Il vertice di Washington prende le prime misure interlocutorie in attesa del prossimo appuntamento di aprile Il G20 si propone di governare la crisi economica dell'imperialismo Per il governatore di Bankitalia Draghi il peggio "deve ancora realizzarsi" Il 15 novembre si sono riuniti a Washington i presidenti e capi di stato del gruppo del G20 per discutere le misure per affrontare la grave crisi che sta dilagando in tutto il pianeta, con l'obiettivo di governare la crisi economica dell'imperialismo. La "Dichiarazione di Washington", il documento conclusivo del vertice parla delle cause della crisi, ma senza citare gli Stati Uniti che ne sono stati l'origine scatenante, promette uno sforzo rapido e comune per affrontarla ed elenca una serie di obiettivi di medio termine, dalla creazione di un "collegio dei supervisori" per monitorare i colossi finanziari alla riforma del Fondo monetario. Ma anche se è definito come "un piano d'azione concreto e preciso per ristabilire la fiducia" il documento non prende alcuna misura immediata e rimanda al prossimo vertice convocato per il 30 aprile a Londra. Si sono dati tempo fino al 31 marzo prossimo per elaborare "una lista iniziale delle specifiche misure da prendere, incluse le azioni prioritarie" che dovrebbero "rilanciare la crescita e stabilizzare i mercati". Solo allora si vedranno i risultati del lavoro commissionato ai ministri del Tesoro a agli esperti delle organizzazioni internazionali, fra le quali il Fsf (Financial stability forum) guidato dall'italiano Mario Draghi. Ministri e tecnici dovrebbero studiare e preparare progetti di riforma in vari settori, rafforzamento della "trasparenza e delle regole di contabilità" al "miglioramento" della regolamentazione finanziaria, dall'introduzione di nuovi "principi etici" nei mercati all'intensificazione della cooperazione internazionale, fino alla possibile riforma delle istituzioni create a Bretton Woods. In altre parole si tratta al momento di una serie di "ritocchi" che lasciano immutato il sistema finanziario e economico capitalistico, fondato sulla piena libertà di movimento di valute, capitali e merci. Con a corollario la promessa di chiudere entro l'anno i negoziati sul commercio del Doha Roud, miseramente falliti nel luglio scorso. Eppure anche il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha sottolineato a Washington che la crisi deve ancora manifestare tutti i suoi effetti: "la maggior parte del rallentamento dell'economia deve ancora realizzarsi". E lo confermano i dati sulla recessione che dagli Usa è passata in Europa. Il vertice era stato sollecitato dai paesi europei e in particolare dalla Francia con il presidente Sarkozy che mirava a definire nuove regole finanziarie internazionali e aveva chiesto la riunione del G8, il "vecchio" gruppo dei maggiori paesi imperialisti nato nel 1975 e composto da Usa, Giappone, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Canada cui si era aggiunta la Russia nel 1997. Sarkozy mirava a definire una nuova Bretton Woods, la conferenza che ha preso il nome dal paese del New Hampshire negli Usa dove nel luglio 1944 fu deciso il sistema monetario mondiale del dopoguerra, che creò il Fondo monetario internazionale (Fmi) e la Banca Mondiale. E che sancì il dominio economico mondiale del dollaro e dell'imperialismo americano. Dominio che l'ultima crisi ha messo definitivamente in discussione con la superpotenza europea pronta a vestire un ruolo determinante supportato dalla forza dell'euro e della sua potenza economica. Evidente che Bush non poteva assecondare questo progetto suicida per gli Usa e con l'approssimarsi del trasloco dalla Casa Bianca ha avuto gioco facile nel gettare acqua sul fuoco della ambizioni europee. Ha ottenuto che il vertice si tenesse a Washington, e non all'Onu come voleva Sarkozy, e che fosse allargato a 20 paesi: Arabia Saudita, Argentina, Australia, Brasile, Cina, Corea del Sud, India, Indonesia, Messico, Sudafrica, Turchia ed Unione europea, oltre a quelli del G-8. È evidente tra l'altro che il G8 non rappresenta l'attuale situazione del potere economico mondiale a fronte dell'emersione di potenze imperialiste quali Cina, India e Brasile. Come è evidente che per sostenere nuovi interventi finanziari da parte del Fmi alla sempre più lunga serie di paesi vicini al tracollo economico che si sono messi in fila a battere cassa servono altri soldi freschi che solo paesi come Cina o Arabia Saudita sono in grado di fornire. In cambio di una maggiore presenza e peso negli organismi dirigenti di Fondo monetario e Banca mondiale. Il lavoro di rivedere le strutture nate da Bretton Woods è di fatto avviato, e non sarà un compito solo del G8. A Washington è partito il lavoro del G20 che potrebbe proseguire nella stessa formazione o con il gruppo più ristretto delle 14 maggiori potenze economiche imperialiste, un G14 che rappresenterebbe quasi il 90% del prodotto lordo mondiale. E soprattutto col nuovo presidente americano Barack Obama insediato e con pieni poteri solo dopo il 20 gennaio prossimo. 19 novembre 2008 |