Si ripulisce dal fascismo mussoliniano per puntare più in alto Fini rinnega le leggi razziali ma addossa la responsabilità al popolo italiano Le leggi razziali del 1938 furono una vergogna ma in ultima analisi la colpa fu del popolo italiano che non vi si oppose. Questa la stupefacente tesi contenuta nel discorso che il presidente della Camera ha tenuto il 16 dicembre a Montecitorio, in occasione di un convegno per ricordare le leggi razziali a 70 anni dalla loro promulgazione da parte del regime mussoliniano. Parlando nella Sala della Lupa, alla presenza del rappresentante dell'Unione delle comunità ebraiche italiane Renzo Gattegna, Fini ha insinuato questa sua tesi dicendo che "oggi fare seriamente i conti con l'infamia storica delle Leggi razziali significa avere il coraggio di perlustrare gli angoli più bui dell'anima italiana. Il che vuol dire sforzarsi di analizzare le cause che la resero possibile in un Paese profondamente cattolico e tradizionalmente ricco di sentimenti d'umanità e solidarietà". E tra queste cause "c'è certamente l'anima razzista che il fascismo rivelò pienamente nel 1938, ma che era comunque già presente nell'esasperazione nazionalistica che caratterizzava il regime", ha ammesso il caporione fascista. "Ma l'ideologia fascista - ha proseguito il leader di AN dopo aver sbrigato frettolosamente le responsabilità del regime mussoliniano - non spiega da sola l'infamia. C'è da chiedersi perché la società italiana si sia adeguata, nel suo insieme, alla legislazione antiebraica e perché, salvo talune luminose eccezioni, non siano state registrate manifestazioni particolari di resistenza. Nemmeno da parte della Chiesa cattolica. A giustificazione potremmo addurre il carattere autoritario del regime - che certo non tollerava manifestazioni di esplicito dissenso - oltre naturalmente alla propaganda pervasiva e al controllo totale dell'informazione e ancor più dell'educazione e dell'istruzione esercitato per un quindicennio. Però dovremmo anche riconoscere che alla base della mancata reazione della popolazione ci furono altri elementi che può risultare scomodo riconoscere. Penso alla propensione al conformismo. Penso ad una possibile condivisione - sotterranea e oscura, negata ma presente - di una parte della popolazione dei pregiudizi e delle teorie antiebraiche. Penso soprattutto a una vocazione all'indifferenza più o meno diffusa nella società di allora". Queste parole di Fini hanno scatenato indignate reazioni in Vaticano per aver adombrato una sorta di omertà e passività della chiesa cattolica di allora verso le leggi razziali, cosa del resto storicamente accertata, in un momento in cui è ancora forte l'eco delle critiche di Israele e delle comunità ebraiche per il progetto di beatificazione di papa Pio XII, accusato di non essersi opposto al nazismo e alle persecuzioni antiebraiche. L'indomani tutta la stampa ha messo unanimemente l'accento su questo aspetto estrapolato dal discorso di Montecitorio, cioè del "silenzio della chiesa sulle leggi razziali", come se questo fosse il vero e unico nodo della questione. Critiche a Fini, con l'accusa di falsificazione della storia, sono arrivate infatti dal settimanale dei Gesuiti Civiltà cattolica, dal quotidiano della Cei Avvenire e dalla Radio vaticana, nonché con un'autorevole intervento dell'Osservatore romano, come dire direttamente da Ratzinger. Nessuno invece ha colto il vero significato dell'intervento di Fini, in cui la critica alla chiesa entrava solo marginalmente e solo per dovere di ufficio (essendo impossibile negare quantomeno l'acquiescenza della chiesa al regime mussoliniano) mentre i suoi veri obiettivi erano ben altri. Innanzi tutto, come si è già detto, quello di scaricare la responsabilità delle leggi razziali sul popolo italiano perché a suo dire non si oppose alla loro promulgazione e applicazione. Sottacendo o minimizzando volutamente il fatto che il regime che le emanò era una feroce dittatura fascista che dominava il Paese con il pugno di ferro e con il controllo totale dell'informazione, della cultura e dell'istruzione. Un regime che aveva schiacciato ogni opposizione ed ucciso, incarcerato o costretto all'esilio chiunque osasse opporsi alla sua spietata dittatura. In questo modo Fini sposta la denuncia del colpevole dal regime mussoliniano al popolo che esso aveva schiacciato, ingannato e soggiogato. In secondo luogo Fini mira a ingraziarsi le comunità ebraiche, proseguendo quell'opera di "ripulitura" della sua immagine di "post-fascista" che aveva cominciato con la sua visita in Israele e la dichiarazione sul fascismo come "male assoluto". Operazione perfettamente riuscita, vista la soddisfazione espressa da Gattegna per il suo discorso. Anche perché il presidente della Camera, nella seconda parte dell'intervento, ha sviluppato la sua tesi sulle colpe del popolo italiano attualizzandola ai pericoli di ritorno dell'antisemitismo "nelle vecchie e nuove forme ideologiche che questo oggi assume". Secondo lui infatti, come per il rinnegato Napolitano, "c'è l'antisemitismo esplicito dell'estrema destra e del neonazismo. C'è quello mascherato da antisionismo dell'estremismo no-global e dell'ultrasinistra. E c'è quello, ammantato di pretesti pseudo-religiosi, dell'islamismo radicale. È un antisemitismo, quest'ultimo, che tende ad assumere spesso gravi forme terroristiche, come accaduto recentemente a Mumbai, dove i terroristi hanno assaltato anche il Centro ebraico facendo otto vittime". Per cui - ecco il collegamento con le colpe del popolo italiano verso le leggi razziali del 1938 - "le Istituzioni devono impedire che, di fronte a questi fenomeni, si producano fenomeni d'assuefazione nell'opinione pubblica". Evidentemente, con questa opera di "ripulitura" dal fascismo mussoliniano e di ricerca dell'appoggio della potente lobby sionista (non a caso ha ricordato anche la prefazione che ha scritto per il libro sui "giusti d'Italia" curato dal centro ricerche dello Yad Vashem israeliano), Fini punta in alto, alla leadership della destra borghese dopo Berlusconi, se non addirittura al Quirinale, magari con l'appoggio della "sinistra" borghese. Che sembra ben lieta di abboccare all'amo, visto che Veltroni si è subito precipitato a dargli il suo appoggio, proclamando che le parole di Fini contengono "una verità storica palmare", rammentando anche lui che le leggi razziali "avrebbero meritato una rivolta che in realtà non ci fu". 21 gennaio 2009 |