Condannata l'Eternit "Fu disastro doloso" 18 anni di carcere al magnate svizzero dell'amianto killer Schmidheiny ma nemmeno un euro per i parenti delle 540 vittime campane Risarcimenti di milioni di euro alle parti civili Quella emessa lo scorso 3 giugno dalla Corte d'Appello di Torino presieduta da Alberto Oggè è una sentenza storica, frutto della lotta degli operai di tutta Italia fatta insieme alle loro famiglie e di quella parte migliore della magistratura italiana sensibile alla salvaguardia dei diritti dei lavoratori che ha sostenuto l'accusa sia in primo che in secondo grado: i giudici, in parziale riforma della sentenza di primo grado emessa nel 2012 dal Tribunale di Torino che aveva condannato i vertici dell'azienda (lo svizzero Stephan Ernest Schmidheiny ed il belga Louis De Cartier De Marchienne) a 16 anni di reclusione, hanno elevato la pena portandola a 18 anni soltanto nei confronti del sessantaseienne Schmidheiny, dal momento che De Cartier è morto lo scorso 21 maggio a 92 anni e non pagherà mai per i suoi crimini. Il reato è gravissimo, ossia disastro doloso permanente e omissione dolosa di misure antinfortunistiche, un vero e proprio crimine compiuto dai proprietari degli stabilimenti che producevano l'eternit in nome del più spietato capitalismo e del relativo profitto: benché sin dall'inizio degli anni '60 studi medici avessero dimostrato in modo inequivocabile che la polvere di amianto, generata dall'usura dei tetti e usata come materiale di fondo per i selciati, provoca una gravissima forma di cancro, il mesotelioma pleurico, le due aziende Eternit e Fibronit di proprietà degli imputati continuarono a produrre manufatti fino al 1984 a Rubiera in provincia di Reggio Emilia, fino al 1985 a Bari e a Bagnoli (quartiere di Napoli), fino al 1986 a Casale Monferrato e Cavagnolo in Piemonte e fino al 1992 a Broni in provincia di Pavia tenendo all'oscuro i propri operai e le popolazioni interessate dalle fabbriche sui danni gravissimi che le fibre di amianto provocano soprattutto a lungo termine, e questo soltanto allo scopo criminale di accrescere i profitti prolungando l'attività degli stabilimenti condannando letteralmente a morte migliaia di persone. Soprattutto a Casale Monferrato (Alessandria) i morti di mesotelioma pleurico e di altre gravissime malattie respiratorie come l'asbestosi a causa dell'amianto sono stati migliaia ed altrettanti purtroppo saranno in futuro, anche perché lo stabilimento disperdeva con dei potenti aeratori la polvere di amianto in tutta Casale e in tutta l'area circostante provocando la contaminazione anche di persone non legate alle attività produttive della Eternit: si calcola che soltanto nel triennio che va dal 2009 al 2011 nella città piemontese ci siano stati 128 nuovi casi di persone ammalate ed il comune sta spendendo milioni di euro per la bonifica del sito della fabbrica ormai dismessa ma che ha disseminato di lutti l'intera provincia di Alessandria dove una stima contenuta calcola in circa 1.800 coloro che finora sono morti per esposizione ad amianto, la maggior parte dei circa 3.000 tra morti ed ammalati in tutte le località italiane interessate dalle fabbriche Eternit. Sotto quest'ultimo aspetto la sentenza di appello prende in considerazione, oltre a Casale e Cavagnolo di cui si era occupata anche la sentenza di primo grado, anche i morti e gli ammalati di Bagnoli e di Rubiera dal momento che il padrone svizzero è stato riconosciuto responsabile anche per i reati compiuti in queste due ultime località: però per quanto riguarda i risarcimenti mentre il comune di Casale Monferrato ottiene 30,9 milioni, 5 milioni in più rispetto alla precedente sentenza, anche al comune di Rubiera sono stati riconosciuti danni, mentre nulla la sentenza di appello ha liquidato per Cavagnolo (che tuttavia aveva raggiunto un accordo economico con Schmidheiny) ed ai parenti delle vittime di Bagnoli che nonostante le 540 vittime accertate per cancro al polmone o alla laringe, asbestosi polmonare, mesoteliomi o cancro ovarico non otterranno nulla perché il comune di Napoli non si è costituito parte civile. A tal proposito denunciamo la gravissima latitanza dell'allora amministrazione comunale guidata da Rosa Russo Iervolino ("centro-sinistra") che preferì non costituirsi parte civile nel processo di Torino mentre la regione Campania retta da Caldoro (PDL) si costituì ma abbandonò il processo dopo la prima sentenza: comunque sarà sempre possibile agire in sede civile quando la sentenza di appello verrà confermata dalla Cassazione. Venti milioni di euro andranno poi alla regione Piemonte, centomila ai sindacati, settantamila a Legambiente e WWF mentre a 932 famiglie di vittime andranno 30.000 euro ciascuna. Anche le 2.500 parti civili riferite alla gestione di Louis De Cartier non otterranno risarcimenti a causa della morte del magnate belga prima della sentenza e saranno costrette a cominciare una nuova odissea giudiziaria in sede civile per sperare di ottenere un risarcimento dai suoi eredi, peraltro tutti residenti all'estero. La vicenda della Eternit conferma ancora una volta che lo sfruttamento del capitalista ai danni degli operai, come denunciava Engels "non s'arresta fino a che rimane un muscolo, un nervo, una goccia di sangue da sfruttare" (Federico Engels, "La posizione della classe operaia"). 12 giugno 2013 |