Davanti al ministero dello sviluppo economico a Roma Esplode la rabbia degli operai Alcoa Sotto attacco Passera. Cacciato Fassina (PD). "Il PD ci ha tradito". "L'Unità" attacca gli operai più combattivi Poliziotti, carabinieri e finanzieri caricano i manifestanti Giornata di lotta calda caldissima quella messa in atto dagli operai dell'Alcoa lunedì 10 settembre a Roma davanti al ministero dello sviluppo economico per impedire la chiusura dello stabilimento di Portovesme e i licenziamenti conseguenti, mille tra diretti e indiretti. Era prevedibile che sarebbe andata così dopo che per tutto il mese di agosto gli operai dell'Alcoa avevano proseguito con la forza, vedi l'occupazione dell'aeroporto il 22 e nei giorni successivi del porto di Cagliari senza ricevere alcun segnale positivo. Il governo Monti li aveva liquidati per bocca del ministro Corrado Passera alla festa del PD di Reggio Emilia che aveva sentenziato: "La situazione dell'Alcoa è quasi impossibile". Aggiungendo: "Non ci sono imprese disposte a farsi carico di questa azienda". Determinati a farsi sentire, non per caso indossavano una maglietta con su scritto "Disposti a tutto", in 500, tra i quali vi erano anche delegazioni di altre fabbriche del Sulcis in crisi e amministratori locali, sono sbarcati a Civitavecchia e con dei pullman si sono diretti verso la capitale per dare vita a una lunga giornata di lotta che è iniziata alle 9,30 per concludersi a tarda sera oltre le 22,30. Da piazza della Repubblica è partito il combattivo corteo giunto a via Molise davanti al ministero dello sviluppo economico. Gli operai non si sono fatti spaventare dalla presenza numericamente abnorme, minacciosa e intimidatoria di polizia, carabinieri e guardia di finanza in assetto antisommossa, con scudi e manganelli pronti a caricare. Con coraggio e determinazione non hanno rinunciato alla protesta che anzi hanno portato a livelli molto duri, sia nel corso del corteo che nella manifestazione di fronte al ministero. Protesta che hanno animato con strumenti tradizionali (striscioni, cartelli, fischietti, slogan), ma anche usando i loro caschi gialli da lavoro che hanno sbattuto rumorosamente per terra, contro la targa del ministero, sulle saracinesche, sui cancelli e altro ancora, con fumogeni infilati nelle mele per lanciarli più lontani, e bombe carta. Non hanno indietreggiato e non si sono lasciati intimidire dalle violente cariche lanciate più di una volta dalle forze poliziesche del governo Monti. La rabbia degli operai è esplosa in particolare davanti al ministero dello sviluppo economico allorché hanno saputo che il ministro Passera era assente e non avrebbe partecipato alla riunione prevista tra governo, regione Sardegna, comuni del Sulcis, rappresentanti della multinazionale americana proprietaria dell'Alcoa e rappresentanti sindacali. Hanno provato a sfondare, più di una volta, lo sbarramento delle forze di polizia per assediare più da vicino la sede governativa; senza alcun timore degli scontri né lasciandosi spazzare dalle cariche a suon di manganellate. Una rabbia che è andata crescendo via via che arrivavano le notizie, nient'affatto soddisfacenti, del vertice in corso tra il sottosegretario allo sviluppo, Claudio De Vincenti, il viceministro del Lavoro Michel Martone, i rappresentanti dell'Alcoa, il governatore della regione Sardegna, Ugo Cappellacci (PDL), il presidente della provincia del Sulcis Iglesiente, Salvatore Cherchi e i sindacati. Quando i delegati sindacali sono usciti fuori dal ministero per illustrare le conclusioni dell'incontro che si concretano solamente in un rinvio di una ventina di giorni, da ottobre a novembre, dello spegnimento degli impianti ancora in funzione da parte della proprietà della fabbrica, con la prospettiva della chiusura definitiva e la cassa integrazione, si è manifestata tutta la delusione dei lavoratori che hanno urlato: "Questo è niente, noi da qui non ci muoviamo". "Allora tanto vale che chiudiamo domani, ci dovete dire la verità". "Tornate dentro", hanno urlato ai sindacalisti che avevano partecipato alla trattativa. In questo clima infuocato, di autentica disperazione, un operaio si è messo in mutande, rendendo così evidente la condizione in cui si trovano i lavoratori per colpa del governo. Si è presentato per fare passerella il responsabile economico del PD, Stefano Fassina, sonoramente contestato dai manifestanti, che lo hanno apostrofato con: "Buffone vattene", "Il PD ci ha tradito" e lo hanno cacciato dal presidio di lotta. L'avvenimento è stato colto a pretesto dall'Unità per attaccare gli operai più combattivi, definendoli violenti, "cani sciolti" e perfino estranei alla vertenza. Il rampante ministro Corrado Passera nel tentativo di contenere la protesta nei suoi confronti ha fatto una sorta di (falsa) marcia indietro affermando che "l'Alcoa rappresenta uno dei casi più difficili che abbiamo al Mise (Ministero dello sviluppo economico) ma non ho mai pensato che fosse un caso impossibile". E furbescamente ha aggiunto: "Alcoa è uno dei casi aziendali che seguo più da vicino. Vi garantisco il mio impegno personale diretto a trovare una soluzione". Non è la prima volta che semina promesse di questo genere senza che poi facciano seguito fatti concreti. In un comunicato del Mise si dà la notizia, tutta da verificare, che accanto al gruppo industriale Glencore si è aggiunto il gruppo Klesch, ambedue sarebbero interessati a rilevare l'Alcoa, ma a quali condizioni non è dato sapere. Ma allo stato si tratta di generiche disponibilità il cui esito rimane assai incerto. Specie se non sarà risolto il problema del costo dell'energia necessaria per la produzione di alluminio. A sera tarda i lavoratori hanno concluso la manifestazione da via Molise. Ma hanno fatto sapere che la mobilitazione continuerà in Sardegna, che non molleranno fino a che non otterranno la salvaguardia della fabbrica e la difesa dei posti di lavoro e organizzeranno una specifica iniziativa di lotta in vista di un probabile nuovo incontro con il governo a fine settembre. E infatti, una volta sbarcati a Cagliari, hanno occupato per due ore il traghetto Tirrenia che li aveva riportati in Sardegna, ricevendo la solidarietà del personale e del comandante. Poi in corteo hanno raggiunto il piazzale della Prefettura dove hanno esploso petardi e bombe carta. Gli operai dell'Alcoa, con i quali solidarizziamo in modo militante, hanno di fatto dato il via all'autunno sindacale che si presenta incandescente. Hanno dato un esempio in termini di determinazione, obiettivi, metodi di lotta e nell'individuare come controparte, oltre al padronato, il governo Monti. Un esempio che potrebbe essere seguito, noi lo auspichiamo vivamente, dalle numerosissime fabbriche che si trovano nella stessa condizione con pericoli di chiusura e di licenziamenti. L'esperienza antica e recente insegna che solo con l'unità e la lotta di classe i lavoratori possono difendere e cambiare in positivo la loro condizione di lavoro e di vita. Altre strade non esistono! 12 settembre 2012 |