Lo minaccia il nuovo Valletta Marchionne La Fiat chiuderà un altro stabilimento Lo ha minacciato con piglio fascista e tono ricattatorio proprio all'indomani della sentenza con cui il tribunale di Roma il 20 giugno obbligava la Fiat a riassumere a Pomigliano 145 operai iscritti alla Fiom: "in Italia abbiamo una fabbrica di troppo" e di conseguenza "se le attuali capacità d'assorbimento in Europa resteranno uguali nei prossimi 24-36 mesi, dovremo tagliare uno stabilimento italiano". Quale non è ancora dato sapere. Il ricatto del nuovo Valletta è stato fatto in occasione della presentazione della Fiat 500L, la cui produzione è stata trasferita da Mirafiori in Serbia, dove si calcola che un operaio costi un quinto di quello italiano dai 200 ai 300 euro. La decisione non sembra, infatti, essere dettata dalla scarsa capacità di assorbimento del mercato europeo quanto piuttosto dalla strategia aziendale del Lingotto di spostare all'estero produzione e direzione. Sono oltre un centinaio infatti gli stabilimenti disseminati già tra il SudAmerica, l'Europa dell'Est e l'Asia, come anche in Cina a Changsa, che potrebbe produrre per tutto il mondo e dove attualmente lavorano oltre 1.800 operai schiavizzati a salari da fame, come in Serbia, mentre Marchionne intanto continua la scalata della statunitense Chrysler. La strategia dello spostamento della produzione confermata dal rinvio del lancio della nuova Punto che doveva essere prodotta a Melfi è confermata dalle recenti dichiarazioni: "Gli investimenti in Italia, saranno confermati sulla base dell'andamento del mercato, che non è mai stato così basso" ha ribadito il nuovo Valletta. Dopo Termini Imerese, quale sia l'altra fabbrica condannata a morte da Marchionne non è dato sapere. Certamente la tracotanza di Marchionne ha motivazioni che vanno ben al di là di quelle meramente economiche legate alla crisi. L'amministratore delegato della Fiat, che non sopporta minimamente i rapporti sindacali o le sacrosante proteste degli operai ridotti allo stremo dai ritmi di lavoro massacranti, alza il tiro minacciando perché non si accontenta di aver imposto le relazioni industriali mussoliniane al gruppo Fiat ma si propone, al fianco del tandem neofascista Monti-Fornero, di estenderle all'intero Paese. Di fronte ad un attacco del genere la risposta deve essere decisa e puntare in alto. L'unica soluzione che risolva alla radice il problema per noi marxisti-leninisti italiani non può che essere la nazionalizzazione dell'intero gruppo Fiat senza indennizzo, e la riconversione produttiva della Fiat auto nell'ambito di una nuova politica dei trasporti basati principalmente su rotaie, via mare e via acqua. Intanto, il progetto politico di Marchionne, appoggiato e sponsorizzato dall'esecutivo Monti, in testa la Marchionne del governo, Elsa Fornero va stroncato e l'unico modo è quello di estendere e indurire la lotta contro il governo della grande finanzia, della Ue e della macelleria sociale. Lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale a Roma davanti a Palazzo Chigi va proclamato immediatamente per opporsi alla politica liberista e alle controriforme del governo Monti, fino a cacciarlo via. Firenze, 18 luglio 2012 |