Esame tecnico del ddl 1880-B approvato dalla Camera il 13 aprile 2011 Una legge che salva Berlusconi e gli imputati "eccellenti", politicanti e affaristi corrotti Il testo definitivo del ddl 1880-B contenente "disposizioni in materia di spese di giustizia, danno erariale, prescrizione e durata del processo" approvato dalla Camera il 13 aprile 2011 e giunto in Senato il giorno successivo consta di 6 articoli: è indispensabile svolgere una critica giuridica da un punto di vista di classe e con gli strumenti scientifici del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Iniziamo quindi l'analisi di tale impianto normativo. L'articolo 1 del disegno apporta modifiche al decreto del Presidente della Repubblica (dPR) n. 115 del 2002 in tema di spese di giustizia, e stabilisce che chi vorrà far causa allo Stato per durata eccessiva dei procedimenti giudiziari (come previsto dalla legge n. 89 del 2001, la cosiddetta "legge Pinto") dovrà pagare un contributo unificato (ovvero una tassa) di 77 euro mentre fino ad ora tale azione giudiziaria è gratuita. La legge n. 89 del 2001 prevede già nel suo titolo una "equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo" a carico dello Stato nei confronti di chiunque dimostri di avere ricevuto un danno patrimoniale o non patrimoniale derivante da una durata eccessiva del processo, durata che finora non è mai stata fissata con una norma e la cui durata eccessiva viene valutata dal giudice con discrezionalità ma che nel disegno di legge in commento viene rigidamente stabilita, come si vedrà, con effetti potenzialmente devastanti sia per la finanza pubblica sia per la durata stessa dei processi. L'art. 2 è una norma di interpretazione autentica, ovvero di esegesi giuridica compiuta non dal giudice o da tecnici di diritto ma direttamente dalla legge, che così chiarisce il significato, che vincola tutti i soggetti: il tema è quello del danno erariale previsto dall'art. 17 comma 30-ter della legge n. 102 del 2009, danno che i dipendenti ed i funzionari pubblici, tra cui i magistrati, devono pagare allo Stato, previo giudizio di responsabilità contabile della Corte dei Conti. L'inserimento di questo articolo nel disegno di legge non può che essere visto come un monito ai magistrati a stare attenti alle spese che essi dispongono soprattutto nella fase delle indagini preliminari per intercettazioni, che nei reati di criminalità organizzata, di corruzione, di concussione sono il principale strumento di accertamento delle ipotesi di reato. Anche gli accertamenti finanziari, tributari e bancari sono dispendiosi, soprattutto quando devono essere svolti all'estero, e si tratta di reati di colletti bianchi o tipicamente commessi da politici o pubblici ufficiali: lanciare un avvertimento alla magistratura a non spendere troppo significa di fatto scoraggiare le indagini su questo tipo di reati. L'art. 3 del disegno è di grande rilevanza, poiché al suo primo comma modifica il secondo comma dell'art. 161 del Codice Penale in tema di prescrizione dei reati: in modo particolare stabilisce che il reato si prescrive (ovvero non è più perseguibile) quando trascorre il termine temporale massimo della pena astrattamente prevista dal codice stesso aumentata, se sono compiuti atti di interruzione della prescrizione stessa, di un sesto come regola generale, di un quarto, di metà e di due terzi in vari tipi di recidiva (ovvero se l'indagato o imputato è già stato condannato in passato) e del doppio nei casi in cui l'indagato o imputato sia già stato dichiarato con precedente sentenza "delinquente abituale" o "delinquente professionale". Si abbassa cioè il prolungamento dovuto a interruzione che ora è di un quarto ad un sesto per chi non ha mai ricevuto condanne definitive in precedenza e si lasciano inalterati o addirittura aumentati i tempi di prolungamento per chi è già stato condannato in via definitiva: va da sé che la microcriminalità fatta di sbandati, tossicodipendenti, piccoli spacciatori, extracomunitari non riceverà alcun beneficio da questo disegno di legge qualora dovesse passare mentre normalmente i politici, gli imprenditori, gli appartenenti ai corpi di polizia così come anche i magistrati sono incensurati quando incappano nella giustizia. Si pensi poi ai ragazzi dei centri sociali che, pur non appartenendo al mondo della criminalità, sono spesso oggetto di procedimenti giudiziari, si pensi agli attivisti nell'occupazione di case, ai manifestanti fermati nei cortei, tutte persone che non riceveranno alcun beneficio da questo provvedimento qualora dovesse divenire legge. Proseguendo nell'esame del provvedimento poi, il secondo comma dell'art. 3 del disegno stabilisce che coloro che alla data di entrata in vigore della legge abbiano riportato una condanna non beneficeranno dei nuovi termini di prescrizione ma il loro processo continuerà con i vecchi termini. L'art. 4 del disegno introduce, nei suoi commi 1 e 2, alle Norme di attuazione del Codice di procedura