Affossiamo il federalismo energetico che uccide e condanna il Mezzogiorno al sottosviluppo economico e sociale Sostituisce il prezzo unico della bolletta elettrica con le "macro-aree", a tutto vantaggio degli imprenditori del Nord. Le bollette saliranno alle stelle al Sud. La Sicilia pagherà dal 25 al 65% in più del Nord Cancellare l'art. 3 del "decreto anti-crisi" imposto dal governo L'art. 3 del Dl 185/08 (cd. "Decreto anticrisi") imposto con il voto di fiducia alla fine di gennaio, al comma 12 recita: "Entro 24 mesi dall'entrata in vigore del presente decreto-legge, l'Autorità per l'energia elettrica ed il gas, su proposta del gestore della rete di trasmissione nazionale, suddivide la rete rilevante in tre macro-zone." In altre parole il governo ha deciso di dividere in tre parti l'Italia anche dal punto di vista energetico, il che comporterà la differenziazione del sistema delle tariffe, attualmente determinato dall'Authority nazionale dell'energia elettrica, la quale stabilisce il prezzo unico in bolletta, calcolandolo in base ai costi medi di generazione dell'energia offerti dai grossisti alla borsa elettrica. In un colpo solo il governo è riuscito a mettere a segno due obiettivi storici dei privatizzatori e dei secessionisti: il prezzo dell'energia verrà calcolato non già a livello nazionale bensì nelle tre macro-aree, e non più sulla base dei costi di generazione bensì sulla base dei prezzi di vendita offerti dalle diverse aziende (art. 3 comma a). Sebbene il decreto parli di massimo 3 macro Aree (Nord, Centro e Sud) con il federalismo fiscale si rischia non già semplicemente lo spezzettamento in tre parti, ma la polverizzazione dell'unità nazionale: nella migliore delle ipotesi le "macro-aree" saranno 20 quante sono le regioni italiane, nella peggiore saranno quante le province, come chiedono una gran parte degli industriali del nord-est. Quel che è certo è che il Sud sarà gravemente penalizzato in quanto è noto che nelle Regioni del Mezzogiorno il costo dell'energia e del gas è più alto a causa dell'atavica mancanza di efficaci infrastrutture energetiche di sostegno: ancora oggi molte zone dell'Italia meridionale non sono collegate alla rete nazionale mentre le perdite e le disfunzioni nella distribuzione di energia e gas sono all'ordine del giorno, mentre il sistema produttivo primario e secondario è al collasso. Al Sud (isole escluse), ad esempio nel mese di gennaio il fabbisogno elettrico è stato di 4 miliardi di kilowattora (14,7% del totale nazionale), con un calo dell'8% rispetto allo stesso mese del 2008. Un altro motivo del costo più alto consiste nel fatto che l'energia elettrica prodotta al Sud sale verso il Nord mentre quella prodotta in eccesso nel Nord non viene trasferita al Sud. Costi ed effetti a livello sociale Cosa accadrà lo si può quindi dedurre leggendo le attuali incredibili asimmetrie di prezzo registrate dalla Terna (il gestore della rete di trasporto dell'energia): se il prezzo medio per megawatt dell'energia elettrica in Italia è infatti di 115,20 euro, 1 megawatt di elettricità prodotto nel Settentrione costa 106,66 euro, al Centro e nel Meridione 123,29 euro, in Sardegna 113,06 euro e in Sicilia la stratosferica cifra di 171,09 euro, oltre 55 euro sopra la media nazionale. Un costo basso dell'energia elettrica e del gas è di enorme importanza per lo sviluppo economico delle aree più arretrate, la Sicilia, ad esempio, è destinata ad essere tagliata letteralmente fuori dal sistema produttivo. Come potrà competere se solamente l'approvvigionamento energetico costa circa un 45% in più del Nord? Se consideriamo l'aumento complessivo del 22,5% nel 2008, in definitiva in Sicilia l'energia elettrica arriva a costare in un solo anno quasi il 69% in più rispetto alla media nazionale dell'anno prima. Senza considerare gli effetti sociali del provvedimento sulle condizioni di vita delle masse popolari siciliane, già ridotte alla fame, che peggioreranno ulteriormente in quanto è facile prevedere che in Sicilia ci saranno le bollette dell'energia più salate che nel resto d'Italia. Il provvedimento acquista quindi il sapore della beffa, perché l'Isola, a fronte di un basso consumo, esporta energia, ospita centrali termoelettriche ed è attraversata dalla condotta di gas che viene dall'Algeria. Anzi la beffa raddoppia, perché oltre alla disuguaglianza nel trattamento economico, la Sicilia deve fare i conti con i danni ambientali dell'area petrolchimica, la devastazione del paesaggio, l'inquinamento di acqua, aria e suolo. Dovrebbe essere il resto d'Italia ad essere in debito energetico con