Condizionato da Bush il G8 stipula un compromesso al ribasso sul clima Aiuti insufficienti per combattere Aids, Tbc e malaria in Africa. Nel "direttorio" dell'economia mondiale entrano Cina, India, Brasile, Messico e Sudafrica Successo dei contestatori del G8 Il comitato intergovernativo sul cambiamento del clima, l'organo scientifico consultivo dell'Onu, ha ragione nel lanciare l'allarme sulla possibile catastrofe climatica per il pianeta ma per il momento non serve mettere in programma misure per ridurre effetto serra e surriscaldamento; così sulla questione principale che è stata sul tavolo del vertice del G8 le pressioni di Bush, che non ha firmato nemmeno le insufficienti misure di riduzione dei gas serra previste dal protocollo di Kyoto, hanno portato a un compromesso al ribasso, quantunque presentato come un "successo" dal padrone di casa, la cancelliera tedesca Merkel. All'incontro degli Otto grandi paesi industrializzati che si è tenuto dal 6 all'9 giugno nella superblindata cittadina tedesca di Heiligendamm sul Baltico i capi di stato e di governo di Stati Uniti, Giappone, Germania, Gran Bretagna, Canada, Francia, Italia, Russia e il presidente della Commissione Ue Barroso hanno approvato una dichiarazione finale nella quale riconoscono una generica "necessità di tagli sostanziali" delle emissioni di anidride carbonica e altri gas di serra. Il documento afferma che un nuovo accordo globale per combattere il cambiamento del clima, al posto di quello di Kyoto che scade nel 2012, dovrà essere definito entro il 2009 e che il negoziato continuerà a essere sotto l'egida dell'Onu. Non contiene però l'obiettivo di quante emissioni dovrebbero essere tagliate e entro quanto tempo; l'indicazione che voleva inserire nel documento Merkel, con l'appoggio di Francia, Italia, Canada e Giappone, era quello di tagliare le emissioni del 50% entro il 2050. Alla faccia dell'emergenza ambientale! Il documento fa un riferimento all'Ipcc, il comitato intergovernativo sul cambiamento del clima dell'Onu, che nel suo rapporto ha recentemente indicato proprio l'obiettivo di dimezzare le emissioni entro metà secolo rispetto ai livelli registrati nel 1990 e il contenimento a 2 gradi centigradi dell'aumento medio della temperatura terrestre in questo secolo. "Nel fissare un obiettivo globale (quale?, ndr) per la riduzione delle emissioni, oggi abbiamo concordato sulla necessità di coinvolgere tutti i maggiori 'produttori di gas serra'", afferma il documento nel quale spunta un impegno degli Usa, e della Russia, di "prendere in seria considerazione le decisioni prese dall'Unione Europea, dal Canada e dal Giappone di ridurre di almeno la metà le emissioni globali entro il 2050". In altri termini un impegno ma non un vincolo né per Bush né per Putin. Anzi Bush alla vigilia del vertice aveva annunciato la prossima convocazione delle 15 nazioni più inquinanti del mondo, incluse le economie emergenti come Cina e India, per discutere obiettivi nazionali e volontari di riduzione delle emissioni. Una ulteriore sede di discussione per prolungare all'infinito il dibattito e nel contempo esautorare il tavolo negoziale messo in piedi dalle Nazioni Unite. Il documento finale ribadisce che il negoziato è sotto l'egida dell'Onu ma lascia spazio anche all'iniziativa alternativa degli Usa tanto che Bush può chiudere la discussione indicando che "sul clima intendiamo essere molto attivi se non addirittura assumere un ruolo di guida, possiamo avere una funzione di collegamento tra i paesi che vogliono un accordo subito e quelli come India e Cina che non hanno finora partecipato al dialogo". Tra l'altro la Cina, nel primo documento redatto alla vigilia del vertice dal governo di Pechino sul tema del clima, ha promesso di ridurre di un quinto i propri consumi energetici entro il 2010 e di diminuire il ricorso al carbone che copre il 70% dell'attuale consumo di energia ma non ha detto nulla sui gas serra; una "dimenticanza" non da poco dato che secondo varie stime entro la fine dell'anno, o al massimo nel 2008, la Cina supererà gli Usa per emissione di anidride carbonica (C02), il principale dei gas serra. La Merkel ha parlato a nome dell'Unione europea che nel Consiglio europeo del marzo scorso ha promesso di ridurre le emissioni del 20% entro il 2020 quale contributo per la definizione degli obiettivi del dopo Kyoto e avrebbe voluto che tale impegno fosse