penale un art. 205-quater intitolato "durata ragionevole del processo e obbligo di segnalazione". Secondo questo art. 205-quater "in attuazione del principio di ragionevole durata del processo, il capo dell'ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che procede comunica al Ministro della giustizia e al Consiglio superiore della magistratura" gli estremi dei processi che in primo grado (dall'esercizio dell'azione penale fino alla sentenza) durino più di tre anni, che in appello (dalla sentenza di primo grado a quella di appello) durino più di due, che in Cassazione (dalla sentenza di appello fino a quella di Cassazione) durino più di un anno e sei mesi e che nei giudizi di rinvio (dalla sentenza di annullamento di Cassazione a quella del giudice di merito designato dalla stessa Cassazione) durino più di un anno, e questo per i processi che riguardino reati colpiti con pene massime fino a 10 anni. Per i processi che riguardano reati puniti con pene massime pari o superiori ai dieci anni il termine per il primo grado è di quattro anni e quello per gli altri gradi rimangono uguali, mentre per i processi che riguardino alcuni gravi reati elencati nei commi 3-bis e 3-quater dell'art. 51 del codice di procedura penale (ad es. associazione a delinquere finalizzata alla riduzione in schiavitù o tratta di clandestini, associazione a delinquere di stampo mafioso, sequestro di persona a scopo di estorsione, reati di droga e di terrorismo) i tempi sono rispettivamente di cinque, tre, due ed un anno e sei mesi. Il comma 3 dell'art. 4 del disegno poi stabilisce per il PM un termine perentorio per l'esercizio dell'azione penale: dispone testualmente che "il pubblico ministero deve assumere le proprie determinazioni in ordine all'azione penale entro e non oltre sei mesi dal termine delle indagini preliminari. Da tale data iniziano comunque a decorrere i termini" della durata massima di ogni grado del processo, come sopra commentato. Sono poi previsti anche motivi e termini di sospensione della fase processuale, durante la quale non si computa il tempo ai fini della determinazione della durata massima. Le disposizioni di quest'articolo espongono chiaramente i magistrati alla possibilità di una responsabilità disciplinare di fronte al Consiglio Superiore della Magistratura, responsabilità che può essere promossa direttamente dal Ministro della giustizia se i magistrati superano i limiti temporali così imposti dalla legge. Ma tutti sanno che con la carenza di organico di magistrati, cancellieri, impiegati, ufficiali giudiziari è molto spesso impossibile celebrare tempestivamente i processi non per inettitudine dei magistrati o cavillosità di avvocati come spesso si crede, ma semplicemente per la drammatica situazione in cui versano gli uffici giudiziari, ed è un perverso disegno politico quello di lasciare tali uffici in sofferenza per consentire di fatto il compimento di gravi reati ai danni della collettività, reati che - se in una situazione di normalità possono essere forse perseguiti - rischiano di non arrivare mai alla cognizione del giudice. Così i magistrati si troveranno incalzati da queste norme che li porteranno di fronte al CSM senza peraltro potere fare nulla per accelerare i loro processi. Non solo: se si ricorda quanto stabilito all'art. 1 del disegno in tema di "equa riparazione" è certo che - con l'impossibilità di rispettare i termini - tanti imputati faranno causa allo Stato per ottenere risarcimenti, ingolfando ulteriormente un sistema già al collasso. Occorre che i giuristi democratici, quelli più aperti alle esigenze di una giustizia che non consenta privilegi a nessuno, combattano insieme al Partito marxista-leninista italiano ed ai giuristi marxisti-leninisti questa battaglia a morte contro il governo Berlusconi che, espressione di una classe di padroni senza scrupoli, vuole in un sol colpo creare una giustizia a due velocità colpendo la piccola criminalità, e salvando i pesci grossi e infierendo sui magistrati. Infine, l'art. 5 del disegno introduce una norma tecnico-procedurale che consente al giudice di rilevare cause di non punibilità ancor prima dell'apertura del dibattimento processuale e parimenti di dichiarare tempestivamente la propria incompetenza processuale e l'art. 6 dispone la pubblicazione del provvedimento legislativo nella Gazzetta ufficiale. Che nessuno pensi che leggi come queste servano solo a Berlusconi, è invece vero che leggi come questa servono a un apparato di politicanti ed affaristi corrotti che non esitano a gettare sempre di più la giustizia nel caos. Questo perverso disegno di legge porta la nefasta impronta della classe che l'ha partorito, la borghesia, e l'analisi scientifica di Mao non lascia alcun dubbio in proposito: "Nella società divisa in classi, ogni individuo vive come membro di una determinata classe e ogni pensiero, senza eccezione, porta un'impronta di classe" (Mao Zedong, Sulla pratica, in Opere scelte, vol. 1). 20 aprile 2011 |