Al direttivo della Cgil la destra appoggia il cedimento della Segretaria ai padroni e al governo La Fiom vota contro l'accordo sindacati-Confindustria Landini denuncia le deroghe al contratto nazionale, la limitazione del diritto di sciopero, della democrazia e del voto nei luoghi di lavoro, ma non chiede le dimissioni della Camusso Come era prevedibile, rispecchiando gli schieramenti usciti dal congresso nazionale, la destra maggioritaria del direttivo nazionale della CGIL ha convalidato il 5 luglio scorso l'infame accordo siglato dalla segretaria Susanna Camusso con CISL e UIL e Confindustria, con 117 voti a favore, 21 contrari e un astenuto. Hanno votato no la Fiom e l'area "La Cgil che vogliamo". Quella della CGIL è una deriva oramai conclamata di omologazione sindacale verso i crumiri Bonanni e Angeletti, rafforzata dalla nomina congressuale della Camusso, del sindacato corporativo e filo padronale confacente al neofascismo imperante. La CGIL può così, come ribadisce la Camusso "ripartire in un'altra direzione e con altre modalità da una stagione di profonda divisione". Certo, azzerando anni di opposizione e di lotte e piegarsi a relazioni industriali mussoliniane che cancellano diritti fondamentali per i lavoratori e difendono gli interessi dei pescecani capitalisti e dei loro sgherri nel governo del neoduce Berlusconi. Il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini, che aveva chiesto alla Camusso di sospendere la firma fino alla conclusione della consultazione, ha denunciato la pericolosità di tale accordo che apre alle deroghe al contratto nazionale, limita il diritto di sciopero e la democrazia e il voto nei luoghi di lavoro. Non solo, Landini afferma che c'è un punto che concerne la democrazia sindacale a partire dalla consultazione: l'accordo verrà sottoposto al voto solo dei lavoratori iscritti ai sindacati firmatari e solo delle categorie coinvolte nell'intesa, escludendone una larga e corposa fetta (esempio pensionati, lavoratori pubblico impiego, oppure non iscritti). Quindi non si può parlare di una consultazione ampia, democratica e con regole chiare trasparenti come chiesto anche nel documento de "La CGIL che vogliamo", prodotto in contrapposizione a quello del direttivo nazionale della CGIL. In esso si esprime il giudizio negativo sull'accordo e vengono riportare le motivazioni principali a tale dissenso, come la negazione, per la prima volta, da parte della Cgil del diritto di voto dei lavoratori; la deroga al contratto nazionale e la forte limitazione del diritto di sciopero; infine, denuncia il mancato "coinvolgimento delle strutture pure direttamente interessate" e rivendica la necessità di "una campagna di assemblee nelle quali siano esplicitate le differenti posizioni". Richiesta più che motivata visto che le regole "democratiche" della CGIL non prevedono di illustrare nella consultazione i due documenti ma solo le ragioni del documento maggioritario. A conferma di ciò il direttivo ha bocciato a maggioranza la richiesta del leader dell'area "La CGILche vogliamo" Gianni Rinaldini di una gestione "più democratica" della consultazione tra gli iscritti. Sul documento del direttivo si trovano affermazioni truffaldine e vere e proprie falsità come la ritrovata centralità del contratto nazionale, il rafforzamento delle Rsu e un rinnovato coinvolgimento dei lavoratori nelle decisioni finali, quando è invece chiaro che nell'accordo, modello Marchionne, il contratto nazionale verrà derogato, i lavoratori non avranno più voce in capitolo e la contrattazione aziendale sarà di stampo corporativo e filopadronale. La Fiom e l'area programmatica "La CGIL che vogliamo" hanno messo a disposizione dei lavoratori la documentazione, organizzando una vasta campagna d'informazione prima che inizino le assemblee consultative, dove verranno svolte (non è sicuro che CISL e UIL faranno altrettanto), previste dal 12 luglio al 16 settembre, per consentire l'elaborazione dei risultati entro il 20 e, dunque, se la risposta sarà sì, la formalizzazione della firma della CGIL in calce all'accordo. Ma non sono andati più a fondo nella critica e nella richieste, più che necessarie, sia delle dimissioni della Camusso, per la firma all'accordo seppur definito da Landini un atto autoritario, sia dello sciopero generale nazionale di otto ore. Una richiesta più che necessaria visto che, non si era ancora conclusa la seduta del direttivo CGIL che sotto le finestre della sede nazionale di Roma un gruppo di lavoratori ha contestato il tradimento della Camusso a padroni e governo portando uno striscione con su scritto "No al patto di resa finale, il sindacato non si deve suicidare". In alcune fabbriche in Toscana e il Lombardia contro l'accordo unitario ci sono stati anche degli scioperi. E tuttavia Landini, in un'intervista al "Fatto" del 8 luglio, ha seccamente replicato che non vuol sentir parlare di tradimento della Camusso. 13 luglio 2011 |