Un esempio di tattica marxista-leninista Quel che penso del governo Prodi Il compagno Federico della provincia di Belluno, uno studente non ancora maggiorenne, ha scritto recentemente un articolo sul governo Prodi nel giornale del circolo culturale di Feltre. Lo pubblichiamo anche noi qui di seguito perché riteniamo che tale articolo costituisca un esempio su come si può smascherare il governo in carica senza qualificarsi come marxista-leninista rispettando il carattere di un giornale che è espressione di un'organizzazione di massa, in questo caso culturale. Da notare l'intelligenza tattica e la convincente dialettica con cui il compagno Federico propaganda la linea del Partito sull'attuale governo. Con le recenti consultazioni elettorali la coalizione del "centro-sinistra" si appresta a sostituire il "centro-destra" al governo del Paese. Tale risultato non deve tuttavia far sperare in un cambiamento positivo per gli operai, i lavoratori, gli studenti, i disoccupati, i pensionati e i 9/10 degli italiani. Di fatto, la fazione "sinistra" della classe dominante borghese andrà a sostituire la fazione destra. Dico ciò non per nostalgia nei confronti di vecchia retorica, ma perché oggettivamente l'Unione (se si esclude PRC, PdCI e in certa misura i Verdi) rappresenta direttamente una larga parte dei grandi capitalisti italiani da cui è appoggiata e sostenuta apertamente, e i cui interessi si appresta a fare. Per citarne solo alcuni: i magnati De Benedetti, Tronchetti Provera, Della Valle e gran parte della dirigenza della Confindustria compreso Montezemolo; o ancora, tra le banche, Unipol, Unicredito, Intesa, San Paolo, Monte dei Paschi; e poi il principale quotidiano nazionale del grande capitale, il Corriere della Sera. Tutti questi hanno preso posizione per il "centro-sinistra" Ma quali sono allora le differenze tra le due correnti politiche della classe capitalista? Negli obiettivi non vi è sostanziale differenza. Per entrambe l'obiettivo centrale è portare a termine le cosiddette "riforme" (da quella del mercato del lavoro, a quella della scuola, a quella costituzionale, alle privatizzazioni), le ristrutturazioni dell'assetto economico e politico, ovvero quelle offensive strategiche nei confronti delle conquiste dei lavoratori necessarie alla borghesia nostrana per non soccombere nella "competizione internazionale" con gli altri paesi imperialisti in questa fase di crisi e "globalizzazione". Le differenze essenziali riguardano il metodo: il metodo per far passare queste controriforme. I padroni hanno scoperto in cinque anni di Berlusconi quanto possa essere sconveniente la tattica del bastone per sconfiggere l'opposizione sociale: ore di sciopero moltiplicatesi con conseguente calo della produzione e quindi del profitto; marcia indietro su alcune questioni (art.18, Tav); indebolimento o perdita del consenso nelle questioni dove la retromarcia non è stata necessaria (riforma Moratti, legge 30, guerra in Iraq, globalizzazione); presa di coscienza della propria forza da parte di masse sempre crescenti delle classi subalterne. Ed è da qui che nasce il compito che gran parte della Confindustria, della finanza e del grande capitale in generale hanno affidato a Prodi, compiendo pressappoco lo stesso ragionamento che fece l'avvocato Agnelli nel '96 quando disse: "il governo di sinistra è il migliore per fare le politiche di destra". Prodi è da questi ritenuto più idoneo nel tenere a freno l'opposizione sociale che inevitabilmente si svilupperebbe contro ogni offensiva. La tattica della carota associata all'utilizzo dei "buoni rapporti" con le burocrazie sindacali e con i movimenti può essere più efficace del manganello. Il "centrosinistra" ha già governato 5 anni. Le politiche portate avanti sono state a dir poco antipopolari. Dal pacchetto Treu sul precariato, anticamera della legge 30, all'aggressione militare alla Serbia, al più grande ciclo di privatizzazioni mai avvenuto dal dopoguerra, alla riforma Berlinguer aspramente contestata dagli studenti, all'introduzione dei disumani Cpt per