Una fabbrica di bambini schiavi in Cina 30 centesimi l'ora per farli lavorare Il 30 aprile la polizia del Guandong ha liberato 167 minorenni, bambini di età fra i 9 e i 16 anni che lavoravano come schiavi in fabbriche tessili di Dongguan. Erano stati comprati per pochi spiccioli, alcuni rapiti, e erano pagati 3 yuan all'ora, circa 30 centesimi di euro. La polizia era intervenuta in seguito a una denuncia fatta da un giornalista che, fintosi proprietario di una fabbrica, aveva scoperto il traffico di bambini forniti da mediatori ai proprietari delle aziende del Guandong, una delle zone economiche di punta costituite dalla cricca fascista e revisionista di Pechino e protagosta dell'enorme crescita della Cina, costruita in violazione delle leggi, dei diritti dei lavoratori e in dispregio della tutela dell'ambiente. I lavoratori schiavi non sono certo una novità e solo la denuncia del giornalista ha costretto la polizia a intervenire; nel caso specifico gli agenti hanno scoperto che la maggior parte dei bambini erano stati prelevati da Liangshan, cittadina della vicina regione del Sichuan, e erano stati comprati per 30-40 euro, se non rapiti. Lo scorso anno il regime di Pechino ha promosso una campagna nazionale contro la schiavitù e il lavoro infantile, facendo finta di opporvisi, ma il grave fenomeno è ancora in espansione. Lo scorso anno era venuto alla luce il caso dei bambini impiegati come schiavi nelle fabbriche di mattoni dello Shanxi e dell'Henan e non molto tempo fa la multinazionale WalMart Stores era stata accusata di utilizzare minorenni e di violare le leggi del lavoro locale. 21 maggio 2008 |