Il "processo breve" approvato dal Senato Golpe istituzionale per salvare Berlusconi I magistrati: Così si distrugge la giustizia e si moltiplicano gli impuniti Alfano accelera anche su Csm e intercettazioni Il 20 gennaio scorso nell'aula del Senato nero si è consumato l'ennesimo golpe istituzionale per sottrarre Berlusconi alla giustizia. Con 163 voti a favore, 130 no e due astensioni la maggioranza ha approvato a passo di carica il cosiddetto "processo breve", che per far cadere in prescrizione i due processi Mills e Mediaset in cui è coinvolto il neoduce ne ammazza decine, forse centinaia di migliaia di altri. Tali infatti sarebbero le conseguenze del micidiale congegno studiato ad hoc dagli uomini del premier, che azzerano i processi in corso per tutti i reati compresi nell'indulto del 2006 se sono trascorsi più di due anni dal rinvio a giudizio. Tra cui rientrano ovviamente i due suddetti procedimenti. Il devastante disegno di legge è stato subito inviato alla Camera, pronto per essere approvato in ogni evenienza a un sol cenno di comando del nuovo Mussolini, che intanto punta a ottenere anche la legge sul "legittimo impedimento" per ritardare i processi in attesa di un nuovo lodo Alfano da approvare con legge costituzionale. Dure e immediate sono state le reazioni dell'Associazione nazionale magistrati: "È la resa dello Stato di fronte alla criminalità", ha commentato indignato il suo segretario Giuseppe Cascini. "Per reagire alla pretesa persecuzione giudiziaria - ha aggiunto il magistrato - la maggioranza e il governo decidono di distruggere l'intera giustizia penale in Italia. Si stanno mettendo in discussione le fondamenta dello Stato democratico". Il "processo breve" - ha dichiarato a sua volta il presidente dell'Anm Luca Palamara a Sky Tg24 - "rischia di mettere in ginocchio la già disastrata macchina della giustizia". Con esso "non si dà giustizia alle vittime del reato", mentre si rischia di "dare impunità a chi ha commesso fatti delittuosi". Le priorità sono altre, ha spiegato Palamara: "Prima di porre dei paletti alla durata dei processi servono altre riforme urgenti, come la revisione delle circoscrizioni giudiziarie. E poi bisogna dotare la macchina giudiziaria di risorse materiali e umane". Ma il neoduce e i suoi tirapiedi se ne sbattono altamente di queste drammatiche denunce, e anzi alzano ancora di più la posta in gioco. Berlusconi ha detto di non essere ancora soddisfatto del "processo breve", perché se "ha il vantaggio di avere tempi certi" è "ancora troppo lungo". E chi lo accusa di essere una legge ad personam "è intellettualmente disonesto", perché "non si tratta di problemi di Berlusconi, ma semmai di aggressioni giudiziarie a Berlusconi e al presidente del Consiglio". I processi Mediaset e Mills, ha aggiunto il neoduce, "sono totalmente infondati. Sono delle vere e proprie calunnie inventate". Per cui egli non ha nessuna intenzione di andare alle udienze, "perché se andassi mi troverei di fronte non delle corti giudicanti, ma dei plotoni di esecuzione". E il suo gerarca alla Giustizia, Angelino Alfano, dopo aver definito con la consueta arroganza "plateali mistificazioni" le denunce dell'Anm, ha rincarato la dose annunciando un'accelerazione sulla controriforma del Consiglio superiore della magistratura e sulla legge sulle intercettazioni attualmente in sonno ma non certo accantonata: "va ripensata adeguatamente la struttura, la composizione e la funzione del Csm, ben oltre l'esigenza di innovarne il sistema elettorale, che può essere modificato con legge ordinaria", ha ringhiato infatti minacciosamente il Guardasigilli neofascista. L'arroganza della coalizione fascio-leghista è ancor più attizzata dalla facilità con cui il golpe è potuto passare in Senato, che va al di là della sua stessa maggioranza numerica. Nelle votazioni a scrutinio segreto, infatti, per tre volte ha ottenuto cinque voti in più provenienti dalle file dell'"opposizione". Ci sono poi altri segnali che spianano la strada alle pretese del neoduce, come il vergognoso disegno di legge firmato dalla PD Franca Chiaromonte (non sconfessata dalla direzione del suo partito), insieme al Pdl Compagna, per ripristinare l'immunità parlamentare, le aperture alle "riforme istituzionali" ostinatamente reiterate dal rinnegato Violante, la non pregiudiziale opposizione del PD (vedi le dichiarazioni di D'Alema al CdS) a un nuovo lodo Alfano costituzionale, e così via. Tutte cose che fanno andare in brodo di giuggiole il gerarca Quagliariello, che dopo il voto in Senato ha così esultato: "Tutto ci favorisce: Napolitano su Craxi, il PD che vira sull'immunità ed era favorevole pure al decreto Consulta, i voti segreti in aula convergenti con noi, siamo sulla strada giusta". Ottenuto il primo timbro al "processo breve" in Senato il neoduce lo ha depositato subito alla Camera, come una pistola carica pronta a sparare nel caso la Cassazione si pronunci negativamente sull'annullamento della sentenza Mills il prossimo 25 febbraio. Intanto, nell'eventualità futura che il "processo breve" venga stoppato da un'altra sentenza di incostituzionalità, il nuovo Mussolini si concentra sul disegno di legge sul "legittimo impedimento" in discussione da questa settimana alla Camera. La sua approvazione gli consentirebbe di sospendere per ben 18 mesi i processi che lo riguardano accampando improrogabili "impegni istituzionali". In questo periodo ci sarebbe tutto il tempo per far approvare, anche eventualmente dovesse essere sottoposta a referendum, una legge costituzionale che gli eviti i processi per tutto il resto della legislatura. A ben vedere è questo il suo vero disegno, e il "processo breve", con le sue conseguenze devastanti, è l'arma puntata che gli serve da ricatto per ottenere quale "riduzione del danno" un nuovo lodo Alfano. Non a caso ora anche l'ex presidente Scalfaro si è dichiarato favorevole ad uno "scudo" per le più alte cariche dello Stato. Se non sarà certo l'opposizione di burro del PD a fermarlo, vano è anche chiedere che Napolitano non firmi il "processo breve", come fa Di Pietro. Al rinnegato del Quirinale basterà qualche ritocco formale sugli aspetti anticostituzionali più stridenti per avallarlo, cosa su cui Fini sta alacremente mediando col cavaliere piduista. Quel che ci vuole allora è la piazza. Solo la mobilitazione di piazza può impedire, facendolo cadere insieme al suo governo neofascista, che il neoduce porti a compimento il suo nero disegno golpista. 27 gennaio 2010 |