Prima che i provvedimenti sul "mercato del lavoro" diano un colpo mortale ai diritti dei lavoratori e dei giovani Fermare subito Monti e la Fornero con lo sciopero generale Tutte le forze a cui stanno a cuore gli interessi delle lavoratrici e dei lavoratori devono prendere atto e agire di conseguenza subito, prima che sia troppo tardi. La "trattativa" governo, Confindustria, sindacati sui temi del "mercato del lavoro" di cui si è tenuta la seconda riunione il 2 febbraio scorso, presenti i ministri Elsa Fornero, Passera, il sottosegretario al Welfare Martone, il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia e i segretari di CGIL, CISL, UIL Camusso, Bonanni e Angeletti aldilà di fumose e ingannevoli enunciazioni non potrà avere alcun esito positivo. Anzi, le conclusioni che si prospettano potrebbero essere disastrose per i diritti dei lavoratori e dei giovani precari o disoccupati che siano. Perché non si tratta di una vera trattativa: è il governo a stabilire modalità, contenuti, finalità e tempi. Perché governo e Confindustria fanno fronte comune per raggiungere gli stessi obiettivi. Perché a sostegno della controriforma liberista del "mercato del lavoro" è schierato quasi tutto il parlamento, i mass-media di regime, persino Scalfari ha imbastito una campagna su "la Repubblica" per indurre la CGIL, utilizzando e strumentalizzando un'intervista di Lama del 1978, a cedere e a collaborare col governo per far digerire ai lavoratori la politica dei sacrifici richiesta dalla UE e dalla BCE. Perché i sindacati non hanno consultato i lavoratori e non li hanno mobilitati per dare forza alle rivendicazioni avanzate. D'altronde, le cose dette dal ministro Fornero, con un piglio thatcheriano, nella suddetta riunione, sono rivelatrici in questo senso. "La riforma sul mercato del lavoro - ha affermato - si deve fare in due-tre settimane e senza risorse, ma se non ci sarà accordo con tutte le parti sociali, il governo andrà avanti da solo". "L'Europa e i mercati ci dicono che è un'occasione per fare una buona riforma, se non la cogliamo perdiamo tutti. Questo tavolo è un dialogo (non dunque una trattativa, ndr) ma il governo farà di tutto per prendere il treno e se lo facciamo insieme siamo contenti, altrimenti il governo cercherà comunque di farlo". Per non lasciare dubbi, ha aggiunto: "Niente tavoli, il nome non mi piace, ma quattro punti da affrontare assieme... il governo è disponibile a parlarvi congiuntamente o separatamente". Gli obiettivi del governo Sui contenuti della "riforma" che il governo intende perseguire gli obbiettivi sono emersi, a questo punto, molto chiari; ciò aldilà di affermazioni di carattere generale come lotta alla disoccupazione specie giovanile, aumento dell'occupazione femminile (ma non è detto se a tempo indeterminato) e via discorrendo, che in questo ambito lasciano il tempo che trovano. Al primo posto c'è la flessibilità in uscita, ossia la liberalizzazione dei licenziamenti attraverso l'abolizione o la modifica peggiorativa dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori introducendo, per dire, il licenziamento individuale per ragioni economiche e la riduzione dei casi in cui si applica il reintegro nel posto di lavoro. Su questo c'è il consenso aperto di Confindustria e un'apertura recente della CISL di Bonanni. Un contratto d'inserimento per i giovani (si chiami unico, prevalente o di apprendistato nella sostanza non fa differenza) della durata di tre anni con diritti e salari ridotti e crescenti nel tempo, senza copertura dell'art. 18 e dunque licenziabili con un piccolo rimborso economico, una mancia. La "riforma" degli "ammortizzatori sociali" fondata sulla sola cassa integrazione ordinaria con una durata massima di 12 mesi e poi il licenziamento, e la cancellazione della cassa integrazione straordinaria e del periodo di mobilità da compensare con una indennità di disoccupazione imprecisata nella durata e in termini economici. Quando la Fornero parla di "valorizzazione della flessibilità buona", di "riordino degli ammortizzatori sociali", di "forma tipica di ingresso dei giovani al lavoro" e di "contratti legati ai cicli della vita", pensa non al superamento delle 46 forme di contratto di lavoro precario esistenti nel nostro Paese ma al loro mantenimento, se non tutte in larga parte. Pensa alla riduzione dei tempi in cui il lavoratore conserva il rapporto con l'azienda in crisi in cui era occupato e alla conseguente riduzione dell'integrazione salariale prima di essere licenziato. Pensa a un contratto per i giovani sottopagato, supersfruttato, alla mercé del padrone, senza una vera garanzia per la stabilizzazione del posto del lavoro. Preoccupa e molto l'assenza di reazioni da parte dei vertici sindacali. Niente di buono per i giovani e per l'occupazione