Il "giorno del ricordo" è un oltraggio alla Resistenza e al socialismo Non è ancora la cancellazione del 25 Aprile e la sua sostituzione con una giornata in ricordo delle "vittime di tutti i totalitarismi'', o dei "caduti da ambo le parti'', ma la strada per arrivarci in tempi brevi è già stata preparata: l'11 febbraio scorso, infatti, la Camera ha approvato quasi all'unanimità la legge che istituisce il 10 febbraio come "giorno del ricordo'' al fine di "conservare e rinnovare - recita il testo del provvedimento - la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, l'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e la più complessa vicenda del confine orientale''. La legge, che incorpora ed amplia una proposta del deputato fascista triestino Roberto Menia, volta ad assegnare una targa ricordo della "patria'' ai parenti delle "vittime delle foibe'', è stata votata dalla casa del fascio e dall'Ulivo al gran completo. Hanno votato contro solo il PdCI e il PRC. Quest'ultimo si era però dichiarato disponibile a votare sì alla legge nella sua formulazione originaria, se fosse cioè rimasta circoscritta al riconoscimento delle "vittime delle foibe'', senza l'aggiunta degli "esuli istriani, fiumani e dalmati''. Se questa legge, come si presume dato il consenso "bipartisan'' della destra e della "sinistra'' del regime neofascista, passerà anche l'esame del Senato, la data del 10 febbraio (anniversario del trattato di Parigi del 10 febbraio 1947 con il quale le potenze vincitrici della 2a guerra mondiale restituirono l'Istria e la Dalmazia alla Jugoslavia) diventerà "solennità civile'' da celebrare con "iniziative per diffondere la conoscenza dei tragici eventi presso i giovani delle scuole di ogni ordine e grado'', e con la promozione da parte di istituzioni ed enti locali di "studi, convegni, incontri e dibattiti in modo da conservare la memoria di quelle vicende'' e per "valorizzare il patrimonio culturale, storico, letterario ed artistico degli italiani dell'Istria, di Fiume e delle coste dalmate''. Vengono inoltre riconosciuti il museo della civiltà istriana-fiumano-dalmata di Trieste e l'archivio museo storico di Fiume con sede a Roma, con cospicui stanziamenti annui a favore dell'Istituto regionale per la cultura istriana, fiumana e dalmata e alla Società di studi fiumani, cosiccome a favore dell'Istituto nazionale della cultura istriana, fiumana e dalmata di lingua italiana, con sede a Firenze, che sarà istituito di concerto tra il Comune di Firenze e il ministero per i beni e le attività culturali. Esultanza fascista Grande il tripudio dei fascisti, promotori della legge e alfieri da sempre dell'irredentismo antijugoslavo e anticomunista, da essi fomentato con nera determinazione fin dall'immediato dopoguerra, attraverso la falsificazione storica e la strumentalizzazione delle vicende delle foibe e dei fuoriusciti dall'Istria e dalla Dalmazia: "Vedere il tabellone delle votazioni interamente verde, a segnare in pratica l'unanimità delle forze politiche, ha dell'incredibile'', ha dichiarato con esultanza il fascista Menia, per il quale da oggi "il ricordo di quelle tragedie non sarà più un fatto privato delle associazioni degli esuli ma patrimonio di tutta la nazione e dovere delle istituzioni''. E l'ex repubblichino Mirko Tremaglia, ministro per gli italiani all'estero, ha aggiunto con le lacrime agli occhi che "da oggi inizia la grande pacificazione nazionale'', dopodiché è andato a stringere calorosamente la mano a Violante e Fassino per ringraziarli del loro decisivo contributo al successo di questa squallida ammucchiata neofascista e anticomunista. Una convergenza che non è nata però all'ultimo momento sui banchi di Montecitorio, ma che viene da lontano, almeno da quando nel 1996 il rinnegato Luciano Violante, appena eletto presidente della Camera, fece la famigerata sviolinata all'ex "ragazzo di Salò'' Tremaglia avviando il processo di "riconciliazione nazionale'' tra antifascisti e fascisti. Lo stesso Menia ha ricordato con gratitudine l'incontro del 1998 a Trieste tra Fini e Violante, dove quest'ultimo esaltò i "martiri delle foibe'' e invitò a ricordare i fuoriusciti dall'Istria e dalla Dalmazia. Qualche giorno prima del dibattito parlamentare, sul Corriere della Sera del 29 gennaio, abiurando ufficialmente le posizioni storiche dell'allora PCI, ancora Violante aveva dichiarato che il PCI ha avuto "gravi responsabilità'' nella vicenda dei fuoriusciti e che verso di loro "abbiamo un debito e dobbiamo pagarlo''. A questo proposito aveva ricordato che i DS avevano depositato alla Camera una proposta di legge firmata da lui e da Fassino per istituire un "giorno della memoria'' il 20 marzo, giorno in cui, nel 1947, salpò da Pola l'ultima nave di fuoriusciti. Con ciò preannunciando l'intesa "bipartisan'' sulla legge varata di lì a pochi giorni. E che ci fosse un accordo preventivo tra i rinnegati della Quercia e i fascisti di AN lo dimostra anche la lettera inviata da Fassino il 6 febbraio al presidente della "Federazione della Associazioni degli Esuli Istriani Fiumani e Dalmati'', Guido Brazzoduro, in cui il leader diessino punta il dito sullo "sbaglio'' storico del PCI, per non aver capito e condannato allora "le tragiche conseguenze dell'espansionismo slavo'', e promette di fare ammenda appoggiando l'istituzione della giornata del 10 febbraio, quale "modo giusto con