Con un emendamento della Lega votato anche dal PDL e da una cinquantina di "franchi tiratori" del PD e del Terzo polo Golpe piduista alla Camera nera sulla responsabilità civile dei giudici Il governo Monti e la "sinistra" borghese accettano il fatto compiuto. L'ANM: "una mostruosità giuridica per intimidire i magistrati che il Senato dovrà cancellare" Quello che non era riuscito al governo del neoduce Berlusconi è successo con il governo del tecnocrate borghese Monti sponsorizzato dal rinnegato Napolitano e tenuto in piedi dal PD: il 2 febbraio, con un blitz a scrutinio segreto alla Camera nera, è passato un emendamento della Lega sulla responsabilità civile dei giudici che attua uno dei punti cardine del programma della P2 attentando gravemente all'indipendenza dei magistrati. L'attacco è stato sferrato dalla Lega, attraverso un emendamento alla legge Comunitaria 2011 presentato dal maroniano Gianluca Pini, lo stesso che tentò un identico blitz a giugno dell'anno scorso, che però allora non ebbe successo. Con questo emendamento, con la motivazione capziosa che "è l'Europa che ce lo chiede", è stato aggiunto alla legge che recepisce alcune norme comunitarie un articolo, il 30 bis, che amplia la responsabilità civile dei giudici prevista dalla legge Vassalli del 1988 in caso di "dolo o colpa grave" nell'emissione di una sentenza riconosciuta errata. Al dolo e alla colpa grave viene aggiunto infatti anche il caso di "violazione manifesta del diritto", una formulazione che apre le porte a una possibilità di impugnazioni virtualmente illimitata per imputati "eccellenti" dotati di mezzi e avvocati adeguati, poiché investe l'interpretazione stessa delle leggi da parte del giudice. Inoltre, a differenza della normativa attuale con cui il cittadino viene risarcito dallo Stato, il quale poi si rivale sul magistrato con una pesante sanzione pecuniaria, l'imputato che si ritiene ingiustamente condannato può rivalersi anche direttamente contro il giudice, oltre che contro lo Stato. Il che rafforza ulteriormente i gravi elementi di dissuasione e intimidazione preventivi già contenuti nell'estensione della casistica alla "manifesta violazione del diritto", e capaci perciò di minare alla base l'autonomia di giudizio del magistrato. Quale pm si sentirà più di inquisire, e quale giudice si sentirà più di condannare un politico o un imprenditore ricco e influente, sapendo in partenza di rischiare probabili sanzioni milionarie? E quale giudice si arrischierà più a tentare interpretazioni coraggiose di leggi, come quelle per esempio che dovrebbero tutelare la sicurezza sul lavoro (vedi strage della Thyssen), invece di scegliere la via più comoda e meno rischiosa dell'applicazione pedissequa e ripetitiva di sentenze già ampiamente confermate dalla giurisprudenza passata? È forse un caso che la responsabilità civile dei magistrati così definita compaia anche nel "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli per sottomettere la magistratura al potere esecutivo? Vendetta del parlamento nero contro i magistrati Ma ciò che rende ancor più grave e allarmante questo colpo di mano è anche il modo con cui è stato messo a segno: non soltanto perché i 6 deputati radicali, eletti in parlamento nelle liste del PD, hanno ancora una volta retto il sacco alla destra neofascista, appoggiando dichiaratamente l'emendamento leghista e facendo da mosche cocchiere per trainare la voglia di vendetta di un parlamento nero pieno di inquisiti, ladri, corrotti e mafiosi, nei confronti dei magistrati troppo impiccioni; non soltanto perché, pur essendosi il governo pronunciato contro l'emendamento, e così abbiano fatto ufficialmente tutti i partiti che lo sostengono, i deputati del PDL hanno invece votato in massa a favore del provvedimento, rendendo palese che l'asse tra il partito del neoduce e quello di Bossi e Maroni è ancora ben vivo e operante al di là delle dichiarazioni ufficiali, e che riemerge inossidabile ogni volta che sono in ballo le questioni che contano - si tratti di spartirsi il controllo della Rai o di assestare un colpo ai magistrati - come le disgustose scene di tripudio nei banchi della destra dell'aula hanno eloquentemente mostrato; ma anche perché se l'emendamento leghista è potuto passare è anche grazie a una cinquantina di voti di "franchi tiratori" annidati tra i banchi del centro e della sinistra dell'emiciclo, tra cui diversi provenienti sicuramente anche dal PD. Su 476 presenti l'emendamento è passato infatti con 264 voti a favore contro 211 contrari e un astenuto. Sulla carta, escludendo Lega, PDL, il gruppo dei "Responsabili" e i radicali, i no di PD, Terzo polo e IDV avrebbero dovuto essere almeno 