assunto dal G8. Bush ha risposto picche, imposto il compromesso al ribasso e di fatto rimandato la questione alla prossima conferenza sul clima in programma entro la fine del 2007 a Bali, in Indonesia. Un compromesso venduto come successo da Angela Merkel che si è dichiarata entusiasta: "è stato un importante segnale per la conferenza Onu sul clima di dicembre, a Bali". Di "un grandissimo risultato" ha parlato il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso. Solo appena più cauto Romano Prodi che pure ha sottolineato il "buon compromesso sul clima, con un documento che si impegna ad assumere un'azione forte e rapida (sic!) per contrastare i cambiamenti climatici e stabilizzare la concentrazione di gas serra a un livello che dovrebbe prevenire interferenze pericolose per la salute dell'uomo e del clima". Grandi dichiarazioni ma poca sostanza ha ricevuto anche l'altro importante tema del vertice, quello sul programma di aiuti sanitari all'Africa. Il terzo giorno del vertice gli Otto hanno annunciato di stanziare 60 miliardi di dollari per la lotta contro l'Aids, la malaria e la tubercolosi. Senza indicare però entro quanto tempo. La metà della somma, 30 miliardi di dollari in cinque anni, sarà messa a disposizione dagli Stati Uniti, secondo il piano di spesa anticipato due settimane prima da Bush al Congresso americano. Nel vertice di due anni fa a Gleneagles, sotto la spinta di Blair il G8 si era impegnato a elevare fino al 2015 la quota di aiuti allo sviluppo portandola allo 0,7% del pil nazionale. A oggi, hanno denunciato diverse Ong, gli otto paesi hanno sborsato meno della metà della somma promessa. Senza considerare che sono caduti nel vuoto gli impegni finanziari per affrontare l'emergenza Aids e altre pandemie presi in pompa magna a Genova nel 2001. Un altro esempio viene dalla stessa Germania con la Merkel che ha annunciato lo stanziamento nel 2008 di altri 750 milioni di euro per gli aiuti all'Africa. Con i 750 milioni promessi la Germania arriverebbe appena allo 0,39% del pil, alla metà di quanto promesso a Gleneagles. E la Merkel vorrebbe conteggiare tra gli aiuti anche le spese per i soldati mandati in Congo a sorvegliare le ultime elezioni. Il vertice tedesco ha dato il via al cosiddetto "processo di Heiligendamm", ovvero un percorso di discussione su temi economici, climatici ed energetici con i rappresentanti di Cina, India, Brasile, Sud Africa e Messico che dovrebbe concludersi nel 2009 sotto la presidenza italiana del G8. Non è ancora la concessione dello status di membri del club economico imperialista alle cosiddette "economie emergenti" ma di fatto un primo passo per associarle al "direttorio" dell'economia mondiale. Chi ha senza dubbio registrato un successo a Heiligendamm sono stati i contestatori del G8 che per i tre giorni del vertice hanno messo sotto assedio gli Otto grandi. La sede del vertice, l'hotel Kempiski di Heiligendamm, era protetto da una recinzione lunga 13 chilometri ed alta due metri e mezzo che ha delineato la zona interdetta ai manifestanti. Anche i tre chilometri e mezzo di costa davanti all'hotel erano stati messi in sicurezza con una rete sottomarina. Ben 16.000 gli agenti dispiegati nella regione a vigilare sull'area recintata, a caricare le manifestazioni di protesta, a arrestare i dimostranti. Oltre 1.000 i fermati nella settimana di manifestazioni, dei quali 140 tramutati in arresti. Le manifestazioni contro il vertice erano iniziate con il grande corteo del 2 giugno a Rostock, dove in 100 mila erano sfilati dal centro fino al porto della città. Manifestazioni e sit-in erano continuati nei giorni seguenti fino al 6 giugno quando i partecipanti al vertice erano stati accolti da migliaia di manifestanti che avevano raggiunto la barriera a protezione della zona proibita. Seppur respinti dalle cariche della polizia i manifestanti riuscivano a aprire varchi nella recinzione e a violare la zona proibita. Altre migliaia di manifestanti bloccavano le strade verso Heiligendamm e l'importante arteria tra la città e l'aeroporto di Rostock e impedivano tra gli altri al trenino speciale dei giornalisti di raggiungere la sede del vertice. L'assedio dei manifestanti proseguiva per tutto il vertice e l'8 giugno un ultimo corteo a Rostock di migliaia di manifestanti chiudeva la settimana di lotta festeggiando il successo della mobilitazione contro il G8. 13 giugno 2007 |