cui l'Italia intera può rendere omaggio a chi fu costretto all'esodo, superando definitivamente ogni forma di reticenza e rimozione di una tragedia che ogni italiano deve considerare parte della storia del Paese''. Un copione, quello recitato da Violante e Fassino, di cui fanno parte integrante anche la celebrazione il 9 febbraio della "giornata dei valori nazionali'' promossa dal governatore del Lazio, il fascista Storace, e l'intervento del caporione fascista e vice capo del governo Gianfranco Fini a Padova lo stesso 10 febbraio, in cui ha rivendicato senza mezzi termini l'"italianità'' dei territori istriano-dalmati. Ma un copione la cui attenta regia è nelle mani di Ciampi, che ha fatto della "riconciliazione nazionale'' di tutte le forze politiche della destra e della "sinistra'' del regime neofascista attorno al tricolore e alla "patria'' italiana imperialista l'obiettivo centrale del suo settennato. Come ha chiaramente ribadito nel suo messaggio di plauso all'iniziativa del gerarca Storace, sottolineando che "la tragedia delle foibe fa parte della memoria di tutti gli italiani''. Orgia di nazionalismo e anticomunismo Con queste premesse politiche il "dibattito'' parlamentare (ridotto più che altro alle dichiarazioni di voto, dal momento che gli accordi erano stati fatti in sede di Commissione) si è risolto in un'orgia di falsità storiche, di retorica patriottarda, di nazionalismo sciovinista e di anticomunismo da guerra fredda. Anche senza considerare i conati viscerali dei fascisti, della Lega e di Forza Italia, scontati in partenza, non meno disgustosi sono stati però gli interventi dei rappresentanti dell'Ulivo. In particolare quello di Fassino, che ha esordito ripetendo a pappagallo le infami tesi anticomuniste sostenute dai fascisti, e cioè quella dei "350 mila italiani costretti ad abbandonare le loro case'' (cifra gonfiata, e comunque non furono "costretti''), e quella dei "15 mila italiani morti nelle foibe per il solo fatto di essere italiani'' (cifra supergonfiata, e comunque quelli che ci finirono non fu perché "italiani'', ma perché fascisti, torturatori e collaborazionisti). Abiurando completamente la storia del suo stesso partito, che all'epoca confutò e controbatté la propaganda nazionalista, irredentista e sciovinista del MSI e della borghesia, il leader diessino ha detto rifacendo il verso a Ciampi e a Fini che è giunto il tempo di "dichiarare che quella pagina di storia appartiene alla nostra storia, alla storia di tutti noi, alla storia degli italiani''. è arrivato addirittura a spremere un'ipocrita lacrima di coccodrillo sull'"aggressione fascista alla Jugoslavia, le molte angherie, i molti misfatti che, in quelle terre, furono compiuti dalla nostra (sic!) occupazione militare''. Ma così, frettolosamente e di passaggio, come se fosse un aspetto del tutto marginale e irrilevante rispetto alla vicenda in discussione. Per poi subito precipitarsi a pontificare che "questo non può giustificare alcunché; non può giustificare né le foibe né l'esodo''. Nascosti i crimini del fascismo Anzi, va detto che più in generale l'intero parlamento nero ha volutamente ignorato l'intera storia che sta a monte delle foibe e del cosiddetto "esodo'', come se la storia cominciasse dal 1945 e quel che è successo dal 1920 al 1945 (annessione dell'Istria e di parte di Fiume e della Dalmazia all'Italia col trattato di Rapallo, invasione nazifascista della Jugoslavia nel 1941, resistenza partigiana, sconfitta del nazifascismo) non contasse nulla, non esistesse nemmeno. Come se non fossero esistiti o non contassero nulla i crimini del fascismo, come l'italianizzazione forzata di quelle terre, le deportazioni di intere popolazioni dalla costa verso l'interno per far posto alla colonizzazione fascista (una vera e propria "pulizia etnica'' ante litteram), i tribunali speciali contro gli antifascisti sloveni e italiani, i campi di concentramento dove gli jugoslavi sono morti di fame, di stenti e di torture a decine di migliaia, i villaggi bruciati, le esecuzioni sommarie, gli stupri, ecc. Soltanto il PdCI, con l'intervento di Marco Rizzo ha accennato a qualcosa in proposito, ma non tanto per contrattaccare la canea anticomunista e ribaltare le accuse sul fascismo e sul nazionalismo italiani, quanto per "giustificare'' parzialmente le foibe che comunque, anche a suo dire "sono state un fatto terribile, su questo non abbiamo dubbi''. Quanto a Rifondazione, abbiamo già detto che se il "giorno del ricordo'' si fosse limitato alle foibe, con le targhe e i diplomi ai parenti e l'obbligo ai comuni di intitolare strade ai suoi "martiri'', sarebbe stata pronta a votare sì. Lo hanno ribadito nei loro interventi sia Francesco Giordano che Tiziana Valpiana, ripetendo entrambi il sermone bertinottiano sugli "errori ed orrori'' delle foibe che la sinistra italiana avrebbe "colpevolmente rimosso''. Questo a dimostrazione che la destra e la "sinistra'' del regime neofascista, da AN a Rifondazione, sono ormai pronte, sotto l'egida di Vittorio Emanuele Ciampi, a dichiarare definitivamente chiusa la pagina della Resistenza, dell'antifascismo e dell'idea stessa di socialismo. E questo in nome di una "memoria condivisa'' e di una "pacificazione nazionale'' attorno alla nazione, alla "patria'' e all'imperialismo italiani. Quindi, in definitiva, attorno al fascismo che questi "valori'' porta avanti da sempre. |