Imposta alla Camera, con il voto di fiducia, la manovra finanziaria 2010 di Tremonti per 9,2 miliardi Una finanziaria antisociale, a misura di evasori, mafie e speculatori Espropriato il parlamento. Passa lo scudo fiscale. In vendita i beni confiscali alle mafie. Soldi per il Ponte di Messina. Soldi per i contingenti militari all'estero. Scippato il Tfr per uso improprio. Stretta su sanità ed enti locali. Regali alle scuole private. Manca la copertura per i contratti dei lavoratori pubblici. Manca la sospensione delle tasse ai terremotati abruzzesi. Nulla o quasi per occupazione e redditi di lavoratori e pensionati. Nulla per il Sud Va proclamato lo sciopero generale Chiusura netta e arrogante verso le "opposizioni" parlamentari. Nessuna disponibilità a discutere e meno che mai accettare il benché minimo emendamento. Imposto l'ennesimo voto di fiducia. Espropriato totalmente il parlamento dalle sue prerogative costituzionali. Così, in questo modo, la maggioranza berlusconiana reazionaria e fascista ha dato il via alla blindatissima legge finanziaria 2010 redatta dal ministro per l'Economia, Giulio Tremonti. I sì sono stati 307 a fronte di 267 no e 2 astenuti. Il testo approvato è diverso da quello varato il 17 settembre scorso in consiglio dei ministri e a anche a quello passato in prima battuta in Senato. Diverso perché strada facendo sono aumentati i provvedimenti presi, tanto da raddoppiarne le dimensioni finanziarie da 4 a 9,2 miliardi, ma non migliore. Anzi peggiore. Le modifiche introdotte infatti non sono frutto di accoglimento di richieste dei sindacati o di altre parti sociali e nemmeno, come detto, delle "opposizioni" parlamentari ma il risultato di spinte e controspinte di tipo clientelare nate all'interno della stessa maggioranza raccolte tutte in un maxiemendamento presentato dal governo che ha sostituito gli articoli 2 e 3 riducendo a soli due articoli, suddiviso in 250 commi, il documento approvato. L'ultimo passaggio che, allo stato, appare del tutto formale è previsto per il 22 dicembre al Senato. Un metodo presidenzialista e neofascista Nella critica a questa Finanziaria non si può non iniziare dal metodo, perché richiama un problema importante di democrazia sia pure di carattere democratico borghese. Poche volte come in questa circostanza è apparso chiaro il metodo presidenzialista e neofascista messo in essere dal governo del neoduce Berlusconi e dalla sua maggioranza parlamentare. È vero che dall'inizio della legislatura, il governo ha ricorso alla fiducia in parlamento sui più svariati decreti legge ben 27 volte. E questo la dice lunga su come, nella pratica sono cambiati i rapporti tra esecutivo e parlamento a favore del primo. Ma nel caso specifico poteva farne tranquillamente a meno. Visto che detiene una larga maggioranza parlamentare, che sia l'UDC sia il PD che l'IdV si erano detti disponibili a ridurre drasticamente i loro emendamenti, visto che tutti avevano scartato lo strumento dell'ostruzionismo e dato assicurazione di rispettare i tempi di approvazione. L'aver ricorso alla fiducia, nonostante ciò, ha fatto dire a Fini che essa non è giustificata da problemi tecnici, a Casini che il parlamento è stato espropriato, a Bersani: "alle opposizioni è stato dato un cazzotto in faccia". I favori alle mafie Passando dal metodo ai contenuti, la Finanziaria di Tremonti il giudizio politico da dare non migliora. Oltre a essere profondamente antisociale, a non dare nessuna risposta positiva ai problemi dei lavoratori, dei pensionati, dei precari, dei disoccupati e più in generale del Mezzogiorno, oltre a tradire impegni e promesse annunciati con i terremotati abruzzesi per esempio, oppure con le Regioni e gli enti locali, essa sembra fatta a misura degli interessi dei grandi evasori fiscali, delle mafie e degli speculatori. Il riferimento va direttamente allo "scudo fiscale", allo strumento inventato da Tremonti per fare rientrare in Italia i capitali esportati