Lo scrive "la Repubblica" Marchionne vuol cacciare la Fiom dalla Fiat Landini: "Un attacco alla democrazia senza precedenti" La Fiat intende, a partire da Pomigliano, costituire delle newco (nuove società) per non applicare il contratto nazionale e le leggi vigenti in materia di lavoro e anche per impedire che le lavoratrici e i lavoratori possano iscriversi alla Fiom e votare alle elezioni delle Rsu i candidati dei metalmeccanici Cgil. Insomma, lo scopo esplicito è cacciare la Fiom dagli stabilimenti Fiat. E' quanto si apprende, non senza sorpresa e stupore, da un articolo (pare ben informato) pubblicato su la Repubblica del 12 novembre scorso. Nel suddetto articolo si svela, senza tanti giri di parole, il piano di Marchionne che poggerebbe sui seguenti pilastri: estendere il "modello Pomigliano" in tutti gli stabilimenti Fiat; creare, esattamente come a Pomigliano delle newco che rilevino le attività dei vari stabilimenti e riassumano il personale, attraverso una dura selezione, lasciando a casa coloro che non piegano il capo e non accettano il diktat aziendale; liberarsi da obblighi contrattuali non rinnovando come azienda l'adesione alla Confindustria; vietare infine, la presentazione delle liste della Fiom nelle elezioni per le Rsu (rappresentanze sindacali unitarie) aziendali. Le teste d'uovo del Lingotto, a loro dire, avrebbero trovato persino delle basi giuridiche per escludere la Fiom dalla rappresentanza sindacale in Fiat, collegate allo "Statuto dei lavoratori" e all'accordo del luglio 1993 tra Confindustria e Cgil, Cisl e Uil. In particolare l'art.19 dello "Statuto dei lavoratori" che recita: le "rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell'ambito delle associazioni sindacali firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell'unità produttiva". Siccome la Fiom non ha firmato il 15 giugno scorso l'accordo separato per la Fiat di Pomigliano, non ha firmato nel 2009 l'accordo separato per il rinnovo del contratto e di conseguenza, nemmeno l'accordo separato per introduzione di deroghe al suddetto contratto, la Fiom non avrebbe diritto, è il ragionamento del vertice Fiat, a partecipare alle elezioni delle Rsu e, quindi, ad avere delegati Fiom in fabbrica. Questo schema, una volta passato a Pomigliano verrebbe esteso anche agli altri stabilimenti Fiat. Che le cose stiano così è provato dall'iniziativa dei sindacati complici Fim, Uil, Fismic e Ugl consistente nella distribuzione di un modulo a Mirafiori per indurre gli operai, con il ricatto della crisi e il rischio di perdere il posto di lavoro, ad accettare il "modello Pomigliano". Ma per fortuna, le risposte sembrano essere negative. Sono però basi giuridiche del tutto strumentali, oltre che infondate. Primo, era giusto, da parte della Fiom, non firmare l'accordo di Pomigliano poiché un accordo aziendale non può modificare norme del contratto nazionale, delle leggi dello Stato e persino della Costituzione. Secondo, era giusto non firmare l'accordo per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici perché quello sottoscritto nel 2008 da tutti i sindacati e approvato col referendum dai lavoratori interessati è tuttora in vigore e scade a dicembre del 2011. Terzo, è stato giusto e del tutto legale non sottoscrivere l'accordo sulle deroghe contrattuali giacché questo peggiora le tutele sindacali dei lavoratori. E poi, com'è possibile escludere il sindacato più rappresentativo della categoria, con più iscritti, con più adesioni? Dura la risposta della Fiom. "Se ciò corrispondesse al vero - ha dichiarato il segretario generale, Maurizio Landini - siamo di fronte ad un attacco senza precedenti al sistema democratico, alle relazioni sindacali e costituzionale del nostro Paese". E' "illusorio pensare che dalla grave crisi che colpisce la Fiat - ha aggiunto - si può uscire cancellando diritti di chi lavora, il contratto nazionale e la democrazia...Ci auguriamo che le altre Organizzazioni non si rendano complici di tale disegno della Fiat, che in realtà vuole semplicemente cancellare definitivamente il diritto e la libertà di ogni singolo lavoratore di poter decidere collettivamente di contrattare i contenuti della propria condizione di lavoro". Intanto si assiste nel Gruppo Fiat all'aumento della cassa integrazione, al rinvio del piano degli investimenti, per ora solo annunciati, e al calo delle vendite. "Non siamo disponibili - è la conclusione - ad accettare questa pericolosa deriva, non solo perché peggiora le condizioni salariali e di lavoro dei dipendenti" ma anche perché così non si affrontano i problemi di crisi e di rilancio della Fiat. 17 novembre 2010 |