Conferenza nazionale a Brescia dei migranti metalmeccanici Fiom "Per la parità dei diritti, contro le leggi e le pratiche che costringono i migranti alla clandestinitą" Abrogare la Bossi-Fini e la legge 30, rivendicare diritti contrattuali, sociali e previdenziali, adeguare la rappresentanza dei migranti nella struttura sindacale Nella seconda Conferenza nazionale dei lavoratori migranti metalmeccanici organizzati nella Fiom-Cgil, tenutasi a Brescia il 14 novembre, si è dibattuto dei problemi che i migranti incontrano per venire nel nostro Paese, per ottenere il permesso di soggiorno, delle condizioni di supersfruttamento che sono costretti a subire nei luoghi di lavoro, della mancanza di diritti sociali (casa, sanità, pensioni) e contrattuali, di una legislazione in vigore nemica e da cambiare radicalmente, di una loro crescente presenza nel mondo del lavoro, senza avere una corrispondente rappresentanza sindacale tra i delegati e i quadri dirigenti. La prima Conferenza si svolse a Treviso nel novembre 2002. Temi importanti e stringenti quelli sollevati in questa assemblea molto particolare, tenuto conto che in Italia risiedono e lavorano 2,7 milioni di migranti, di cui il 64% al Nord (un quarto in Lombardia) e il 70% assunti a tempo indeterminato; tenuto conto che i lavoratori migranti iscritti alla Fiom, sempre più multietnica, sono tra il 6 e il 7%, come media nazionale ma in Emilia-Romagna sono il 13%, a Mantova il 16%, il 23% a Treviso. Dalla relazione di Giorgio Cremaschi si apprende che con questa iniziativa la Fiom intende sviluppare un impegno costante "per la tutela del lavoro migrante metalmeccanico, nell'ambito più generale per conquistare parità di diritti per tutte le migranti e tutti i migranti". Tra le questioni più urgenti su cui sviluppare un lavoro concreto Cremaschi individua: l'abrogazione totale della Bossi-Fini e l'eliminazione dei Cpt; l'abbattimento dei costi e la semplificazione delle pratiche amministrative per ottenere il permesso di soggiorno; la soppressione del principio che lega il permesso di soggiorno e il rapporto di lavoro; una nuova disciplina d'accoglienza "che riconosca la personalità, la cultura, la storia e i diritti dei migranti, dalla libertà di culto al titolo di studio"; l'agevolazione del ricongiungimento familiare; il diritto di voto e il riconoscimento della cittadinanza ai figli nati in Italia. Per la lotta alla precarietà e al lavoro nero di cui i migranti sono le principali vittime, il relatore indica: l'abrogazione della legge 30 e la riscrittura della legislazione che ponga al suo centro il lavoro a tempo indeterminato e la stabilizzazione di tutto il lavoro precario; la riscrittura delle norme che regolano il lavoro decentrato e gli appalti, fissando la responsabilità dell'azienda madre per tutto il lavoro che essa affida ad altri; il rafforzamento di tutte le attività ispettive per individuare e punire le violazioni di norme e contratti e, inoltre, la concessione del permesso di soggiorno per il lavoratore (e per i suoi familiari) che denuncia il lavoro nero. "La questione della casa, della scuola e della sanità, sono temi centrali che richiedono una politica sociale diversa dal passato, capace di includere non di escludere".Va riconosciuto il diritto dei lavoratori migranti a non perdere quanto maturato come contributi previdenziali, se tornano nel loro paese. Tre le questioni sollevate in materia contrattuale: il diritto a una gestione del tempo (orario e ferie) funzionale alla condizione e alle esigenze dei migranti; l'utilizzo delle 150 ore per corsi di lingua italiana e corsi di formazione professionale con il riconoscimento della qualifica acquisita; il rispetto delle consuetudini religiose nella distribuzione della mensa e in riferimento alle festività. Infine la rappresentanza sindacale dei lavoratori migranti "largamente sottorappresentati a tutti i livelli dell'organizzazione", non senza responsabilità dell'attuale gruppo dirigente inadempiente rispetto a quanto deciso nell'ultimo congresso Fiom. Queste le proposte: costituire un Coordinamento nazionale dei migranti per fare proposte e intervenire sulle decisioni della Fiom su tutti i temi di fondo; organizzare nelle province ad alta densità migranti coordinamenti territoriali con le stesse funzioni sulle questioni specifiche del territorio; sostenere le candidature migranti nell'elezione delle Rsu; impegno, nell'arco di un anno, ad inserire un adeguato numero di lavoratrici e lavoratori migranti a tutti i livelli dell'organizzazione. Gianni Rinaldini, segretario generale della Fiom, nelle sue conclusioni ha ripreso alcune di queste riflessioni. In particolare ha insistito sulla necessità di riscrivere il testo unico sull'immigrazione, "perché la legge Bossi-Fini ha messo in relazione il permesso di soggiorno con il rapporto di lavoro". Un legame deleterio che è necessario rompere. Su questo ha aggiunto: "Il lavoratore che sta nel sommerso e denuncia questa sua condizione deve essere messo in condizione di uscire dalla clandestinità, e quindi, deve poter avere il permesso di soggiorno pur in assenza di rapporto di lavoro". Un altro aspetto sottolineato è quello di costruire una solidarietà e una lotta comune per migliorare le condizioni di vita dei lavoratori migranti dato che i "processi di precarizzazione del lavoro coinvolgono tutti e portano alla frantumazione dei rapporti sociali e quindi anche alla contrapposizione tra gruppi di lavoratori". Anche Rinaldini ha parlato di "promuovere un allargamento della presenza di lavoratori immigrati non solo tra gli iscritti ma anche tra i gruppi dirigenti della Fiom". Nel dibattito sono intervenuti l'argentino Antonio Zacarias, delegato metalmeccanico di Treviso, la cilena Ana Magullanis, anch'essa delegata, il segretario della Fiom di Biella, il senegalese Adam M' Body, Baba Seck delle officine meccaniche di Reggio Emilia e altri che hanno denunciato, sulla base delle loro dirette esperienze, le privazioni e le vessazioni, anche di tipo razzistico, ai danni dei lavoratori migranti. 22 novembre 2006 |