Sotto la minaccia del commissariamento governativo La giunta Bassolino demolisce la sanità pubblica campana Dimezzate le Asl, ridotti i distretti sanitari, accorpati gli ospedali, tagliati 845 posti letto. Le lobby politico-imprenditoriali e i grandi pescecani privati della sanità che lucrano sulla salute e sul denaro pubblico la faranno ancor più da padrone Vergognoso voto favorevole del Prc Redazione di Napoli Il 28 novembre scorso il consiglio regionale della Campania presieduto da lady Mastella, con 34 voti favorevoli e 17 contrari ha approvato il disegno di legge dal titolo "Misure di razionalizzazione e riqualificazione del sistema sanitario regionale per il rientro del disavanzo", con allegato il "Piano di ristrutturazione e riqualificazione della rete ospedaliera" (delibera n° 16 del 30 ottobre 2008), approvato dalla giunta regionale a seguito dell'accordo capestro siglato dal governatore Bassolino e dall'assessore alla sanità Angelo Montemarano con i ministri della distruzione del "Welfare" Sacconi e la sanguisuga Tremonti. L'ennesimo crimine della giunta del Bossi del Sud Antonio Bassolino si è consumato, come è ormai consuetudine nelle istituzioni in camicia nera, attraverso un iter blindato "giustificato" con il rischio del Commissariamento minacciato dal governo e con l'urgenza di rispettare "i paletti di contenimento della spesa fissati dal Piano di rientro dal debito". I provvedimenti Si tratta, lo gridiamo forte e chiaro per farci sentire anche dalla base del PRC i cui assessori e consiglieri hanno votato vergognosamente a favore, di una raffica di provvedimenti che affossano di fatto la sanità pubblica in Campania. Le Asl della Campania saranno ridotte da 13 a 7 entro il 30 giugno 2009, la rete dei distretti sanitari sarà dimezzata. Nelle province di Avellino, Caserta e Benevento è prevista la presenza di un'unica azienda sanitaria. A Salerno, la cui provincia è la più estesa territorialmente d'Italia, si scende addirittura da tre a una, mentre a Napoli e provincia (circa tre milioni di abitanti) si passa da cinque a tre Asl. Conseguentemente, saranno ridotti di almeno 50 unità gli incarichi dirigenziali in funzionale apicale (dirigenti di secondo livello - ex primari) agendo sulla leva del freno al turn-over limitato al 10 per cento delle unità attualmente in servizio. La scure dei tagli si è abbattuta sui distretti sanitari di base, fulcro dell'assistenza sul territorio da cui dipende l'organizzazione dei servizi specialistici e della medicina di base e ambulatoriale, già largamente sovradimensionati dalle controriforme sanitarie nazionali e regionali degli anni '90. Ed è già cominciato un processo di selvaggio accorpamento dei servizi e una drastica riduzione del numero dei direttori di struttura complessa territoriali. Il risultato è che invece di diminuire aumenta ancora il rapporto tra numero di abitanti e distretti parametrato a 120 mila abitanti nelle aree urbane e 70 mila nelle zone a bassa densità, nelle isole e nei territori montani. Ne esce con le ossa rotte la rete ospedaliera che già versa nelle condizioni da Terzo mondo a tutti nota. Il provvedimento stabilisce la possibilità di chiusura o accorpamento di 50 ospedali, la riduzione di 685 unità del numero dei posti letto, lo spostamento di 1.000 posti letto di acuti in Rsa e la trasformazione di 900 posti letto di acuti in posti letto di riabilitazione e lungodegenza, l'uscita dalla rete dell'emergenza degli ospedali di S. Felice a Cancello, il Cto e gli Incurabili di Napoli, l'ospedale di Roccadaspide e l'Ospedale Civile di Agropoli. Al Cardarelli saremo costretti a vedere le barelle all'aperto? Un emendamento dell'Italia dei Valori (proposto dai consiglieri Francesco Manzi, Giuseppe Maisto e Nicola Marrazzo), che ha trovato il sostegno anche del capogruppo di AN Enzo Rivellini, ha cancellato 100 posti letto anche per l'azienda universitaria Federico II e 60 posti letto per la Seconda Università di Napoli, in modo da far salire a 845 la sforbiciata di posti letto nella rete ospedaliera campana. Stiamo parlando dei numeri ufficiali perché nel computo bisogna tenere presente che molti presidi ospedalieri dovranno chiudere i reparti per rientrare nel piano di declassazione generalizzata (1° livello) e tanti altri verranno "accorpati" con annessa ondata di licenziamenti e svendita del patrimonio immobiliare (S. Agata dei Goti e Cerreto Sannita nel Nuovo ospedale di S. Agata dei Goti; l'ospedale di S. Maria Capua Vetere e quello di Palasciano di Capua confluiscono nel nuovo ospedale di