La Fiom chiede alla Cgil di ritirare la firma all'accordo del 28 giugno Dopo lo straordinario successo dello sciopero generale del 6 settembre. la mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori deve proseguire per contrastare e affossare la manovra economica del governo. In particolare dev'essere cancellato l'art. 8 di detta manovra di lacrime e sangue che cancella il contratto nazionale, lo Statuto dei lavoratori in definitiva l'insieme del diritto del lavoro. In questo contesto, la CGIL deve ritirare la sua firma sull'accordo interconfederale del 28 giugno scorso. È quanto ha deciso, in sintesi, la FIOM-CGIL nella riunione del Comitato centrale del 7 settembre. Su quest'ultimo punto il segretario generale, Maurizio Landini, ha espresso una posizione molto netta, affermando che: "siamo di fronte a un governo che con l'articolo 8 della manovra ha emanato un provvedimento di gravità assoluta, che per decreto cancella in un colpo solo il diritto al lavoro e lo Statuto dei lavoratori, permette che a livello aziendale o territoriale, a un livello non previsto dalla Costituzione, si balcanizzino i diritti dei lavoratori". È un decreto fatto su richiesta di Fiat e Confindustria "e che mio malgrado registro - continua Landini - viene appoggiato da Cisl e Uil". Si deve prendere atto che questa legge fa carta straccia persino dell'accordo del 28 giugno, ecco perché, dice rivolgendosi alla CGIL, "Togliere la sigla da quell'accordo mi sembra dunque coerente con la volontà di chi ha manifestato in piazza con noi". La proposta di Landini è stata raccolta nel documento presentato dalla segreteria nazionale, approvato a larga maggioranza con 102 voti a favore; mentre quello presentato in contrapposizione dalla destra, rappresentata da Fausto Durante e Augustin Breda ha raccolto solo 27 preferenze. "La scelta del Governo condivisa da Confindustria e da Cisl e Uil -si legge nel documento della segreteria - di introdurre con l'articolo 8 una legge a favore della Fiat e che cancella il diritto al lavoro, il Contratto nazionale e lo Statuto dei lavoratori, rende "carta straccia l'ipotesi di Accordo del 28 giugno 2011". A fronte di questa situazione la FIOM ritiene che "la Cgil deve ritirare il proprio sostegno ed adesione all'ipotesi di Accordo del 28 giugno perché messo in discussione dalla legge del Governo" ed anche per coerenza con le aspettative dei lavoratori che hanno partecipato allo sciopero generale del 6 settembre scorso. Una mobilitazione che deve proseguire "definendo un piano straordinario - continua il documento - di iniziative, diffuso nei luoghi di lavoro e sul territorio fino anche ad una grande manifestazione nazionale" per contrastare la "manovra sbagliata, inaccettabile e discriminatoria del governo e cancellare l'articolo 8". Di segno opposto la posizione sostenuta da Durante e Breda, simile a quella della segretaria generale della CGIL, Susanna Camusso, risultata in FIOM fortemente minoritaria. Secondo costoro la lotta va fatta "per ritornare allo spirito iniziale e all'impostazione originaria dell'Accordo del 28 giugno" richiamando tutti i protagonisti, ovvero le associazioni padronali e i sindacati confederali, "alla loro responsabilità di soggetti firmatari". La tesi sostenuta è che il governo avrebbe stravolto l'accordo "ledendo l'autonomia contrattuale della parti sociali". Non dicono però che è proprio sulla base di questa intesa che, è bene ricordarlo, introduce relazioni industriali neocorporative di stampo mussoliniano e fa proprio il modello Marchionne, il governo si è spinto a varare una legge del genere, non dicono che per Confindustria e CISL e UIL essa non rappresenta affatto uno stravolgimento. La maggioranza FIOM ha perciò ragioni da vendere: una lotta contro la manovra del massacro sociale e della distruzione dei diritti dei lavoratori, una lotta che deve essere ampia e aggregante, efficace nei metodi di protesta e duratura, senza prevedere l'affossamento del suddetto accordo sarebbe monca e in definitiva perdente in partenza. 21 dicembre 2011 |