Straordinario successo del Gay Pride nazionale a Palermo Dieci giorni di seminari, dibattiti, attività culturali, musica, culminano in un corteo di oltre 135mila partecipanti. Calorosa accoglienza delle masse palermitane Il comune concede provocatoriamente in concomitanza la piazza al family day Dal nostro corrispondente della Sicilia È stata inaugurata venerdì 14 giugno a Palermo la dieci giorni di iniziative nazionali con cui, come dichiara il documento politico di indizione del Gay Pride 2013, "Il movimento lgbtqi italiano, dopo oltre trent'anni di lotte, è pronto a rinnovare la propria mobilitazione per riportare al centro del dibattito politico la rivendicazione dei diritti delle persone gay, lesbiche, bisessuali, trans, queer e intersessuali". Si è trattato di un Gay Pride che ha portato in piazza un significativo livello politico, maturato in un lungo dibattito sull'acuirsi in Italia di violenze e aggressioni omofobe e di suicidi di giovani violentemente emarginati e puniti da un sistema omofobo, sull'attacco ai diritti globali, non solo di lgbtqi ma di tutti, dai lavoratori, ai pensionati, agli studenti, alle donne. Un livello politico ben espresso anche nel passaggio del documento di indizione del Gay Pride, che pone la battaglia per i diritti lgbtqi accanto "ai movimenti delle donne, degli extracomunitari, dei lavoratori e delle lavoratrici, dei detenuti e delle detenute dei nostri carceri/lager e dei centri di permanenza temporanea" e in continuazione "con la lotta di Liberazione che nel secolo scorso è riuscita a riscattarci dall'occupazione nazi-fascista". Tra le rivendicazioni della piattaforma, il riconoscimento del matrimonio civile per le coppie formate da persone dello stesso sesso, il riconoscimento pubblico delle unioni civili, l'estensione al partner o al genitore non biologico della co-responsabilità sul minore, l'estensione della possibilità di adozione alle coppie formate da persone dello stesso sesso o a persone singole, l'abolizione della Legge 40, la rimozione della transessualità dal Manuale Diagnostico dei disturbi mentali, che la legge 211/2000 istitutiva della Giornata della Memoria "includa il ricordo dello sterminio sistematico di Gay, Lesbiche e Transessuali nei lager nazisti, insieme a tutti gli altri 'stermini dimenticati': Rom, Sinti, Disabili, Malati di Mente e Testimoni di Geova". Nel comitato promotore, le associazioni nazionali: Arcigay, ArciLesbica, Famiglie Arcobaleno, Mit (Movimento italiano transessuali) e tra le organizzazioni aderenti la CGIL, Legambiente, Emergency, Coordinamento 21 luglio, Nuova Proposta: donne e uomini omosessuali cristiani, Arciragazzi Palermo, Amnesty international, Unione Giovani Ebrei d'Italia (UGEI), oltre a diversi partiti della "sinistra" borghese. Il ruolo delle istituzioni borghesi La dieci giorni di concerti, spettacoli, incontri, dibattiti, film, documentati, mostre si è aperta con un convegno "I diritti LGBT sono diritti umani" (registriamo semplicemente il titolo del convegno dal momento che non ci interessa in questa sede addentrarci in una critica del concetto di "diritto umano"), cui hanno partecipato l'allora ministra delle pari opportunità del governo Letta-Berlusconi, Iosefa Idem, la presidente della Camera, Laura Boldrini (SEL) il governatore siciliano Crocetta, PD, e il neopodestà di Palermo, Leoluca Orlando, IDV. Al convegno Titti De Simone, presidente del Comitato organizzatore del Palermo Pride Nazionale 2013, e, come moderatore, Paolo Patanè, presidente onorario del Coordinamento Palermo Pride. Rileviamo, anzitutto, l'ambiguità di fondo sulla presenza della Idem e della Boldrini alla giornata di inaugurazione del Gay Pride. Non sono intervenute infatti in veste istituzionale, come esponenti del governo o della camera dei deputati, dal momento che non vi era alcun patrocinio delle due istituzioni al Gay Pride. A ben poca cosa si riduce, peraltro, il presunto segnale di attenzione da parte delle istituzioni borghesi all'estensione dei