illegalmente all'estero. Il che sarà possibile pagando un misero 5% di imposte, senza nessuna sanzione e per giunta conservando l'anonimato. Insomma un gigantesco condono che favorisce appunto i grandi evasori dietro cui spesso si nascondono le mafie (Cosa nostra, 'ndrangheta, camorra, sacra corona unita). Si tratta, secondo le ipotesi di 80-110 miliardi di euro per un introito per lo Stato di oltre 3 miliardi di euro (a fronte di 40 miliardi circa dovuti). Non basta. Il provvedimento non è ancora partito e già il governo pensa a una proroga di quattro mesi. Il messaggio che ne esce è chiaro: conviene evadere le tasse, conviene continuare a esportare capitali verso i paradisi fiscali, tanto prima o poi arriva un bel condono per farla franca col minimo sforzo. L'altro provvedimento sfacciatamente a favore della criminalità organizzata riguarda la messa in vendita all'asta dei beni confiscali alle mafie, migliaia di immobili, aziende, terreni e altro ancora per un valore di miliardi di euro. Così si affossa un indirizzo di utilizzo sociale che in parte si stava affermando. I comuni hanno la precedenza nell'acquisto? È una presa di giro. Nessuno di loro ha finanziamenti sufficienti per questo tipo di investimenti. In realtà sono i mafiosi che direttamente o più verosimilmente attraverso prestanome, potranno riacquistare i beni che erano stati giustamente confiscati. La Finanziaria di Tremonti ha un occhio di riguardo anche per la grande speculazione edilizia e immobiliare, non di rado nelle mani della borghesia mafiosa. Si veda a questo proposito i finanziamenti stanziati per la costruzione del Ponte di Messina, che è una mega-opera inutile, dannosa, costosissima per la collettività. Si veda la svendita degli immobili dello Stato, in parte da farsi addirittura senza asta pubblica. A lavoratori e pensionati niente Decisamente negativa anche sul piano economico e sociale. Il governo fa finta di non vedere la crisi in atto e le sue nefaste conseguenze sulle condizioni di vita delle masse lavoratrici e popolari. Non c'è nulla o quasi a sostegno dell'occupazione, nonostante che solo quest'anno si siano persi 760 mila posti di lavoro. Nulla o quasi per ampliare e adeguare economicamente gli ammortizzatori sociali, nonostante che, sia a rischio nel 2010 oltre un milione e mezzo di licenziamenti, secondo le previsioni del governatore di Bankitalia Draghi. Nulla di serio e consistente è previsto per aumentare il potere d'acquisto di lavoratori e pensionati, nonostante che il 30% delle famiglie italiane non ce la fa ad arrivare a fine mese (fonte Censis). Persino la ridicola Social card e gli effimeri "bonus famiglia" non sono, al momento, rifinanziati. Ignorate dunque le richieste di parte sindacale, in particolare della Cgil, di allungare i tempi della cassa integrazione, aumentare l'indennità di disoccupazione, di alleggerire le tasse sul lavoro dipendente e comunque sui redditi medio-bassi. La Finanziaria dei diritti dei lavoratori se ne frega. Basti dire che per il rinnovo dei contratti dei lavoratori pubblici non c'è il necessario stanziamento economico, a parte quello per erogare la cosiddetta "vacanza contrattuale" che si risolve in una miseria di pochi euro al mese. Ma anche la reintroduzione dello Staff leasing, ovvero del lavoro in affitto va in questo senso. Così come il taglio del 90% del fondo nazionale per l'occupazione femminile e le pari opportunità. Ridicolo l'assegno per i precari licenziati non solo per entità ma anche perché toccherà a pochi, tanti e tali sono i paletti da superare per averne diritto. Nella voce welfare, un poco di soldi ci sono, è vero. Ma sono legati allo sgravio fiscale del salario variabile di produttività e che è uno dei punti chiave della "riforma" contrattuale finalizzata ad affossare la contrattazione collettiva nazionale. E che dire del taglio del fondo abitativo per aiutare le famiglie indigenti a pagare affitti sempre più esosi? Odiosa inoltre