Gravissima e vergognosa sentenza della Corte dell'Aja che accoglie il ricorso del governo federale tedesco La Germania non risarcirà le vittime delle stragi naziste Berlino continua a proteggere i criminali nazisti e a negarne l'estradizione Lo scorso 3 febbraio la Corte internazionale di Giustizia - l'organo delle Nazioni Unite competente a giudicare le controversie tra Stati, erede a sua volta della Corte permanente di Arbitrato creata per volontà dell'allora zar di Russia Nicola II - ha pronunciato la sentenza n. 143 in tema di immunità giurisdizionali di uno Stato sovrano su ricorso della Germania depositato il 23 dicembre 2008 contro l'Italia e con il successivo intervento nella controversia della Grecia a gennaio 2011. In sostanza la Corte stabilisce al Paragrafo 139 della menzionata sentenza che un tribunale di uno Stato non può condannare un altro Stato sovrano, e di conseguenza un tribunale italiano o greco non può condannare lo Stato tedesco a risarcire i danni, anche se i danni in questione consistono in crimini di guerra delle truppe naziste (quindi tedesche) commessi in territorio italiano e greco. A parere della Corte infatti le sentenze di condanna dei tribunali italiani e greci contro la Repubblica federale di Germania costituiscono una violazione dell'immunità di quest'ultima, anche se non vi sono dubbi che essa ha ereditato totalmente la personalità giuridica internazionale dell'Impero (Reich) tedesco di Hitler caduto nel 1945 sotto i colpi degli Alleati. Quanto al valore giuridico della sentenza citata, bisogna comunque specificare che essa si risolve sostanzialmente in un semplice parere consultivo reso agli Stati che si sono rivolti alla Corte internazionale di Giustizia, in quanto quest'ultima è priva di qualsiasi potere giurisdizionale, come ben chiarito all'articolo 96 della Carta delle Nazioni Unite e dallo Statuto della stessa Corte. Per comprendere in pieno la vicenda bisogna fare un passo indietro: nel 1998 l'italiano Luigi Ferrini, come ricordato al Paragrafo 27 della sentenza citata, citò il governo della Repubblica federale di Germania di fronte al Tribunale civile di Arezzo per i danni subiti durante la sua deportazione in Germania nel 1944 dove fu costretto ai lavori forzati in condizioni inumane che lo segnarono per tutta la vita, ma la sua domanda fu rigettata nel 2000, ed anche la Corte d'Appello di Firenze nel 2002 confermò il rigetto sostenendo che la Germania, Stato sovrano, non potesse in base al diritto internazionale essere condannata da un tribunale italiano. La Corte di Cassazione però nel 2004 annullò la sentenza d'appello sostenendo un importantissimo principio giuridico, cioè che l'immunità di uno Stato sovrano non può spingersi a disconoscere il risarcimento dei danni dovuti ad atti che costituiscono un crimine internazionale, ed i vari processi da Norimberga in poi hanno sempre ritenuto che i campi di lavoro forzato del Reich hitleriano integrassero, per le spaventose condizioni in cui i reclusi erano costretti a vivere, un crimine internazionale. Quindi, secondo la Cassazione italiana, l'attuale Repubblica federale di Germania - che ha ratificato dopo l'unificazione il Trattato sullo stato finale della Germania sottoscritto nel 1990 insieme alla Repubblica democratica tedesca ed ai quattro vincitori della II guerra mondiale in Europa, e che quindi deve ritenersi pienamente continuatrice della personalità giuridica della Germania nazista - è responsabile civilmente per tutti gli atti che, compiuti da militari o comunque da funzionari del regime nazista, costituiscano crimini internazionali. In seguito alla citata sentenza del 2004 altre vittime italiane di crimini nazisti citarono per danni il governo tedesco ottenendo dai tribunali e dalle corti d'appello sentenze civili di accoglimento, ottemperando al principio di diritto fissato dalla Cassazione, ed anche la giustizia penale si mosse, in quanto il Tribunale militare