Golpe istituzionale: lo scudo retroattivo di Berlusconi avallato da Fini I finiani salvano anche Lunardi. Intervento e ritirata di Napolitano Bersani minaccia le "barricate" ma poi fa marcia indietro La tregua tacitamente stabilita tra il neoduce Berlusconi e il fascista ripulito Fini dopo il voto di fiducia di fine settembre ha avuto il suo primo banco di prova il 19 ottobre con tre avvenimenti contemporanei: l'approvazione in commissione Affari costituzionali del Senato del nuovo Lodo Alfano retroattivo e reiterabile per il premier e la negazione alla Camera della richiesta di autorizzazione a procedere per l'ex ministro Lunardi, entrambe ottenute anche con i voti dei finiani, nonché l'incontro tra Fini e Alfano sul disegno di legge governativo sulla controriforma della giustizia, conclusosi con un via libera quantomeno di principio da parte del presidente della Camera. Tre conferme che la maggioranza "a tre gambe", PDL, Lega e il nuovo gruppo parlamentare finiano di Futuro e libertà (FLI) per ora "tiene", anche se resta tuttora precaria e le elezioni anticipate a primavera sono sempre sullo sfondo. Berlusconi attendeva Fini al varco e lo ha messo subito alla prova con un vero e proprio golpe istituzionale: la votazione di un emendamento al Lodo Alfano, presentato dal presidente della commissione Carlo Vizzini (PDL), che blinda il disegno di legge costituzionale n. 2180 che sospende i processi alle due più alte cariche dello Stato - presidente della Repubblica e presidente del Consiglio - rendendo retroattivo lo scudo giudiziario anche per i reati commessi prima della loro nomina. E Fini lo ha avallato senza discutere, come del resto aveva sempre promesso e confermato in tutte le occasioni, nonostante l'ulteriore strappo anticostituzionale e presidenzialista che questo emendamento ha introdotto surrettiziamente. Il testo originario prevedeva infatti la sospensione automatica dei processi, sulla falsariga del precedente Lodo Alfano approvato con legge ordinaria e poi bocciato dalla Corte Costituzionale. Ma la maggioranza non si è fidata e ha voluto rendere esplicita tale sospensione con un apposito emendamento che così recita: "Al di fuori dei casi previsti dall'articolo 90 e 96 della Costituzione i processi nei confronti del presidente della Repubblica e del presidente del Consiglio, anche relativi a fatti antecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare secondo le disposizioni della presente legge costituzionale". Ciò però, oltre a sospendere i tre processi milanesi di Berlusconi attualmente bloccati dalla legge sul "legittimo impedimento", più altri che potrebbero nascere in futuro per qualsiasi altro tipo di crimine, per esempio di essere mandante delle stragi golpiste del '93, ha anche come vedremo altre gravissime implicazioni tali da rappresentare un vero e proprio golpe istituzionale. Proteste dei sostenitori di Fini Comunque già l'aver avallato la retroattività dello scudo ha suscitato una valanga di proteste tra i sostenitori del nuovo partito di destra in formazione, indignati per la dimostrazione di incoerenza rispetto ai proclami di "difesa della legalità" di cui Fini e i suoi si proclamano paladini. Anche perché nello stesso giorno alla Camera i fascisti ripuliti di FLI hanno votato insieme a berlusconiani e leghisti per salvare l'ex ministro delle infrastrutture Pietro Lunardi, accusato dalla magistratura di corruzione insieme all'arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe, nell'ambito dell'inchiesta sugli appalti del G8. La Camera ha infatti respinto a maggioranza la richiesta di autorizzazione a procedere per Lunardi, accusato di aver acquistato a prezzo di favore da Propaganda Fide un palazzo di 5 piani nel centro di Roma in cambio della concessione di un finanziamento pubblico di 2 milioni e mezzo di euro allo stesso ente religioso diretto da Sepe per la ristrutturazione di un immobile a piazza di Spagna. I forum sui siti finiani di Generazione Italia, FareFuturo e del Secolo sono stati inondati di commenti negativi di simpatizzanti e militanti di FLI, tanto che gli uomini di Fini hanno dovuto fare pubbliche dichiarazioni per ricordare che il sì al Lodo Alfano non è mai stato messo in dubbio dal presidente della Camera. E la finiana Giulia Bongiorno, che conduce le trattative con Alfano sulla controriforma della giustizia e che di recente è stata riconfermata dalla maggioranza alla presidenza della commissione Giustizia della Camera, ha tagliato corto alle proteste della base e anche ai mugugni di certi parlamentari di FLI col "mal di pancia" come Fabio Granata, dichiarando che l'approvazione della retroattività del lodo era inevitabile altrimenti non avrebbe avuto nessuna efficacia pratica sui processi di Berlusconi. Con ciò riconoscendo implicitamente che lo scudo non è stato fatto per tutelare la carica di presidente del Consiglio ma solo ed esclusivamente per l'uomo Silvio Berlusconi. Le varie facce del golpe istituzionale Tuttavia quello della retroattività è solo una delle diverse facce del golpe istituzionale di Berlusconi. Intanto l'aver tirato dentro anche la figura del presidente della Repubblica gli serve per mascherare il fatto che il lodo è una legge ad personam cucita solo addosso a lui per salvarlo dai suoi processi. Anzi, in un'intervista alla Frankfurter Allgemeine ha avuto anche l'impudenza di dichiarare di non essere stato lui a chiederlo e di non averne bisogno. Tant'è che Napolitano ha dovuto dichiarare a sua