Un metodo da terza repubblica Il governo vara una finanziaria blindata di 35 miliardi Drastici tagli alla spesa pubblica e sociale. Nulla per i redditi bassi. Solo una mancia per i contratti dei dipendenti pubblici. Grave attacco ai sindacati Imbavagliato il parlamento, solo emendamenti di "scenario" Il consiglio dei ministri ha approvato, nella riunione del 23 settembre, su proposta del ministro dell'economia, Giulio Tremonti, la manovra di finanza pubblica per gli anni 2009-2011, già esaminata nelle sue linee generali il 5 agosto scorso. La manovra comprende: il disegno di legge recante disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2009); il disegno di legge recante il bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2009 e del bilancio pluriennale per il triennio 2009-2011; la Relazione programmatica per l'anno 2009; la Nota di aggiornamento al Documento di programmazione economica e finanziaria per gli anni 2009-2013. Il disegno di legge finanziaria composto sostanzialmente da tre articoli consiste nella traduzione in tabelle delle norme contenute nel decreto legge 25 giugno 2008, n.112 (recante il titolo: "Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria"). La Nota di aggiornamento rettifica il Pil (prodotto interno lordo) del 2008 da 0,5 a 0,1%, e quello previsionale del 2009 da 0,9 a 0,5%. Ciò in base all'aggravamento della crisi economica e finanziaria in atto a livello internazionale. Parlamento esautorato Quella varata dal governo del neoduce Berlusconi è dunque una manovra riassuntiva con alcuni aggiornamenti dei provvedimenti economici e finanziari già presi e resi operativi con decreti legge nei mesi precedenti, una manovra licenziata in fretta e furia, tutti i ministri hanno alzato la manina senza fiatare, e soprattutto blindata nel passaggio parlamentare in programma per i prossimi giorni. "Non ci sarà l'assalto alla diligenza - ha infatti intimato Tremonti - si potranno presentare solo emendamenti di scenario" che non cambiano e non modificano nulla della manovra del governo. Può dirlo perché il governo detiene una larga maggioranza in parlamento, l'"opposizione" di burro del PD di Veltroni non ha certo rappresentato sin qui un ostacolo, e comunque c'è sempre il voto di fiducia di cui hanno fatto ampio uso. Il metodo usato per l'approvazione della manovra economica e finanziaria 2009-2011 del IV governo Berlusconi e i contenuti sono due aspetti che vanno passati sotto il vaglio delle critica. Mai come in questa circostanza dal dopoguerra, almeno in queste dimensioni, è stato attuato un metodo ultra-decisionista, presidenzialista e neofascista per approvare la legge fondamentale di bilancio dello Stato. Fece scalpore la notizia del primo via libera alla manovra economica nel consiglio dei ministri del 18 luglio, con soli 9 minuti per l'illustrazione e appena 40 di discussione. Nessuna discussione persino all'interno del consiglio dei ministri. Varo dei provvedimenti non attraverso la proposta del disegno di legge ma con l'uso del decreto legge. Il parlamento ridotto a strumento di ratifica delle decisioni del governo, senza spazio per svolgere una funzione legislativa. Anche questa è una prova lampante del processo in atto per costruire la terza repubblica capitalista presidenzialista (in luogo di quella parlamentare), neofascista, federalista e interventista. A questo proposito, il neoduce Berlusconi, alla ex festa fascista del Tricolore, oggi diventata festa del Pdl di Milano, con arroganza mussoliniana ha detto: "I cambiamenti posso farli solo con i decreti legge". "Il governo - ha aggiunto - cambierà davvero questo Paese. Ma per farlo c'è bisogno di decisioni 'forti' ma anche rapide quindi non servono i disegni di legge". "Per questo il solo strumento a disposizione del premier se vuole governare è il decreto". Insomma, come Mussolini, vuole governare e comandare senza l'"intralcio" del parlamento e dell'opposizione. Piace a Confindustria Se il metodo di governo e di rapporto con l'opposizione e il parlamento è questo, ed è gravissimo giacché cancella le stesse regole democratico-borghesi, il contenuto della manovra economica e finanziaria approvata non è migliore. Il ministro per l'economia in modo propagandistico ha continuato a sostenere che si tratta di una legge di bilancio snella e di dimensioni finanziarie modeste, che contiene