Un golpe istituzionale compiuto da PDL, PD e Terzo polo, e ispirato da Napolitano e Monti L'introduzione del pareggio di bilancio ha stravolto la Costituzione del '48 Costituzionalizzato il liberismo. D'ora in poi comanderà il capitale finanziario. Colpiti a morte i diritti sociali. Precluso il referendum confermativo Dal capitalismo si esce solo col socialismo Un altro golpe istituzionale si è compiuto: il 17 aprile il Senato nero ha approvato in quarta e ultima lettura il disegno di legge che inserisce il vincolo del pareggio di bilancio nella Costituzione. L'approvazione è avvenuta a stragrande maggioranza, con 235 sì contro 11 no e 34 astensioni, il che vuol dire che la modifica è già definitiva, poiché avendo superato la maggioranza dei due terzi dei componenti l'aula (214 su 320 senatori) richiesta dall'art. 138 per le modifiche costituzionali, non potrà essere chiesto un referendum popolare confermativo per impedirne l'entrata in vigore. Come per le altre tre votazioni precedenti anche quest'ultimo passaggio parlamentare è stato sbrigato in gran fretta e nel più totale e compiacente silenzio dei mass-media di regime. Mai una modifica così radicale alla Costituzione, che manomette ben 4 suoi articoli, l'81, il 97, il 117 e il 119, era stata approvata in tempi così rapidi e con una maggioranza così schiacciante, tale da non dar luogo a referendum. Se si pensa che tra la prima (29 novembre 2011) e la quarta e ultima votazione (17 aprile 2012) sono passati poco più di 4 mesi, e che la prima proposta di inserire il pareggio di bilancio nella Costituzione fu annunciata da Berlusconi nella lettera di risposta alle richieste ultimative della Unione europea e della Banca centrale europea nell'agosto scorso, c'è da rimanere sbalorditi per la rapidità e l'unanimità con cui questo nuovo e più grave stravolgimento della Costituzione del '48 è stato concepito e attuato. Un golpe istituzionale che non sarebbe riuscito tanto facilmente all'allora governo Berlusconi-Tremonti e alla maggioranza neofascista PDL-Lega, è riuscito invece con una rapidità impressionante al governo Monti, sotto il ricatto dei mercati finanziari e della Ue, grazie alla plebiscitaria maggioranza PDL-PD-Terzo polo di cui dispone in parlamento e sotto lo sprone incalzante del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano. E per di più lavorando alla chetichella, per non destare l'allarme delle masse, tenute del tutto all'oscuro di quanto si andava preparando, pur essendone le vittime predestinate. È così che un governo di tecnocrati liberisti borghesi senza alcuna legittimazione elettorale e un parlamento fatto di politicanti borghesi nominati dai partiti del regime neofascista, di corrotti e di inquisiti, completamente sordi anche agli appelli provenienti da centinaia di economisti, giuristi, insegnanti e semplici democratici, come il "manifesto dei 500" inviato ai deputati e senatori del PD e dell'IDV con l'invito a votare no o almeno a consentire il referendum, si sono arrogati il diritto di cambiare in gran segreto la Costituzione alle spalle del popolo; al quale è stata negata perfino la possibilità di esprimere con il referendum il suo parere su una decisione destinata a pesare negativamente sulla sua vita e su quelle delle generazioni future. Il liberismo come legge suprema dello Stato Come abbiamo già trattato dettagliatamente sui numeri 45/2011 e 11/2012 de Il Bolscevico, questa modifica costituzionale equivale infatti ad elevare il liberismo economico a legge fondamentale e suprema dello Stato, superiore allo stesso diritto/dovere dei governi di scegliere liberamente le politiche economiche più rispondenti alle necessità sociali e al bene del Paese: in particolare quelle sancite dalla Costituzione nel gruppo di articoli dal 32 al 38 che coinvolgono irrinunciabili diritti sociali, come quello alla salute, allo studio, al lavoro, all'assistenza ai disabili, e così via; ma anche per tutta una serie di interventi vitali per la collettività, come la difesa e la messa in sicurezza del territorio, la tutela e la fornitura dei beni pubblici primari come l'acqua, l'energia, i trasporti pubblici, ecc. D'ora in poi, come recita il nuovo art. 81 della Costituzione, tutto questo sarà secondario rispetto all'obbligo per lo Stato e per la pubblica amministrazione (quindi anche regioni, province e comuni) di