse, per gravità e conseguenze future, si è andati persino oltre le previsioni. Epifani nell'introduzione snocciola la sua analisi, dispensa i suoi giudizi e sferra pesanti colpi contro gli oppositori, traccia il percorso di una Cgil spostata ancora più a destra, assai diversa da quella messa in campo contro il precedente governo Berlusconi, diversa da quella definita nell'ultimo congresso nazionale. Il segretario della Cgil parte col dire che la manifestazione del 20 ottobre a Roma cui hanno partecipato oltre un milione di persone è un grande avvenimento di partecipazione democratica. Ma come, fino al giorno avanti l'aveva attaccata come antisindacale e aveva invitato iscritti e dirigenti Cgil alla diserzione e al crumiraggio. Aggiunge che i cinque milioni di lavoratori e pensionati che hanno partecipato al referendum sul Protocollo sul welfare sono un evento democratico ancor più importante. Ed è vero! Però non fuga i sospetti emersi circa le numerose irregolarità denunciate, non spiega certe stranezze sui conti dei voti, in alcune categorie e in alcune zone del Sud del Paese. La linea di Epifani Epifani sull'esito del referendum esalta oltre misura il risultato del Sì e concede poco o nulla a quello del No. Per lui "è inequivocabile, è un risultato mai raggiunto nelle precedenti consultazioni, i sì hanno prevalso ovunque, anche se non sfugge - concede - il malessere che esprimono alcune (solo alcune? ndr) grandi aziende metalmeccaniche, in particolare il gruppo Fiat". E viene al dunque: "tutti - dice - (a cominciare da chi è stato contrario all'accordo) devono interrogarsi sui tantissimi sì che esprimono prima di tutto condivisione sui contenuti dell'accordo, ma anche fiducia nel sindacato". Il segretario della Cgil, forte di questo risultato, però non così buono come lui propaganda, conferma la bontà del Protocollo, e intima al governo di approvarlo e di farlo approvare in parlamento senza modifiche e senza variazioni. "Ci auguriamo che il governo non cada - afferma su questo punto - che sia messo in condizione di proseguire il lavoro, che non prevalgano operazioni di segno moderato o operazioni di cambi di maggioranza". Ed eccoci alla "resa dei conti" che Epifani aveva già annunciato sin dalla riunione del Comitato centrale della Fiom che in larga maggioranza respinse gli accordi del 23 luglio 2007 e invitò a bocciarlo in sede di referendum. "Questo direttivo - sostiene in modo perentorio - deve essere la sede di un dibattito senza remore". "Nel merito dei comportamenti assunti da aree di organizzazione confermo di considerare un errore la partecipazione alla manifestazione di Firenze del 29 settembre da parte di chi partecipa alla maggioranza congressuale". Il riferimento è a "Lavoro e Società" e al suo coordinatore nazionale Nicolosi che alla suddetta manifestazione hanno dato l'adesione, contravvenendo all'ordine dato dalla segreteria nazionale e dalla maggioranza della confederazione di cui fanno (o per meglio dire facevano parte) dall'ultimo congresso in poi. Ma il vero obiettivo è la Fiom che per Epifani "ha compiuto una scelta mai fatta prima esprimendosi per il No e con questa formalizzazione il referendum è diventato di fatto una contrapposizione fra una categoria e la confederazione". A Rinaldini e al gruppo dirigente Fiom in pratica chiede di abbandonare le loro posizioni critiche e di rientrare velocemente tra i ranghi perché: "Se si accentueranno le divaricazioni con la Fiom ci saranno problemi crescenti fra la categoria e la Cgil". Ma forse quello che vuole in prospettiva è mettere in minoranza l'attuale vertice della Fiom e cambiarlo con uno espressione della destra Cgil. Non per caso, nel dibattito, Fausto Durante, capo della minoranza di destra tra i meccanici e sostenitore del Sì al referendum, si è fatto sgherro di Epifani. Menando fendenti ha detto: "La risposta di Rinaldini al direttivo Cgil configura un'ipotesi di separazione dalla Cgil". "È assolutamente necessario discutere le scelte della Fiom a tutti i livelli confederali". La posizione della Fiom dimostra una distanza tra l'analisi della maggioranza e il mondo reale". Non una parola sul fatto che, comunque, la maggioranza dei metalmeccanici ha bocciato gli accordi del 23 luglio. Costui, battuto sonoramente nell'ultimo congresso della Fiom, ora cerca di prendersi la rivincita. La reprimenda di