provvedimenti che non aumentano le tasse, che non mette le mani nelle tasche dei contribuenti, favorisce lo sviluppo economico, aiuta i ceti più deboli. Balle colossali! Sarà il caso di ricordare che la stangata è più o meno di 35 miliardi di euro. Sarà il caso di ricordare che grande parte della manovra è fatta di tagli alla spesa pubblica e sociale, tagli pesantissimi per regioni, province e comuni, tagli a sanità, scuola, pubblico impiego che colpiscono le condizioni di vita e di lavoro delle larghe masse popolari. Nulla è previsto per sostenere i redditi dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Nulla per lo sviluppo dell'edilizia popolare e il sostegno per il pagamento dell'affitto per gli indigenti. Niente per alleggerire le imposte su salari e pensioni. Niente per il Mezzogiorno. Per il rinnovo del contratto nazionale dei pubblici dipendenti il ministro Brunetta ha messo in bilancio una cifra del tutto insufficiente che equivale né più né meno a una mancia, da erogare unilateralmente, senza cioè contrattazione con i sindacati di categoria, attaccando così il ruolo del sindacato e la funzione del contratto nazionale. La manovra di Berlusconi-Tremonti piace a Confindustria. Perché tende e demolire tutto ciò che è pubblico e a favorire il privato e le privatizzazioni. Chiudere i rubinetti del finanziamento statale ai comuni serve per indurre quest'ultimi a dismettere e privatizzare i servizi pubblici locali. Mettere alla "fame" la sanità pubblica (meno 6 miliardi nel triennio) serve per spingere alla privatizzazione degli ospedali. Tagliare drasticamente i finanziamenti alla scuola e all'università pubbliche porta allo stesso risultato: ampliare il campo d'azione di quelle private come chiede e vuole il Vaticano, trasformare gli atenei in fondazioni private. Ridurre i posti di lavoro nel pubblico impiego, nella scuola in primis, permette al governo di risparmiare soldi da regalare poi alle imprese. Imporre un tetto programmato d'inflazione all'1,7% per il 2008 e 1,5% per il 2009, quando quella reale è ormai oltre il 4% significa programmare un ulteriore taglio delle retribuzioni sicuramente per il pubblico impiego, e poi per i lavoratori dei settori privati. Alleggerire i controlli e le sanzioni in materia di evasione fiscale, lavoro nero e sicurezza sul lavoro. Defiscalizzare lo straordinario e gli aumenti legati alla produttività e agli utili vuol dire accogliere le richieste padronali. L'architrave delle controriforme sociali La legge finanziaria è di fatto l'architrave su cui poggia la politica economica, sociale e del lavoro liberista, filopadronale, antipopolare del governo. Su cui poggia la controriforma della scuola della Gelmini (meno 7,8 miliardi entro il 2012 e meno 150 mila tra docenti e personale tecnico e ausiliario). Su cui poggiano i provvedimenti repressivi e penalizzanti del ministro Brunetta per il pubblico impiego che, tra le altre cose, chiude la porta alla stabilizzazione del posto di lavoro a una massa sterminata di precari. Su cui poggia lo strangolamento finanziario di comuni, province e regioni e il progetto di federalismo a favore delle regioni più ricche e a danno di quelle più povere. Nella legge finanziaria del governo Berlusconi non ci sono misure efficaci per combattere l'inflazione che rischia di impoverire ancor più le masse lavoratrici e popolari già messe male, dato che 14 milioni di persone vivono con meno di 1.300 euro al mese. Ed ha un segno recessivo giacché non opera per aumentare ma per diminuire il potere d'acquisto dei lavoratori e dei pensionati in modo da stimolare la vendita delle merci e il mercato interno. Un milione di lavoratori, pensionati, disoccupati, precari e studenti di ambo i sessi il 27 settembre su iniziativa della sola Cgil (Cisl e Uil non hanno aderito) sono scesi in piazza ed hanno hanno formato cortei e presidi in 200 città del Paese. Si è trattato di una prima possente risposta di lotta. Ma non basta, non può bastare. Occorre proseguire con l'indizione dello sciopero generale nazionale di tutte le categorie per un'intera giornata subito per il lavoro, bloccare i prezzi e tariffe, aumentare salari e pensioni, respingere il nuovo modello di contratto di marca confindustriale, tagliare le tasse agli operai e ai pensionati. La Cgil lo promuova senza indugi anche senza Cisl e Uil se non ci stanno. 8 ottobre 2008 |