È questa la linea che proprio alla vigilia dell'incontro governo, Confindustria e sindacati il presidente del consiglio, nonché uomo della grande finanza e della UE, Mario Monti, aveva dettato in varie interviste (al Tg5, Matrix, e "la Repubblica") quando senza vergogna invitava i giovani a dire addio al "posto fisso" e a rassegnarsi a passare da un lavoro all'altro, inevitabilmente precario e con periodi di disoccupazione tra un'assunzione e l'altra, cosa che già avviene oggi; allorché affermava, sapendo di mentire, che l'art. 18 dello Statuto dei lavoratori non è un tabù e va eliminato perché, addirittura, costituisce un ostacolo per gli investimenti stranieri e la crescita economica in Italia; e sosteneva la tesi infame delle troppe tutele di cui beneficerebbero i padri, da ridurre per estenderle ai figli. Per ottenere, come è avvenuto anche in passato, una riduzione generalizzate dei diritti per tutti. Ciò per rendere competitiva, è il ritornello del governo, nella globalizzazione dei mercati, l'Italia capitalista con paesi quali la Cina e altri paesi dell'Asia e dell'Est europeo dove il "costo del lavoro" è più basso e i diritti contrattuali e sindacali quasi inesistenti. Nelle proposte di Monti e Fornero non c'è nulla che assomigli a un piano straordinario, ampio e concreto per la creazione di posti di lavoro e di buona occupazione. Almeno che non si voglia sostenere che la libertà di licenziamento porti a questi risultati. Eppure la situazione occupazionale Italia è peggiorata e peggiorerà ancora, come testimoniano i dati ufficiali Istat con 2 milioni 243 mila disoccupati di cui oltre la metà giovani. Per non dire del lavoro precario e del lavoro sommerso. Per non dire dei 300 mila lavoratori, secondo calcoli sindacali, che rischiano di perdere il posto di lavoro nelle aziende in crisi. Non c'è nulla che operi, magari attraverso un alleggerimento del peso fiscale sul lavoro dipendente e sui redditi medio-bassi, per aumentare il potere d'acquisto dei salari e delle pensioni ridotto all'osso, nulla sulla tassazione dei patrimoni e delle rendite finanziarie. Come e peggio di Berlusconi Un attacco così pesante ai diritti e alle condizioni di lavoro dei lavoratori e alle condizioni di vita delle masse popolari non era stato capace di farlo nemmeno il governo del neoduce Berlusconi che pure aveva picchiato duro per esempio approvando l'art. 8 della manovra economica dell'estate del 2011 che introduceva il padronale sistema delle deroghe (a livello aziendale) sul contratto nazionale di lavoro e sulle leggi sul lavoro. Sì perché la "riforma" sul "mercato del lavoro", considerato dal governo Monti un tassello fondamentale per superare la crisi economica in atto, seguirebbe la controriforma pensionistica attuata per la prima volta senza contrattazione con i sindacati, e la superstangata di 30 miliardi di euro quasi tutti a carico delle masse lavoratrici e popolari. Entro il mese di febbraio il governo vuole varare, forse con una legge delega o più probabilmente con l'ennesimo decreto legge, la "riforma" del "mercato del lavoro" con o senza il consenso di uno o più sindacati. E lo farà si può starne certi. A meno che non venga fermato prima dalla mobilitazione di piazza. Monti fin qui ha fatto quello che gli è parso non solo perché non ha trovato alcuna opposizione in parlamento, se si esclude quella di destra e strumentale della Lega di Bossi, ma anche perché gli è stata concessa una ingiustificata e assolutamente deleteria "pace sociale" dai sindacati confederali, CGIL compresa. Non i "sindacati di base" che un primo sciopero contro il governo lo hanno fatto ottenendo un certo successo. I lavoratori, i precari, i giovani, i pensionati le masse popolari per fermare il governo Monti e la sua politica di lacrime e sangue, di macelleria sociale, di deregulation neoliberista, per non pagare il debito pubblico e la crisi economica e finanziaria di cui non hanno alcuna responsabilità e respingere le pretese della UE e della BCE, per difendere i loro interessi economici e sociali, con in testa il diritto al lavoro, al reddito, alla salute, allo studio, alla casa, non hanno altra strada che la lotta, la mobilitazione. Per unire e far sentire forte la volontà popolare ci vuole lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma per cacciare via questo governo della grande finanza, della UE e del massacro sociale. Intanto auguriamo pieno successo alla manifestazione nazionale dei metalmeccanici a Roma del 18 febbraio promossa dalla FIOM contro il modello Marchionne esteso a tutto il gruppo Fiat e in difesa del contratto nazionale di lavoro e delle libertà sindacali da questo modello negati. In quell'occasione i metalmeccanici potrebbero gridare forte e chiaro: Monti vattene! 8 febbraio 2012 |