La Fiom chiede interventi concreti per salvare le fabbriche e i posti di lavoro A Roma i metalmeccanici del settore auto "Senza diritti siamo solo schiavi" I lavoratori del gruppo Fiat e della componentistica sollecitano interventi a favore del settore auto e intendono difendere con la lotta i posti di lavoro messi a rischio dalla Fiat e dalle altre fabbriche che ruotano attorno all'azienda torinese. Venerdì 28 giugno la Fiom ha proclamato 8 ore di sciopero per tutto il settore e una folta delegazione si è recata a Roma per far sentire con più forza le proprie ragioni. Alcune migliaia di manifestanti si sono ritrovati in piazza della Repubblica dando vita a un rosso corteo che ha attraversato il centro cittadino fino a Montecitorio. Una delegazione guidata dal segretario, Maurizio Landini, ha poi incontrato verso le 12 la presidente della Camera, Laura Boldrini e più tardi, il ministro dello Sviluppo, Flavio Zanonato. Il corteo è stato aperto da uno striscione dal titolo "senza diritti siamo solo degli schiavi" mentre il manifesto dello sciopero rivendicava "lavoro & democrazia". Insomma due chiare parole d'ordine per dire no alle nuove relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano che proprio in Fiat sono state messe per prime in pratica e vedono Marchionne come suo principale alfiere. Erano presenti i lavoratori di Pomigliano (NA), della Iveco, di Mirafiori e di tante fabbriche della componentistica automobilistica sparse in tutta Italia e che lavorano in gran parte per la Fiat. Queste aziende (fatturato 42 miliardi di euro nel 2012) subiscono le scelte del gruppo torinese e vanno avanti con la produzione per altri marchi, in particolare quelli tedeschi. Per quanto riguarda la Fiat tutti gli stabilimenti del gruppo sono in cassa integrazione ad esclusione di Modena. Tutto questo non impedisce il ricorso all'aumento dei ritmi e agli straordinari comunque camuffati, ad esempio i sabati lavorativi a Pomigliano. Proprio nella fabbrica campana abbiamo avuta l'ennesima dimostrazione della dottrina Marchionne, ovvero lavorare alle condizioni del padrone altrimenti vai in cassa integrazione o sei licenziato, e se protesti vieni manganellato. Gravissime sono state le cariche della polizia del 14 giugno al picchettaggio dei lavoratori che si opponevano ai sabati lavorativi, polizia che si è comportata come guardia privata della Fiat. Se da una parte abbiamo visto dei lavoratori ricattati e costretti anche dalla crisi ad entrare in azienda, dall'altra abbiamo potuto constatare la voglia di lottare, di non chinare la testa e come i padroni siano sempre più costretti a ricorrere alle manganellate, come è successo anche alle acciaierie di Terni, per tentare di fermare la rabbia operaia. La manifestazione del 28 giugno è solo l'ultimo atto di un lungo braccio di ferro tra la Fiat e i lavoratori e i sindacati. Per essere esatti da una parte l'azienda, Fim, Uilm e Ugl, e dall'altra la Fiom ma anche i sindacati di base come lo Slai cobas e comitati di cassintegrati e disoccupati. La partita non è ancora chiusa e la Fiom chiede che si blocchi il processo di deindustrializzazione, di licenziamenti, di chiusura della fabbriche a partire dalla Fiat e dalla componentistica. Marchionne non solo ha portato avanti il supersfruttamento dei lavoratori ma ha anche disatteso quelle promesse che diceva di dare in cambio. Il suo Piano, "Fabbrica Italia", prevedeva il raddoppio della produzione e una forte ricaduta occupazionale, invece le vetture sono passate da 700.000 a 400.000 unità annue. Uno studio del quotidiano padronale il Sole 24 Ore dimostra che in 10 anni la Fiat, con il ricorso alla cassa integrazione, ha risparmiato un miliardo e 700 milioni di euro. La Fiat dice di aver fatto due miliardi d'investimenti in questi anni, quindi quegli investimenti sono stati pagati con i soldi dei lavoratori. Siamo di fronte al fatto che la maggioranza degli stabilimenti non sta lavorando, sta chiudendo e la Fiat sta facendo i veri investimenti fuori dall'Italia. L'obiettivo principale di Marchionne è rastrellare liquidità per acquisire le azioni che servono al controllo di Chrysler risparmiando altri soldi non pagando i primi giorni di malattia (grazie al contratto separato), riducendo il premio integrativo e negandolo ai cassintegrati. Per tutte queste ragioni la Fiom chiede di riaprire un tavolo delle trattative con Fiat per richiedere un piano industriale serio che salvaguardi le fabbriche e sopratutto i posti di lavoro. 3 luglio 2013 |