italiano di La Spezia condannò all'ergastolo il militare nazista Max Josef Milde, unico soldato tedesco superstite tra coloro che furono responsabili delle stragi di Civitella in Val di Chiana, Cornia e San Pancrazio perpetrate il 29 giugno 1944 in provincia di Arezzo che causarono complessivamente 244 morti civili, sentenza che condanna inoltre lo Stato tedesco al risarcimento di oltre un milione di euro a favore dei discendenti delle vittime del massacro. La decisione venne confermata dalla Corte d'Appello militare di Roma e resa definitiva dalla Cassazione con sentenza del 2008: con quest'ultima la suprema corte italiana riconobbe che la Germania nazista aveva violato in modo generale ed indiscriminato i più basilari principi del diritto internazionale ed anche i diritti umani, e sancì il duplice principio di diritto sia della piena legittimità di richieste d'indennizzo al governo federale tedesco sia dello svolgimento di indagini e di processi in Italia sui criminali nazisti ancora in vita. Eppure, alla consequenziale richiesta di estradizione dell'anziano criminale di guerra Milde da parte delle autorità italiane al governo federale tedesco, quest'ultimo non solo si rifiutava di consegnare il condannato ma riteneva le varie sentenze italiane nel frattempo emesse una vera e propria lesione della sovranità dello Stato tedesco e della sua immunità internazionale, ricorrendo nel dicembre dello stesso anno alla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja contro lo Stato italiano, con le conseguenze prima descritte. Anche tribunali greci nel frattempo condannavano la Germania al risarcimento dei danni per motivi legati a crimini di guerra compiuti dai tedeschi sul territorio ellenico durante la seconda guerra mondiale, ed è per questo che il governo greco si è costituito nel processo di fronte alla Corte internazionale di Giustizia per sostenere le ragioni dell'Italia contro la Germania. Alla pubblicazione della sentenza della Corte internazionale di Giustizia si sono levate legittime proteste da parte dell'ANPI ed il Procuratore militare Marco de Paolis ha affermato che la decisione "frustra le legittime attese" di centinaia di familiari delle vittime dei nazisti ed anche dei rari superstiti ancora in vita, mentre accondiscendente si è dimostrato il Ministro degli Esteri Giulio Terzi che - non lo si dimentichi - in gioventù aderì all'allora MSI del massacratore di partigiani Almirante. Così Berlino ha dimostrato di poter condizionare a suo vantaggio la Corte dell'Aja ma con ciò ha coperto i crimini dell'Impero (Reich) hitleriano. L'attuale RFT (Repubblica federale tedesca) sin dall'immediato dopoguerra, sia con i governi democristiani sia con quelli socialdemocratici, si è dimostrata totalmente refrattaria ad accettare sentenze di tribunali esteri nei confronti dello Stato tedesco e nei confronti di suoi cittadini, con la conseguenza che tuttora centinaia di anziani criminali nazisti vivono indisturbati all'interno delle sue frontiere: è la Germania insomma che decide se e quando eventualmente risarcire i danneggiati e se e quando estradare i criminali di guerra tedeschi, dimenticando però che l'attuale Repubblica federale, nel momento in cui ha accettato di succedere - secondo il diritto internazionale - al Reich hitleriano nel 1991, si è assunta tutti gli obblighi che da questa successione derivano, ivi compresa l'accettazione da parte della Germania delle propria responsabilità per danni provocati da elementi delle forze armate tedesche o comunque da funzionari pubblici tedeschi, ed anche l'accettazione di sentenze penali contro suoi cittadini responsabili di gravissime violazioni delle disposizioni stabilite nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 emanata dalle Nazioni Unite delle quali la Germania è membro. Ecco come viene calpestato il diritto internazionale a esclusivo vantaggio dei paesi imperialisti dominanti. 15 febbraio 2012 |