diritti, portato dalle due alte cariche dello Stato borghese. In realtà, le due si sono barcamenate con grande ipocrisia e una certa difficoltà, per mantenere un'"equidistanza" sostanziale tra le sacrosante richieste del Gay Pride e le feroci polemiche sollevate da esponenti delle istituzioni, vicepresidente del Senato Maurizio Gasparri PDL, in testa, che hanno insultato i manifestanti. La ex-ministra Josefa Idem che ha promesso di impegnarsi "per la presentazione di un disegno di legge per le unioni civili", non scende in una critica della sostanza fascista degli attacchi di Gasparri e sceglie di non presentarsi al corteo del 22 giugno. Analogamente la presidente della Camera Laura Boldrini a parole ha sostenuto i diritti degli emarginati in base all'orientamento sessuale, ma si è tenuta ben lontana da una critica alle cause della discriminazione, che risiedono principalmente nelle posizioni politiche e ideologiche dei rappresentanti delle istituzioni borghesi, governo e parlamento attuali compresi. Così anche la Boldrini si rifiuta di entrare nel merito politico ed ideologico degli attacchi di Gasparri e della scelta del sindaco di Roma, Ignazio Marino, PD, di non presentarsi al Pride della capitale delegando un consigliere comunale. "Non sta a me valutare le scelte del sindaco", si limita ad affermare la terza carica dello Stato borghese che poi, come la Idem, sceglierà di non partecipare al corteo nazionale del 22 giugno a Palermo. Alla presentazione del Gay Pride Rosario Crocetta. Anche lui nei mesi scorsi sommerso dalle critiche per il patrocinio della regione al Gay Pride, sollevategli pubblicamente finanche dal suo parroco personale, si è arreso non stanziando neanche un euro. Per lui è stato nel corso dei mesi precedenti il Gay Pride tutto un precisare per non urtare le "sensibilità" reazionarie dei diversi esponenti e schieramenti del suo governo: sui matrimoni gay "se la politica comincia a staccarsi dai cittadini, poi nessuno la segue più. Sarà la società siciliana a stabilire se è pronta per i matrimoni gay. Io credo lo sia, ma prima voglio costruire un percorso, senza strappi, con i cittadini". Sulle adozioni: "Penso al bambino che, in un contesto non preparato, trovi difficoltà a dire di avere due mamme o due papà: può essere discriminato. Queste cose vanno fatte nella società che ha maturato le sue scelte. Io voglio essere un passo avanti, ma dentro la società". Insomma anche su questo fronte Crocetta mostra di essere un incallito opportunista. Non è mancata la passerella di Leoluca Orlando, che si presenta all'inaugurazione e al corteo con l'unica credenziale della recente istituzione a Palermo del Registro amministrativo delle Unioni civili, che impegna il comune ad estendere la fruizione dei servizi di sua competenza alle coppie di fatto, etero o omosessuali. Si tratta certo di un passo in avanti che va apprezzato, ma che, tuttavia, rischia di essere solo una conquista formale. Anzitutto perché il registro comunale delle unioni di fatto non è in grado di garantire il superamento delle discriminazioni contenute nella normativa nazionale sul diritto di famiglia, in secondo luogo perché Palermo, ben lontana dall'essere quella "capitale dei diritti" proclamata da Orlando in sede di Gay Pride, piuttosto si caratterizza per una diffusa e persistente impossibilità di far valere i diritti sanciti, da quelli relativi al lavoro, all'istruzione, alla sanità, ai trasporti. Si tratta di una condizione che rende impossibile la vita alle masse popolari, compresi coloro che sono discriminati in base agli orientamenti sessuali. Alla formalità del comune, va poi dato un contenuto concreto con progetti concreti per l'estensione vera dei diritti a tutti: rileviamo semplicemente che Orlando ha governato la città per lunghi anni e sul tema dei diritti siamo al punto zero, anzi andiamo sempre più indietro. Intanto è da denunciare che, in concomitanza al corteo del Gay Pride, il comune di Palermo ha concesso per il 22 e il 23 giugno la piazza