volta la sua estraneità al lodo per non restare lui alla fine col cerino in mano. Ma al tempo stesso con ciò il neoduce si è preparato anche la strada per altri 7 anni di impunità, dopo i 3 che gli spettano in questa legislatura, se gli riuscirà di farsi eleggere al Quirinale. Inoltre nel nuovo Lodo Alfano, combinato con l'emendamento Vizzini, c'è uno stravolgimento presidenzialista della Costituzione, già denunciato da diversi costituzionalisti, perché di fatto si eleva la carica di presidente del Consiglio da primo tra i ministri (primus inter pares), nominato dal capo dello Stato (art. 92), a primo sopra i ministri (primus super pares) e con lo stesso rango del capo dello Stato: una figura istituzionale del tutto inventata, non prevista nella Costituzione, che trarrebbe legittimazione direttamente "dal popolo" semplicemente, perché secondo il nuovo Mussolini e i suoi tirapiedi neofascisti, il suo nome è stampato sulla scheda elettorale della coalizione vincente. A tale stravolgimento presidenzialista contribuisce, paradossalmente, sia l'aver escluso i ministri dallo scudo (ciò che per contrasto fa del premier una figura a loro superiore), sia l'aver equiparato il premier e il capo dello Stato rispetto alla procedura di votazione parlamentare sulla sospensione dei processi. Infatti attualmente le procedure per la messa in stato d'accusa in parlamento sono assai diverse per le due cariche: fermo restando che entrambi sono processabili dalla magistratura per reati comuni, come qualsiasi altro cittadino, quella per il premier e i ministri, e solo per reati compiuti nell'esercizio delle loro funzioni, è regolata dall'art. 96, e avviene a maggioranza semplice. Quella per il presidente è regolata dall'art.90, richiede la maggioranza assoluta dei membri del parlamento e può essere chiesta solo per i casi di alto tradimento e attentato alla Costituzione. Con l'emendamento Vizzini lo scudo scatta invece per tutti e due, per tutti i reati e con una votazione a maggioranza semplice. Ma non basta. La votazione a maggioranza semplice può costituire anche una formidabile arma in mano a PDL e Lega per ricattare e condizionare Napolitano, qualora qualche magistrato teleguidato dal neoduce lo mettesse sotto inchiesta. Un trucchetto che gli uomini di Berlusconi avevano già provato a far passare qualche mese fa quando i rapporti tra Palazzo Chigi e il Quirinale erano più tesi, e al quale il PD cercò di mettere una pezza peggiore del buco, tentando cioè di presentare un emendamento che assegnava a Napolitano un superscudo da qualsiasi reato penale anche al di fuori del casi previsti dall'art. 90. Intervento e ritirata di Napolitano È per quest'ultimo aspetto, mentre finora non aveva trovato nulla da ridire sull'impianto palesemente anticostituzionale e golpista dell'intero Lodo Alfano, che Napolitano si è allarmato e si è deciso ad intervenire con una lettera a Vizzini in cui ha fatto presente che l'emendamento approvato in Senato riduce l'indipendenza del capo dello Stato perché contrasta con l'art. 90 della Costituzione e appare viziato "da palese irragionevolezza nella parte in cui consente al parlamento in seduta comune di far valere asserite responsabilità penali del presidente della Repubblica a maggioranza semplice anche per atti diversi dalle fattispecie previste dal citato articolo 90". Intervento che ha fatto andare su tutte le furie il neoduce, il quale ha dichiarato con la solita faccia tosta che sarebbe quasi tentato di ritirare il Lodo, visto che nessuno lo vuole e lui non ne ha bisogno perché è "innocente". Ma ha subito aggiunto che in cambio vuole garanzie che la Consulta non gli bocci il "legittimo impedimento". Intanto però i suoi scagnozzi, Gasparri e Cicchitto in testa, facendo orecchie da mercante alla dichiarazione puramente retorica del loro boss, hanno già annunciato che presenteranno subito una modifica al lodo che terrà conto dei rilievi di Napolitano, magari tornando alla formula della sospensione automatica dei processi, e che sono sempre più decisi a farlo approvare a tambur battente almeno dal Senato. Da parte sua, soddisfatto della precisazione dei due capigruppo del PDL, Napolitano si è subito precipitato a gettare acqua sul fuoco con una nuova dichiarazione in cui ha smentito "le soggettive interpretazioni e le generalizzazioni" delle sue parole e ha ribadito di non avere alcuna volontà di affossare il Lodo Alfano, dal momento che "le conseguenze politiche che taluni annunciano di voler trarre, sono del tutto estranee agli intendimenti del presidente della Repubblica". Con ciò il nuovo Vittorio Emanuele III ha ridato di nuovo disco verde al nuovo Mussolini, senza fare da sponda a Fini che si era appoggiato al suo intervento per annunciare che seppur retroattivo il Lodo non può essere anche reiterabile, così da tenere Berlusconi sulla corda e riguadagnare i consensi perduti tra i suoi sostenitori. E anche per strizzare l'occhio al PD, che con Bersani aveva annunciato le "barricate" in parlamento contro il Lodo Alfano, ma in concreto si è limitato per ora solo a dichiarare che il governo "farebbe bene a ritirare al più presto quel disegno di legge". Mentre intanto il nuovo Mussolini non solo se ne infischia delle sue dichiarazioni di guerra all'acqua di rose e tira dritto sul lodo, ma annuncia anche che ripresenterà la legge-bavaglio sulle intercettazioni e che a giorni sarà pronta la controriforma della Giustizia per "spezzare le reni" ai magistrati. 27 ottobre 2010 |