assicurare "l'equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio"; e l'eventuale ricorso all'indebitamento per far fronte alle necessità vitali della popolazione sarà consentito "solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali". D'ora in avanti sarà quindi la logica del "fiscal compact", cioè del patto di rientro coatto dal debito, firmato il 2 marzo scorso da 25 su 27 governi della Ue, a dettare la politica economica degli Stati europei compreso il nostro. Quel patto che ci obbliga a rientrare dal debito in ragione del 5% l'anno, che equivale a una stangata da 50 miliardi di euro ogni anno. Con l'aggravante, rispetto ad altri paesi firmatari, che l'Italia ha inserito questo devastante programma nella sua stessa Costituzione, così da impedire qualsiasi possibilità di una sua rimessa in discussione futura. In altre parole d'ora in avanti, anche ufficialmente, saranno solo i mercati finanziari internazionali e la Ue, cioè la Commissione europea, la Corte europea e la Bce, a decidere la politica economica e sociale del nostro Paese e le regole liberiste dominanti a cui dovranno sottostare i diritti, le necessità vitali e il destino delle masse popolari. E il parlamento è ridotto a mero organo di ratifica di decisioni prese altrove, a Bruxelles, nelle capitali della speculazione finanziaria e nei centri massonici internazionali, dove si prendono decisioni sopra la testa delle singole nazioni e dei singoli popoli. Cadono i veli della democrazia borghese Cosa resta, allora, della stessa "sovranità popolare" di cui la classe dominante borghese si riempie la bocca per nascondere la sua nera dittatura di classe? Se cade perfino quest'ultimo orpello della democrazia liberale borghese ed appare solo il potere assoluto e inappellabile del grande capitale finanziario internazionale? Grazie a questo nuovo stravolgimento di una Costituzione già ridotta a un colabrodo in molti suoi punti, in Italia il liberismo assurge a principio costituzionale e trionfa su tutto, di nome e di fatto, distruggendo ciò che resta dello "Stato sociale" in nome del pareggio di bilancio e archiviando per sempre quello stesso keynesismo che in passato molti governi capitalistici, a partire dagli anni '30, avevano adottato come politica economica di riserva per uscire dai periodi di crisi e di stagnazione. Ovvero, quella dottrina economica di ispirazione socialdemocratica secondo la quale lo Stato interviene in prima persona nel governo dell'economia, anche ricorrendo all'indebitamento temporaneo, per finanziare gli investimenti e la ripresa, e che una parte degli economisti borghesi continua ancora a consigliare ai governi occidentali, come i 5 premi Nobel che hanno firmato una lettera in tal senso a Obama. Ora in Italia non sarà più possibile che i governi si avvalgano di questa opzione, neanche se lo volessero. Gli è che il grande capitale finanziario dominante non vuole alcun vincolo alla sua espansione incontrollata, neanche nella forma blandamente "statalista" di tipo keynesiano, e perciò pretende, riuscendoci, di imporre il liberismo dappertutto e a tutti i livelli, meglio ancora se codificato addirittura nelle leggi e nelle Costituzioni degli Stati. Il quadro sarà completo quando prima o poi sarà stato cambiato anche l'art. 41 della Costituzione, come avevano già iniziato a fare Berlusconi e Tremonti, col che sarà stato espunto dalla Carta del '48 ogni riferimento anche solo formale dell'economia all'"interesse sociale e pubblico". Stando così le cose appare sempre più illusorio e assurdo sperare di poter contrastare il liberismo e il capitalismo con l'inconsistente e fallimentare riformismo di sinistra vecchio e "nuovo", o appellandosi a una Costituzione borghese ormai ridotta a carta straccia. Nel capitalismo non c'è mai stato, e men che meno ci può essere oggi, alcun futuro per i lavoratori, i pensionati, i giovani, le donne e tutte le masse popolari sfruttate e oppresse, ma solo altri sacrifici, sudore e sangue. Dal capitalismo si esce solo con il socialismo, o altrimenti siamo destinati a subire la macelleria sociale permanente dei governi sempre più liberisti, neofascisti e antipopolari messi in piedi dalla classe dominante borghese in camicia nera per uscire dalla crisi economica e finanziaria del capitalismo scaricandola sulla classe operaia e le masse popolari. 26 aprile 2012 |