la Sicilia! Stesso discorso per la Puglia in cui l'82 per cento dell'energia prodotta, da procedimenti industriali ad altissimo impatto ambientale con gravi conseguenze sanitarie, è "devoluta" al "sistema-Paese". In generale l'aumento delle bollette elettriche nel Sud diviene intollerabile se si tiene conto della qualità dei servizi offerti: i valori medi di continuità del servizio sono ben lontani da quelli del Nord dove la media è di 2,6 interruzioni per utente all'anno (121 minuti persi per utente), mentre al Sud la media sale a 5,4 interruzioni per utente all'anno (270 minuti persi per utente). Questi valori sono medie ponderate che tengono conto del fatto che l'Enel serve sia territori urbani che rurali; ma l'analisi di dettaglio mostra differenze rilevanti anche tra le diverse zone urbane (1,4 interruzioni per utente all'anno nelle aree urbane del Nord contro 2,8 interruzioni per utente all'anno in quelle del Sud) o delle sole zone rurali (3,5 interruzioni per utente all'anno nelle aree rurali del nord contro 7,6 interruzioni per utente all'anno in quelle del Sud). Mentre i governatori del Mezzogiorno, compreso l'anticomunista Nichi Vendola non hanno mosso un dito per bloccare i fascio-leghisti secessionisti, a lanciare per tempo l'allarme, inascoltato, è stato il segretario nazionale del Codacons Francesco Tanasi, che alla vigilia dell'approvazione del provvedimento si rivolgeva così ai parlamentari: "Deputati eletti in Sicilia: è vostro obbligo morale e civile votare no al decreto che ridefinisce i costi dell'elettricità in Italia secondo tre macroaree, a tutto discapito della Sicilia". Si tratta "di un sopruso inaccettabile". "Non possono decidere così, arbitrariamente di favorire una parte del Paese rispetto ad un'altra. Ed è invece quello che stanno facendo, andando a tutto discapito della già arretrata e precaria economia della nostra Isola". "Il decreto getterà in crisi enorme la Sicilia, che pagherebbe così il 25% in più delle altre regioni italiane per lo stesso quantitativo di energia"...."promettiamo azioni legali per il risarcimento di tutti i danni che saranno causati alla Sicilia ed a tutti i suoi attori economici, per non parlare delle famiglie, da una politica incauta e irrispettosa dei principi di uguaglianza che in una democrazia dovrebbero essere alla base di tutto". Il piano criminale dei fascio-leghisti e della Confindustria La secessione energetica, che il governo del neoduce Berlusconi sta realizzando grazie alla connivenza ed impotenza dell'"opposizione", inverte le storiche priorità d'intervento della politica economica italiana, la sedicente questione settentrionale viene posta in primo piano e il Sud, che avrebbe bisogno di pagare un prezzo più basso dell'energia per uscire dal sottosviluppo, è relegato invece a sopportare il peso di coprire le perdite del Nord. Antonio Costato, vicepresidente della Confindustria per l'energia e il mercato, presidente degli industriali di Rovigo, chiamato da Emma Marcegaglia a rappresentare "il territorio più dinamico del Paese", industriale del settore molitorio ("settore molto energivoro"), è colui che ha macinato i nuovi piani energetici basati sulla devoluzione e la privatizzazione, realizzati grazie all'asse Lombardo-Fitto-Calderoli. Nelle intenzioni della Confindustria - ha detto - la devolution energetica "deve avere l'effetto di un elettroshock". Le note riservate di viale dell'Astronomia parlano chiaro. "Primo: al Nord si applicherà il prezzo più basso. Secondo: al Sud e nelle Isole l'energia costerà molto di più. Terzo: a quel punto l'esplosione dei prezzi al Sud non passerà inosservata e chi vende energia nelle zone congestionate difficilmente potrà praticare prezzi il 60-70 per cento più alti che nel resto d'Italia" senza la protezione di quello che la Confindustria chiama "lo schermo mimetico" garantito dal prezzo unico nazionale. Estrema conseguenza: "Gli utenti, toccati nel portafoglio dal costo dei no, faranno pressione sulle regioni perché si dia corso alla posa dei cavi che la Terna ha pronti da anni". E non si tratta di cavi destinati ad ammodernare la rete energetica, né di puntare sull'energia pulita e rinnovabile, bensì di costringere gli enti locali ad accettare nuove, obsolete ed inquinanti centrali termoelettriche, inceneritori, rigassificatori, e perché no centrali e scorie nucleari per favorire il saccheggio del territorio da parte dei costruttori e delle holding nazionali ed internazionali dell'energia che lucrano ormai da ben 17 anni sui famigerati e truffaldini incentivi statali "Cip6" e consimili. 11 marzo 2009 |