la tassa introdotta sulle cause di lavoro e quelle previdenziali che colpisce principalmente i lavoratori, i pensionati e gli invalidi, i quali per vedere rispettati i loro diritti davanti al giudice dovranno sborsare fino a mille euro. Colpiti anche i sindacati che finora hanno fornito assistenza gratuita. Lo scippo del Tfr Aldilà delle menzogne, di cui Berlusconi è maestro e Tremonti allievo, i soldi per finanziarie i contingenti militari all'estero si trovano: 750 milioni di euro (250 in più rispetto all'anno passato); per le scuole private, 130 milioni; per l'amico di partito il sindaco di Roma Alemanno, che avrà un'anticipazione dalla tesoreria di 600 milioni di euro. Ed è grave, molto grave, che il governo abbia deciso di farsi dare dall'Inps il Tfr (trattamento di fine rapporto), oltre 3 miliardi di euro, non andato ai fondi integrativi, per sostenere vari capitoli di spesa della Finanziaria, senza il consenso dei diretti interessati. Non va affatto bene quello stanziato in Finanziaria per il finanziamento della sanità alle regioni. Le quali, poche settimane fa avevano fatto un accordo col governo che prevedeva una riserva di 1,6 miliardi per il 2010 e di 1.719 per il 2011. Accordo stracciato: le suddette cifre sono state ridotte a 584 miliardi per il 2010 e a 419 miliardi per il 2011. Non è tutto. Nello stesso capitolo è previsto che le regioni che non riusciranno a rispettare il piani di rientro dai debiti dovranno aumentare le tasse dello 0,15 dell'Irap e dello 0,3% dell'Irpef. Cosa molto probabile senza il taglio delle prestazioni. Ai comuni e alle province è andata persino peggio. C'è il rimborso di 156 milioni per il 2008 e di 760 milioni per il 2009 per il mancato introito dell'Ici abolita sulla prima casa, ma parziale, insufficiente a un recupero completo. Mancano 360 milioni. Inoltre c'è la misura che d'imperio obbliga i comuni a ridurre di un quarto i consiglieri e di un quinto gli assessori per un risparmio di 229 milioni di euro. Via anche i difensori civici e le circoscrizioni. I sindaci nei giorni precedenti all'approvazione della Finanziaria avevano manifestato e protestato a Roma davanti a Palazzo Chigi, ignorati anche loro. Vergognosa la promessa mancata di sospendere almeno per 18 mesi il pagamento delle tasse degli abruzzesi terremotati; che è poi quello che è stato applicato nei precedenti terremoti in Umbria, nel Molise o in caso di grandi alluvioni. I sei mesi di proroga fissati in Finanziaria sono pochi. Questo mentre a L'Aquila ci sono ancora 20 mila sfollati, 16 mila sono in cassa integrazione o sostenuti da altri "ammortizzatori sociali". Solo il 40% delle aziende sono tornate a lavorare a tempo pieno. Un discorso a parte infine meriterebbe la norma in materia di contributo pubblico all'editoria, giunta all'ultimo momento con il maxiemendamento che, di fatto cancella il diritto soggettivo alle testate dei partiti parlamentari e delle cooperative ad avere il suddetto contributo. Secondo la Fnsi sono a rischio decine di testate tra cui l'Unità, il Manifesto, il Secolo d'Italia e Liberazione e molti posti di lavoro. A parte ogni considerazione di merito su tutta la vicenda del finanziamento pubblico a giornali di partito (noi siamo contrari), questa sembra una norma intimidatoria e ricattatoria contro coloro che osano anche minimamente "criticare" il governo. Subdola a questo proposito la promessa di Tremonti di porci riparo con un decreto per individuare i criteri di finanziamento per quei "giornali che hanno una precisa funzione storica e politica". In parlamento la partita della Finanziaria è praticamente chiusa con la vittoria del governo sulle imbelli e impotenti "opposizioni" parlamentari. La parola deve passare alla piazza. I sindacati possibilmente in modo unitario, o altrimenti la sola Cgil hanno la forza e la responsabilità di organizzare una risposta di lotta generalizzata, di organizzare e indire lo sciopero generale. 22 dicembre 2009 |