gli immigrati, al cambiamento in senso federalista della Costituzione. Da non dimenticarsi poi il taglio delle aliquote sulle rendite finanziarie, l'abbassamento delle tasse per i ricchi e l'aumento per i poveri. Lo stesso Prodi, si ricordi, fu il capo dell'esecutivo europeo che varò la Bolkestein nella sua forma iniziale e più mostruosa (non a caso tale direttiva porta il nome di Bolkestein-Prodi). Questi sono i fatti con cui bisogna confrontarsi, e contano più di mille proclami e Programmi. Ora, è però vero che difficilmente nei prossimi anni (o mesi?...) il governo Prodi potrà permettersi un'offensiva ugualmente sfacciata. Ma ciò non certo perché i dirigenti del "centrosinistra" si siano convertiti, abbiano trasformato la loro concezione del mondo o siano improvvisamente passati dalla nostra parte della barricata. A imporre qualche esitazione alla fazione guidata da Prodi è solo l'enorme potenziale mostrato in questi anni dai movimenti. È la conferma della "vecchia" tesi per cui "le riforme (in questo caso sarebbe da dire la moderazione delle controriforme) sono soltanto il sottoprodotto delle lotte sociali". L'esistenza di PRC e PdCI all'interno dell'Unione e di PRC all'interno del governo non deve illudere sulle possibilità riformatrici del nuovo esecutivo. Primo. La macchina amministrativa sarà prevalentemente in mano alle forze borghesi dell'Unione, mentre questi due partiti ne gestiranno una parte minima. Secondo. L'attuale fase economica non permette alla borghesia ampi spazi di elasticità nel cedere quote del valore aggiunto appropriato e nel rinunciare a una parte del profitto come poteva in parte essere nella fase espansiva dal dopoguerra fino alla metà degli anni '70. Terzo. Si otterrà qualche concessione su qualche tema, in cambio di una sottomissione generale alle politiche che vorranno portare avanti le forze borghesi dell'Unione, che sono la maggioranza e le più forti. Quarto. Se anche le concessioni diventassero "eccessive" la grande borghesia (col suo seguito di giornali, televisioni, lobby e intrecci) tornerebbe immediatamente a riporre la sua fiducia sulla destra e il governo di "sinistra" cascherebbe di lì a un momento. Rifondazione e PdCI ripercorrono così la vecchia strada fallimentare del compromesso socialdemocratico, che tante volte nella storia ha già portato alla sconfitta il movimento operaio, e finanche aperto la strada alla reazione fascista. Il compromesso strategico tra lavoratori e padroni si è sempre rilevato vantaggioso solo a questi ultimi, che in cambio di qualche briciola si assicurano la capitolazione e il disarmo dei primi, con la possibilità di rompere tale "patto" in ogni momento per procedere poi a una nuova offensiva contro il nemico "disarmato". Così è stato ai primi del secolo con la partecipazione dei ministri "socialisti" ai governi liberali che fece trovare il proletariato europeo completamente impreparato allo scoppio della Prima guerra mondiale e successivamente alle eversioni fasciste. Così è stato con i compromessi di governo tra PSI e DC durante la prima repubblica che hanno completamente corrotto il primo e rafforzato la stabilità della borghesia. Così è stato con il tentato "compromesso storico" tra PCI e DC che ha portato alla svendita da parte del PCI delle lotte operaie, studentesche e popolari (dalla posizione anti Sessantotto fino all'improvviso tradimento della storica lotta Fiat dell''80 dopo la cosiddetta "marcia dei quarantamila") e alla degenerazione del partito in DS, spianando la strada all'avvento della Seconda Repubblica e del berlusconismo. Il risultato principale di tale compromesso è sempre stato la corruzione oggettiva dei "rappresentanti" dei lavoratori che costruiscono sul compromesso con la borghesia la base per la propria esistenza privilegiata. Non occorrerà attendere molto (sempre che il governo Prodi duri abbastanza) e le masse e soprattutto i sinceri comunisti prenderanno coscienza di tutto ciò attraverso la forza dell'esperienza diretta, che è sempre più convincente di mille discorsi. 5 luglio 2006 |