Sordo alle proteste popolari, il governo Prodi tira a diritto Fermare la costruzione dei rigassificatori Ci vuole un nuovo piano energetico con al centro le fonti naturali e rinnovabili Enel, Eni e Edison devono essere aziende interamente pubbliche La scellerata decisione di costruire i rigassificatori in Italia, che trova concordi l'ex governo di "centro-destra" del neoduce Berlusconi e l'attuale di "centro-sinistra" dell'economista democristiano Prodi, ha incontrato sin dall'inizio una ferma opposizione da parte delle popolazioni locali interessate. Ancora il 31 agosto scorso, proprio davanti a Palazzo Chigi si era tenuta una manifestazione nazionale con la presenza di numerosi comitati anti-rigassificatori. C'erano quelli di Trieste e Rovigo, di Pisa e Livorno, Brindisi e Taranto, Reggio Calabria, Agrigento e altri ancora. Tutti sotto le finestre del governo per chiedere di fermare la costruzione dei rigassificatori; varare un nuovo piano energetico che metta in chiaro il fabbisogno di energia, l'energia prodotta in Italia e quella importata, ponga al centro la produzione di energia naturale, pulita e rinnovabile, superando quella basata su combustibili fossili (carbone, petrolio e gas). La protesta dei suddetti comitati, che il PMLI appoggia calorosamente, non è una protesta generica e di principio, ma nasce da motivazioni fondate e condivisibili. Riguardano l'impatto inquinante ambientale, sia marino che terrestre, nel tempo devastante; riguardano la sicurezza giacché questi rigassificatori possono provocare esplosioni di grandissime dimensioni; riguardano i danni economici che ne possono derivare in relazione alla pesca e al turismo. E poi, aggiungono questi comitati nei loro documenti, i rigassificatori non rappresentano una buona soluzione alla crisi di fornitura energetica, specie in tempi brevi, sono costosi (un affare per i pescecani capitalisti) e perdurano nell'errore di usare essenzialmente combustibili fossili la cui disponibilità è, ovviamente, non inesauribile. Il governo dell'Unione, proprio come quello precedente, si mostra sordo alle proteste, ignora arrogantemente le obiezioni e le ragioni sollevate, e tira a diritto per la sua strada. Anzi, cerca di accelerare la realizzazione del piano di costruzione dei rigassificatori. Per questo ha costituito una cabina di regia composta da Pierluigi Bersani, ministro dello Sviluppo economico, Alfonso Pecoraro Scanio, ministro dell'Ambiente, Enrico Letta, sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Antonio Di Pietro ministro delle Infrastrutture, e Linda Lanzillotta ministro per i rapporti con le regioni. Un piano vasto per disseminare questi rigassificatori un po' in tutte le coste italiane: Trieste, Monfalcone, Portonovo, Minerbio, Brindisi, Gioia Tauro, Priolo, Porto Empedocle, S. Ferdinando, Piombino, Rosignano Solvay e Livorno, oltre quello di Panigaglia (La Spezia), già esistente. Prodi in un recente convegno a Cernobbio ha detto che: "Servono 3 rigassificatori entro il 2009 e 5 entro il 2015". Si riferisce a quelli che hanno avuto a suo tempo l'autorizzazione per la costruzione a Rovigo, Brindisi, Livorno, peraltro senza svolgere correttamente tutte le procedure necessarie previste dalla nostra legislazione e da quella dell'Unione europea, impatto ambientale e livelli di sicurezza anzitutto. I dati della situazione energetica forniti se da un lato sono strumentalizzati dal governo per forzare la mano e far digerire la costruzione di queste mostruose infrastrutture, dall'altro finiscono per dare ragione ai comitati. Le fonti energetiche utilizzate in Italia vedono infatti questa suddivisione: 60% gas, 16,6% idroelettrica, 7,5% olio combustibile, 13,4% carbone e solo lo 0,8% eolica e 1,7% geotermica. Si evince che la produzione di fonti energetiche naturali, pulite e rinnovabili rappresenta quindi in Italia ancora una parte del tutto marginale, assai inferiore di quella degli altri paesi industrializzati. È vero che nel corso degli anni è aumentata la fonte derivante dal gas a scapito di quella derivante dal petrolio più costoso e inquinante. Ciò non ha risolto il problema vuoi perché comunque si tratta di combustibili fossili, ma soprattutto perché la stragrande maggioranza del gas (l'85% del fabbisogno) deve essere importato dall'estero. Un'importazione