Il risultato peggiore dal 1995 Sempre più povere le famiglie italiane Il reddito è diminuito del 2,7% Nel periodo 2006-2009 il reddito disponibile delle famiglie italiane ha subito un progressivo ridimensionamento del tasso di crescita che è passato da un incremento del 3,5 per cento del 2006 ad una flessione del 2,7 per cento nel 2009: il risultato peggiore dal 1995. Questo è il quadro a fosche tinte descritto dall'Istat il 2 febbraio durante la presentazione del rapporto su "Il reddito disponibile delle Famiglie nelle regioni italiane anni 2006-2009". I dati confermano il persistere della forte sperequazione tra Nord e Sud (nel periodo 2006-2009 il reddito delle famiglie italiane si è concentrato, in media, per circa il 53% nelle regioni del Nord, per il 26% circa nel Mezzogiorno e per il 21% nel Centro) ma, rispetto al recente passato, evidenziano che questa volta l'impatto è stato più forte nel settentrione (-4,1 per cento nel Nord-ovest e -3,4 per cento nel Nord-est) e più contenuto al Centro (-1,8 per cento) e nel Mezzogiorno (-1,2 per cento). Una tendenza già segnalata a dicembre scorso con la diffusione dei dati sull'andamento del PIL nelle macroaree che è stata più ampia nel Nord industrializzato rispetto al Sud. Secondo l'Istituto nazionale di statistica tale diminuzione è essenzialmente da attribuire alla marcata contrazione dei redditi da capitale, anche se, in alcune regioni (in particolare Piemonte e Abruzzo), un importante contributo negativo è venuto dal rallentamento dei redditi da lavoro dipendente. In particolare, secondo l'Istat, il -4,1% di caduta del reddito disponibile nel Nord-ovest nel 2009 è da imputarsi alla cattiva performance di due regioni: Piemonte e Lombardia. Nel primo caso dovuto alla forte contrazione dell'input di lavoro dipendente e, di conseguenza, dei relativi redditi da lavoro; mentre la Lombardia sconta la battuta d'arresto degli utili distribuiti dalle imprese. Cosicché Calabria e Sicilia risultano le uniche regioni italiane in cui il reddito delle famiglie ha mostrato tassi di crescita lievemente positivi; in tali regioni, peraltro, anche la dinamica del PIL è stata migliore che altrove. Nel 2009 il reddito disponibile per abitante al Sud è diminuito meno che nelle altre ripartizioni, anche se il divario nei livelli di reddito pro capite rimane significativo: nelle regioni settentrionali rimangono ancora molto più elevati e in quelle meridionali si registrano i livelli più bassi, mentre le regioni centrali occupano una posizione intermedia, con la sola eccezione della Toscana, più simile alle regioni settentrionali. Insomma, i dati ci dicono che quando l'Italia cresce, in quasi tutte le regioni del Nord la crescita è superiore alla media. Al contrario quando ci sono contrazioni del PIL, il Nord perde di più. Nel 2009 l'incidenza delle famiglie "relativamente povere" sul totale delle famiglie residenti è passata dal 5,3% del 2008 al 5,5% del 2009. La stima del peso della povertà "relativa" viene calcolata sulla base di una soglia convenzionale che individua il valore di spesa per consumi al di sotto della quale una famiglia viene definita povera in termini relativi. Ad esempio, le famiglie composte da due persone che nel 2009 hanno avuto una spesa mensile pari o inferiore a 983 euro sono classificate come "relativamente povere". Il dato medio nazionale è pari al 10,8%, mentre a livello regionale si va dal 4,1% dell'Emilia-Romagna al 27,4% della Calabria. Ciò conferma che la politica economica di lacrime e sangue e la macelleria sociale messa in campo dal neoduce Berlusconi e dal suo gerarca Tremonti colpisce duramente solo le masse operaie e popolari a tutte le latitudini ivi compreso la cosiddetta "locomotiva del Nord-Est" mentre salvaguarda i profitti dei padroni e le rendite finanziarie del grande capitale. 9 febbraio 2011 |