al Family day di stampo reazionario. Ciò nonostante i proclami di indizione di quest'ultima manifestazione fossero dichiaratamente anti Pride: "La scelta della città e della data non sono casuali; infatti, proprio a Palermo in quel giorno avrà luogo la sfilata del Gay Pride nazionale" dichiara il documento politico del Family day, indetto con l'obbiettivo di "affermare e ricordare che il matrimonio non può che essere soltanto l'unione legittima tra un uomo e una donna come recita l'articolo 29 della Costituzione". Vi è quanto meno una contraddizione evidenziata ancor di più dal silenzio di Orlando e di tutte le istituzioni borghesi su questa evidente provocazione anti Pride. Il corteo del Gay Pride Al di là dei proclami reazionari del Family day e della macchietta grigia e opportunista delle istituzioni borghesi, tra cui Leoluca Orlando, il governatore pugliese Nichi Vendola (SEL) che si dispongono in testa al corteo, i veri sentimenti della Palermo popolare si sono manifestati nel caloroso appoggio alla vivacissima e colorata manifestazione del Gay Pride, tenutasi il 22 giugno. Gli oltre 135mila manifestanti da tutta Europa e Italia hanno attraversato le vie del centro, accolti col calore, la simpatia e l'assenza di pregiudizi tipica delle masse popolari palermitane. Il corteo è sfilato applaudito tra due ali di folla. Dai palazzi dell'antico Cassaro i palermitani lanciavano sul corteo coriandoli e palloncini colorati. Quando il corteo ha incrociato i lavoratori in lotta del teatro Biondo incatenati davanti allo Stabile è partito un lungo reciproco applauso. La manifestazione, estesa per oltre un chilometro, è partita dal Foro italico, con ventuno coloratissimi carri carichi di manifestanti che ballavano e cantavano. Presenti anche gli striscioni di "Famiglie Arcobaleno. Associazione genitori omosessuali", "Gruppo ali d'aquila. Cristiani LGTB di Palermo", "Basta femminicidi", "Addio omofobia". Tante le bandiere "No MUOS" e "No Tav" e quelle della CGIL. Su un cartello la parola d'ordine "Rispetto per la libertà, rispetto per la salute. Con il Pride contro il MUOS". Mentre la testa del corteo era già quasi arrivata ancora la coda non era partita. Il PMLI saluta il grande successo della dieci giorni palermitana e la straordinaria manifestazione nazionale del 22 giugno e appoggia il movimento lgbtqi con l'obbiettivo comune di affossare tutte le norme giuridiche e amministrative del regime neofascista che discriminano i rapporti consensuali omosessuali, negandone parità di trattamento su tutti i settori sociali. Per ottenere questo obbiettivo è necessaria la cancellazione dell'articolo 29 della Costituzione borghese che sancisce "i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio" e, insieme a questo, di tutte le norme che perpetuano un modello di famiglia fondata sulla proprietà privata, l'ereditarietà, la gerarchizzazione interna, la subordinazione della donna e dei figli al marito e al padre, le disuguaglianze fra figli legittimi e naturali, la discriminazione e la mancanza di diritti per le coppie di fatto, etero e omosessuali, il divieto di matrimonio, di adozione e di ricorrere alle tecniche di fecondazione artificiale per le coppie gay. Per questi obbiettivi il movimento deve continuare a premere sulle istituzioni borghesi nazionali, regionali, provinciali e comunali per pretendere norme che sanciscano l'uguaglianza di diritti. Al contempo per una lotta che abbia reali possibilità di perseguire l'obbiettivo dell'estensione dei diritti bisogna che il movimento stringa rapporti sempre più stabili e strategici con le lotte politiche e sociali in corso in Italia sul fronte del lavoro, della scuola, della sanità, contribuendo, con le sue avanzate richieste sociali, ad intensificare la crescente protesta contro il governo Letta-Berlusconi, un governo che è al servizio del capitalismo, va a braccetto con le gerarchie ecclesiastiche ed è il principale massacratore dei diritti di tutti, compresi quelli dei lgbtqi. 3 luglio 2013 |