A Pomigliano La Fiat licenzierà il 60% dei lavoratori e chiede due anni di cassa integrazione Altro che "grande investimento per portare la produzione della Panda a Pomigliano": il 16 giugno la Fiat del nuovo Valletta Sergio Marchionne ha annunciato che nello stabilimento Giambattista Vico (Pomigliano d'Arco, provincia di Napoli) e in quello di Nola considerato una sorta di "reparto confino" ci saranno due anni di cassa integrazione "per cessazione di attività" e che di conseguenza tra il luglio di quest'anno e quello del 2012 a Pomigliano verrà assunto soltanto il 40% dei lavoratori se le "condizioni di mercato lo permettono" e se esso accetterà con entusiasmo la Panda ridisegnata per il passaggio dalla polacca Tichy al sito campano. Altrimenti le riassunzioni saranno anche meno. Dunque bene che vada saranno riassunti solo 4 operai ogni 10! Un affronto, l'ennesimo, da parte di Marchionne contro tutti i lavoratori costretti preventivamente a rinunciare ai diritti e al contratto in cambio del miraggio del posto di lavoro che conferma come tutta l'operazione di autolicenziamento come condizione di riassunzione nella newco chiamata Fabbrica Italiana Pomigliano (Fip) è in realtà una truffa che aggira l'articolo 2112 del codice civile secondo cui a ogni cessione di azienda i dipendenti mantengano inquadramento, salario, condizioni contrattuali della società di provenienza. Tanto più in questo caso dove gli stessi lavoratori entreranno nello stesso stabilimento per costruire auto con lo stesso marchio, per conto dell'identico padrone. Anche per il sito di Nola, che invece sarà investito dalla cig "per ristrutturazione", sotto le frasi altisonanti che parlano di un progetto teso a farne "un polo di eccellenza", che possa fungere da riferimento per il Mezzogiorno, ecc, spunta l'ipotesi terziarizzazione. Ossia della vendita. A conti fatti forse 2.000 dipendenti su poco più di 5.000 otterranno un posto in condizioni molto peggiori di ora, con l'annullamento del diritto di sciopero e l'azzeramento di ogni "tutela sindacale". La Fiom, indicata come "l'unico ostacolo al grande investimento", ricorda che "fin dal primo momento, a parte le considerazioni strettamente contrattuali, eravamo consapevoli che la Panda non poteva essere il modello giusto per questo stabilimento". Un modello "maturo" e di fascia bassa, "con pochissimo valore aggiunto e bassi margini". Anche per l'indotto i problemi, già ora gravissimi, saranno ancora più grandi. Alla Plastic Componenti, che fa paraurti e plance per l'Alfa, la cig ha già decimato gli impianti di Caivano, Marcianise, Pomigliano, mentre quelli di Napoli saranno spediti per metà proprio alla "Fip" e per metà resteranno nel capoluogo; ma "senza missione produttiva", ergo in attesa di chiusura. 29 giugno 2011 |