S. Maria Capua Vetere; il Loreto Mare, l'Annunziata e l'Ascalesi confluiscono nel realizzando Ospedale del Mare; il San Giovanni di Dio di Frattamaggiore viene dismesso per il nuovo presidio ospedaliero di Afragola; viene dismesso il Cavaliere Apicella di Pollena Trocchia per il nuovo ospedale di Pomigliano D'Arco, gli ospedali Addolorata Eboli e Speranza Battipaglia per il nuovo ospedale della Valle del Sele). Specchietto per le allodole il potenziamento delle aziende ospedaliere di rilievo nazionale che passano da 8 a 11 con Vallo della Lucania e Nocera Inferiore, che pur non avendone i requisiti diventano presidi di III livello, equiparati cioè alle aziende ad alta specializzazione e la possibilità per gli ospedali esclusi dalla rete dell'emergenza di venire riconvertiti in strutture residenziali per "l'assistenza per i nuovi bisogni e le nuove cronicità". Altra novità è l'abolizione dei Comitati tecnici provinciali (gli organismi tecnico-politici formati dai direttori generali delle Asl di ciascuna provincia, i sindaci dei Comuni interessati, i componenti della Quinta commissione, l'assessore al ramo) deputati, dalle vecchia legge di Piano ospedaliero (la n. 24 del 19 dicembre del 2006) alla programmazione dei servizi ospedalieri sui vari territori. Non sono chiare e dunque sono tutte da verificare le procedure introdotte per la stabilizzazione dei precari della Sanità, cosi come i passaggi dove si prospetta una: "Accelerazione della verifica dei requisiti di qualità delle strutture sanitarie private che hanno fatto istanza per il passaggio all'accreditamento definitivo". Sembrano presagire un'ondata di licenziamenti visto che si precisa che "Per i lavoratori delle strutture non in regola viene introdotta una norma di 'salvaguardia' con la possibilità di accesso con un punteggio maggiore ai concorsi nel Servizio sanitario regionale" (una presa in giro visto che hanno prorogato il blocco del turn-over a tempo indefinito). La giunta Bassolino deve rassegnare le dimissioni, subito! L'assessore alla Sanità Angelo Montemarano, forte della vergognosa copertura a "sinistra" della dirigenza del PRC, ha avuto il coraggio di affermare che il piano "tiene conto delle istanze giunte dal territorio e al tempo stesso, non intacca l'avviato processo di razionalizzazione della rete ospedaliera, coniugando efficienza, risparmio e migliore organizzazione degli ospedali al fine di garantire, sempre meglio, i livelli essenziali di assistenza", seguito da Pietro Cerrito, segretario generale della Cisl che considera "positiva l'accelerazione sugli accreditamenti e, soprattutto, un paracadute per precari e lavoratori del privato che potranno aspirare ad un punteggio maggiore nei concorsi". Le comunità locali e i lavoratori della sanità non sono dello stesso avviso e sono già scese sul piede di guerra come si è visto con la massiccia partecipazione alle grandi giornate di sciopero del mese di novembre e dicembre. Anche i rappresentanti della dirigenza medica e veterinaria sono in fermento e contestano in particolare la nuova organizzazione della "rete di emergenza, depauperata di centinaia di posti letto senza, contestualmente, potenziare e riorganizzare la rete territoriale e la relativa integrazione con quella ospedaliera". Il PMLI di fronte a questa situazione drammatica per le condizioni di vita, di lavoro e di salute delle masse popolari non casca certo dalle nuvole visto che ha suonato per tempo il campanello d'allarme sulla demolizione in atto da decenni del cosiddetto "Stato sociale" e non ha fatto mancare la denuncia politica e giornalistica del progetto di cancellare il Servizio sanitario nazionale (SSN), un progetto figlio della riorganizzazione federalista dello Stato, della politica di demolizione e privatizzazione selvaggia dei servizi pubblici (sanità, scuola, università, servizi idrici, ecc.) portata avanti dai governi nazionali e regionali, e dal potere della borghesia mafiosa che al Sud, ma non solo, è sempre più annidato inscindibilmente nello Stato e nell'economia capitalistica, a prescindere se al potere ci sia la destra o la "sinistra" del regime neofascista. I marxisti-leninisti invitano dunque la base della Cgil e degli altri sindacati a premere per proclamare uno sciopero generale regionale per fermare la demolizione della sanità. Antonio Bassolino deve dimettersi, subito, anche perché tra i vari verminai in cui è implicato c'è la misteriosa società di cartolarizzazione del debito sanitario, la Soresa Spa, su cui non ha intenzione di fare chiarezza. 14 gennaio 2009 |