Epifani investe infine "Rete 28 aprile" e il suo leader Cremaschi verso il quale lancia pesanti e intollerabili minacce di provvedimenti disciplinari. Il segretario della Cgil non lo cita per nome, forse perché non si vuole sporcare le mani direttamente, forse per voluta mancanza di considerazione, ma è chiaro che si riferisce a lui quando urla che "la cosa più inaccettabile in queste settimane sono state le accuse dei brogli. Innescare questa polemica - aggiunge stizzito - è stata una scelta studiata e costruita tanto dentro quanto fuori la Cgil. E' cominciata all'interno già durante le assemblee, ha avuto il culmine con le accuse esterne". Il documento conclusivo Il documento conclusivo approvato a maggioranza, 82 a favore, 31 contrari e un astenuto segna una spaccatura che non si vedeva da tanto tempo: da un lato la destra della Cgil attorno al segretario, dall'altro i voti di "Lavoro e società" che a questo punto sancisce, di fatto, la sua uscita dalla maggioranza congressuale, di "Rete 28 aprile" e di quasi tutti i membri del direttivo Cgil della Fiom. Il documento riprende gli spunti e le indicazioni di Epifani sull'esito del referendum, sul giudizio sul Protocollo sul welfare, sul governo, sui contrasti emersi all'interno della Cgil, ma fa qualcosa di più: allarga l'offensiva contro i dissidenti di sinistra a tutte le strutture della confederazione. Si parla di confronto approfondito nell'insieme della confederazione, da concludersi entro il mese di novembre con una nuova riunione del direttivo nazionale. Ciò perché il "dissenso manifestatosi su un accordo confederale di grandissimo significato - si legge nel testo - nel caso della Fiom, chiama in causa un'intera struttura nel caso di accordi confederali e, per l'insieme delle posizioni alternative emerse la conferma o meno della maggioranza scaturita dall ultimo congresso. Non possono, infatti, non essere sottoposte a valutazione - continua - le divisioni di merito e comportamentali prodottisi in queste settimane e la loro congruità con il permanere della conclusione unitaria del Congresso di Rimini. Valga per tutti - insiste il documento -, l'esempio della vicenda dell'accusa dei brogli elettorali e della manifestazione di Firenze del 29 settembre, sbagliata nei contenuti e che ha visto adesioni e partecipazioni che hanno prodotto seri elementi di inquinamento". Davvero infame, oltreché falsa, questa operazione di deformare e strumentalizzare la giusta denuncia di numerose irregolarità realmente avvenute nella gestione delle assemblee e del referendum e di "sporcare" la bella e storica manifestazione regionale a Firenze, con presunte e inesistenti presenze terroristiche. Più che un chiarimento, più che un confronto come ipocritamente ha detto Epifani, la destra della Cgil vuole mettere a tacere, o comunque mettere in condizione di non nuocere la sinistra nelle sue diverse manifestazioni. Lo si capisce dalle finalità date alla discussione "tutta politica, che serva - è scritto nel documento - all'intera Organizzazione per rendere ancora più forte e pervasiva la qualità della propria confederalità, di fronte alle sfide che ci attendono. La discussione - prosegue - nelle strutture e nel prossimo Comitato direttivo fornirà altresì indicazioni e tematiche da approfondire ulteriormente - specie sul versante delle regole della nostra vita interna, soprattutto, di quelle unitarie ancora da costruire - nella prossima Conferenza organizzativa". Le repliche I diretti interessati posti sotto accusa dalla destra Cgil, ossia Rinaldini, Cremaschi e Nicolosi non hanno abbassato il capo, hanno difeso le loro posizioni e, chi più chi meno, contrattaccato. Il segretario della Fiom ha espresso preoccupazione per come si è svolto il direttivo e ha motivato la sua opposizione. "La ragione principale del mio voto contrario - ha detto - sta in un paradosso: il voto del Comitato centrale diventa oggetto di una discussione in tutti gli organismi dirigenti. Una scelta preoccupante, sospetta - aggiunge. Se la discussione dovesse trasformarsi in un processo alla Fiom e alle aree programmatiche sarebbe un disastro". Per Rinaldini, che rivendica il diritto al voto contrario al Protocollo, sarebbe importante aprire un'altra discussione sulla rappresentanza sociale e sulla sua crisi: "una crisi la cui ampiezza e profondità sono ormai evidenti in