che passa principalmente dai gasdotti di Russia (24 miliardi di metri cubi all'anno), Algeria (24 + 2 mld via mare), e in una misura minore dai gasdotti di Libia (5 mld), Olanda (4 mld) e Norvegia (2 mld di metri cubi). Ed è proprio sui rifornimenti di gas che si inserisce la strumentalizzazione e l'intimidazione governativa: paventano una crisi energetica che allo stato non c'è, almeno nelle dimensioni allarmistiche agitate. La tesi è che il consumo di gas continuerà a crescere nel futuro, di 34 mld di metri cubi entro il 2010 secondo Bersani: ovvio se non si fanno crescere le altre fonti energetiche; che i gasdotti comportano una forte dipendenza dalle aziende dei paesi fornitori; i rigassificatori permetterebbero di importare da altri paesi, quote parte di gas allo stato liquido, via mare in apposite navi. Non si dice però che: sempre d'importazione si parla e quindi di dipendenza dall'estero, che per costruire gli impianti in mare e a terra, oltre alle navi adatte a trasportare gas naturale allo stato liquido (Gnl) occorrono tempi lunghi e tanti e tanti soldi i quali si andrebbero ad aggiungere alle spese occorrenti a costruire altri due nuovi gasdotti già programmati. Il governo e con esso i tecnici delle multinazionali italiane e straniere interessate Eni, Enel, Edison, Italpetroli, Endesa, Britisch LNG, Exxon Mobil, Erg Schell, Cross Energy, sorvolano e tendono a rassicurare sui rischi catastrofici da perdita di gas ed esplosione. Anche perché questi rigassificatori sono collocati spesso accanto ad altri grossi impianti ad alto rischio come petrolchimici, aziende chimiche, centrali elettriche e persino basi militari con depositi di esplosivi di rilevante potenza. Come nel caso del terminal off-shore galleggiante di gas naturale liquefatto previsto sulla costa tra Pisa a Livorno, unico del suo genere in Europa, collocato vicino a una raffineria petrolifera e non distante dalla base Usa di Camp Darby dove sono immagazzinate un numero imprecisato di testate nucleari. Non è immaginabile cosa potrebbe succedere a seguito di attacco militare, atto terroristico, movimento sismico. Mentre le popolazioni in generale ed anche taluni enti locali in particolare dei siti dove dovrebbero sorgere i terminal Gnl, esprimono netto dissenso, diverso risulta l'atteggiamento dei governatori regionali sia dell'Unione che della Casa del fascio. Vedi l'attivismo del presidente della Sicilia, Totò Cuffaro, per un impianto a Porto Empedocle, del presidente della Calabria, Loiero per un rigassificatore a Gioia Tauro e del presidente della Sardegna, Soru, per avere un terminal Gnl a Porto Torres. Ai quali si aggiungono i solerti Claudio Martini (DS) per la Toscana, e Nicki Vendola (PRC) per la Puglia. Quest'ultimo, è vero, ha chiesto di interrompere la costruzione del rigassificatore a Brindisi poiché sarebbe sprovvisto dell'analisi d'impatto ambientale e perché la zona non si presta, ma si è detto disponibile ad accoglierne uno a Taranto, come se in questa città non esistessero gli stessi problemi. Noi stiamo con i comitati di lotta. Con loro diciamo che occorre una moratoria per fermare subito tutto il progetto di costruzione dei rigassificatori. Con loro diciamo che occorre una svolta radicale nella politica energetica: quella portata avanti sin qui è fallimentare, non ha diminuito la dipendenza dall'estero e ha aumentato notevolmente la "bolletta petrolifera" portandola a 30 miliardi di euro, 13 in più rispetto a due anni fa. Come è fallita la politica di liberalizzazioni delle aziende del settore che non ha portato alla promessa riduzione delle tariffe elettriche e del gas per le famiglie. Con loro diciamo che occorre un nuovo Piano nazionale energetico che imponga una inversione di tendenza dalle fonti energetiche da combustibili fossili a quelle naturali, pulite, rinnovabili e assai più economiche. L'Italia ha una collocazione geografica favorevole per lo sviluppo di energia rinnovabile, quella solare, eolica, geotermica, derivante dalle maree. Accanto, ci vorrebbero politiche ecologiche finalizzate al risparmio e alla lotta agli sprechi. Inoltre occorrerebbe bloccare il processo di privatizzazione del settore e rivendicare l'intera pubblicizzazione dei principali enti energetici quali sono Eni, Enel e Edison. 27 settembre 2006 |