Lo documenta l'Eurispes 7 milioni e 577mila poveri 5 milioni e 100 nuclei familiari, pari a 15 milioni di cittadini (il 23% della popolazione) versa in condizioni di grave difficoltà economica. Sono queste le cifre dello studio dell'Eurispes, in collaborazione con Federcasalinghe, "Problemi di famiglia. Senza rete: la famiglia di fronte alla crisi del welfare", presentato a Roma il 20 luglio scorso. Uno studio che secondo quanto denuncia il presidente dell'Eurispes, Gian Maria Fara, delinea "una Italia a due economie. Una economia delle famiglie ed una economia delle imprese. Da un lato, si assiste alla crescita del PIL, sostenuta prevalentemente dalle esportazioni e non dai consumi interni, dall'altra, all'assenza di redistribuzione della ricchezza prodotta alla popolazione. Manca insomma una condivisione della crescita che, per il momento, si risolve ad esclusivo vantaggio delle imprese". Secondo lo studio sono 2 milioni e 585 le famiglie sotto la soglia di povertà relativa (l'11,1% delle famiglie residenti), per un totale di 7 milioni e 577 mila persone, cioè il 13,1% della popolazione italiana. I nuclei a rischio di povertà sono almeno 2 milioni e 500 mila, pari a ben 8 milioni di persone. Sommati ai già poveri portano la somma a 15 milioni di italiani, e tra questi quasi 3 milioni sono minorenni, il totale di coloro che vivono al di sotto o intorno alla soglia di povertà. Come sempre è il Sud che paga il prezzo maggiore alla povertà. Nelle regioni meridionali si concentrano il 69,8% del totale delle famiglie povere. Inoltre la povertà colpisce in maniera devastante le famiglie numerose, ben il 26,2% dei nuclei con almeno 5 componenti. Ma anche un'altra buona fetta della popolazione non se la passa tanto bene. Un terzo delle famiglie italiane deve tirare a campare con meno di 1.900 euro al mese. In particolare le famiglie monoreddito e quelle con più di due figli hanno probabilità maggiori di impoverirsi. L'incubo dei lavoratori ormai non è più la famigerata quarta settimana, ma è diventata la terza. Stringe la cinghia un italiano su due: il 33,7% ha dichiarato di doverlo fare in maniera "abbastanza pesante", mentre il restante 17,3% soffre di ancora maggiori difficoltà ad arrivare alla successiva busta paga. Il 23,7% ha qualche problema all'inizio della quarta settimana e solo il 23,6% dichiara di non avere problemi economici. Le cause dell'impoverimento delle famiglie vanno ricercate, secondo il rapporto, nell'inflazione che, dopo un periodo di relativa stasi, sta tornando a crescere più di quanto indicato dalle statistiche ufficiali, e nella conseguente perdita di potere d'acquisto delle retribuzioni. E che le retribuzioni non tengono il passo dell'inflazione lo conferma anche un'indagine di Adnkronos. Negli ultimi cinque anni il potere di acquisto degli stipendi si è ridotto del 10,9%. Su uno stipendio di 13 mila euro annui, 1.000 euro netti per tredici mensilità, rispetto a luglio 2006 sono stati persi ben 150 euro; rispetto al luglio 2002 la perdita del potere d'acquisto arriva a 1.419 euro. Sui redditi familiari pesano in particolare gli affitti, il credito al consumo (i pagamenti rateali), le spese per i trasporti e l'aumento dei prezzi regolamentati. Inoltre si è verificato un indebitamento clamoroso delle famiglie per l'acquisto della casa. E anche in Italia, a seguito dell'aumento dei tassi di interesse da parte della Bce aumentano le famiglie che non ce la fanno più a pagare le rate del mutuo (+5,1% nel 2006). 5 settembre 2007 |