tutta Europa e che devono suscitare in noi la più viva preoccupazione". Assai più dura e articolata la reazione di Cremaschi che denuncia subito il "processo politico" imbastito nel direttivo e "una vera e propria caccia alle streghe nei confronti di delegati e militanti che hanno fatto campagna per il No". Il leader di "Rete 28 aprile" non fa marcia indietro e rivendica la legittimità del dissenso e dei comportamenti messi sotto accusa. Contesta la mancata parità di condizioni tra il Sì e il No nello svolgimento del referendum. Conferma che vi sono state "decine e decine di denunce di irregolarità". Chiama mentitori coloro che lo accusano di aver parlato di brogli. Riconoscendo la vittoria del Sì considera però ingiusto e miope ignorare il milione di voti contrari di cui solo 300 mila metalmeccanici e 700 mila nelle altre categorie. In ogni modo continua a chiedere spiegazioni su certe anomalie emerse nel voto; esempio in Campania e il Sicilia dove la partecipazione appare fortemente sovrastimata. Cremaschi mette in evidenza che questa segreteria e questa maggioranza non hanno nessuna volontà di discutere e intendono sbrigare le contraddizioni interne per via amministrativa, investendo la "Commissione di garanzia" competente per sentenziare provvedimenti disciplinari. "Eppure - dice - stiamo andando alla crisi del sistema politico, all'attacco al sistema contrattuale, all'affermazione brutale da parte di Cisl e Uil, come neanche avveniva quando c'era il governo Berlusconi, della validità della legislazione sul lavoro, ma di tutto questo non si discute". "No così non va - è la sua conclusione - così si porta l'organizzazione a drammatiche sconfitte, da parte di un gruppo dirigente che più tempo passa e meno si mostra all'altezza". Neanche Nicolosi condivide l'impostazione e le accuse di Epifani. Perciò giudica sbagliato "affrontare in chiave statutaria e regolamentare i problemi che attengono il confronto politico". Difende l'iniziativa di lotta "autoconvocata dai delegati e dalle delegate della Toscana a Firenze" e respinge la lettura distorta e strumentale che ne è stata data, con particolare riferimento al "collegamento fra la mobilitazione di massa e qualsiasi rigurgito terroristico". Per Nicolosi, "Lavoro e Società" si è mossa correttamente in coerenza con le scelte congressuali. Come a dire, sono stati altri a infrangere quel patto. Secondo lui c'è diffuso malessere tra i lavoratori che pongono interrogativi "sulla efficacia della nostra iniziativa contrattuale e sindacale generale e dunque richiedono una nostra risposta sul terreno della mobilitazione". Di conseguenza è sbagliata "la scelta di impegnare nei prossimi mesi il gruppo dirigente in un dibattito interno in termini amministrativi, di contenimento della agibilità delle aree e della pluralità dell'organizzazione che costituisce una grande ricchezza". La Cgil e il PD di Veltroni La relazione di Epifani e il documento conclusivo confermano in modo evidente, persino plateale, che la Cgil col Protocollo Prodi e le vicende legate al referendum convalidativo si è spostata ancora più a destra. Questa Cgil non è più quella che, al tempo del governo Berlusconi, contestava il "patto per l'Italia" sottoscritto da Cisl e Uil, denunciava il tentativo del neoduce di marginalizzare il più grande sindacato italiano, respingeva con forza la legge 30 sulla precarizzazione del lavoro, si opponeva con la stessa forza al tentativo di cancellare l'art.18 dello "Statuto dei lavoratori", lottava contro la politica economica e sociale governativa e l'oltranza confindustriale e portava in piazza milioni di lavoratori e pensionati. Questa Cgil si è rimangiata le posizioni assunte negli anni passati scivolando via via su quelle destrorse, di stampo concertativo, collaborazionista e neocorporativo, di Cisl e Uil. Su questa base è ripreso infatti un processo unitario per ora sul piano politico e operativo, ma non è escluso che in seguito proceda anche sul piano organizzativo per dare i natali al sindacato della seconda repubblica. Solo così si spiega l'offensiva della destra della Cgil e l'intolleranza contro il dissenso di sinistra. Non è certo un caso che il tutto avvenga nello stesso momento della nascita del Partito democratico di Veltroni di cui diverrebbe (o lo è già) il sindacato borghese e liberale di riferimento. 7 novembre 2007 |