245, quindi come minimo sono 34 i no che sono mancati all'appello e che hanno fatto capovolgere il risultato. E questo è un fatto incontrovertibile, malgrado che il liberale Bersani abbia cercato di addossarne tutta la colpa agli altri partiti, definendo "una cazzata" l'ipotesi che vi fossero stati dei "franchi tiratori" tra le file del PD. Smentito peraltro dal suo principale "partner" della maggioranza, Angelino Alfano, che senza preoccuparsi di nascondere la soddisfazione, pur avendo dato ufficialmente indicazione di votare no ai suoi parlamentari, così commentava trionfante su Twitter il voto di Montecitorio: "A sinistra grande indignazione, però a scrutinio segreto almeno 50 di loro hanno votato a favore della norma. Chi sbaglia paga, anche i magistrati". "Dopo il voto di oggi è evidente che esiste una P2 parlamentare", ha dichiarato invece Antonio Di Pietro. "C'è una maggioranza alla Camera - ha aggiunto il leader dell'IDV richiamando a quanto pare la coincidenza con lo scandalo dei milioni rubati dal senatore PD ed ex Margherita, Lusi - che non ha il coraggio di farsi vedere e si nasconde dietro il voto segreto. E opera una vendetta proprio nel giorno in cui si sarebbe dovuto parlare, magari, di riforma della legge sui rimborsi elettorali". Durissime le reazioni dell'Associazione nazionale magistrati (ANM), che ha messo all'ordine del giorno la decisione su un possibile sciopero delle toghe se la norma, definita "incostituzionale", un "atto di piena ritorsione contro la magistratura" e "una mostruosità giuridica" dal suo segretario, Giuseppe Cascini, non verrà ritirata al Senato. Anche per il presidente dell'ANM "questo emendamento va tolto di mezzo", e perfino il presidente della Cassazione, Lupo, sottolinea che "la responsabilità del giudice limita sempre l'indipendenza, è fuori di dubbio". Il perché lo spiega bene il procuratore aggiunto di Roma e membro del "parlamentino" dell'ANM, Nello Rossi, facendo notare in un'intervista a la Repubblica del 3 febbraio che nell'attuale legge si specifica che nel ricorrere contro un giudice "per dolo o colpa grave nell'esercizio del sue funzioni ovvero per diniego di giustizia", non può in ogni caso "dar luogo a responsabilità l'attività d'interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove": principio che viene invece capovolto con l'emendamento Pini, col quale si intende evidentemente - sottolinea il pm - "aprire la strada ad un numero potenzialmente illimitato di giudizi per responsabilità civile contro i magistrati. Pensiamo agli imputati eccellenti o milionari ansiosi di farla pagare ai propri accusatori e, in caso di condanna, ai propri giudici". Le gravi responsabilità della "sinistra" borghese Tanto dura e allarmata la reazione dei magistrati quanto debole e ridicola quella del PD, che pure porta la responsabilità principale di questo golpe piduista, come minimo per averlo sottovalutato con criminale leggerezza, nonostante le avvisaglie fossero state già chiare almeno fin dal giorno precedente. Invece Bersani e Franceschini si sono fidati scioccamente delle rassicurazioni ufficiali del governo e del PDL che non avrebbero fatto passare l'emendamento. Decine di deputati del PD non si sono neanche presentati in aula, compreso, chissà perché, il rinnegato D'Alema. Nemmeno hanno protestato quando il fascista ripulito Fini non ha voluto concedere il voto palese reclamato da un parlamentare dell'IDV. E per finire, dopo essere stati così clamorosamente gabbati, hanno anche votato la legge Comunitaria "cavallo di Troia" della responsabilità civile dei giudici: "per senso di responsabilità, ma è stata dura", si è giustificato il capogruppo del PD, Franceschini. "Non possiamo assistere ad una situazione in cui rispunti la vecchia maggioranza. Il governo chiarisca, non può esserci chi è leale e chi si prende queste libertà", si è limitato a bofonchiare a sua volta il liberale Bersani. Che poi è andato a lamentarsi da Napolitano piagnucolando che "noi continuiamo a votare misure che non ci convincono al cento per cento. Per lealtà al governo. Il PDL invece ricrea alleanze con la Lega e vota contro l'esecutivo com'è successo sulla responsabilità civile dei giudici. È un atteggiamento pericoloso. Mette in difficoltà noi e Monti". Ma più di questo si è guardato bene dal fare. Anzi, è apparso subito chiaro che la sua linea è quella di accettare il fatto compiuto e cercare al massimo di metterci una toppa al Senato per salvare in qualche modo la faccia, come si è capito dalle dichiarazioni della capogruppo PD a Palazzo Madama, Anna Finocchiaro: "La norma è sbagliata. Inopportuna, intimidatoria, forse incostituzionale. Va cambiata". Cioè non respinta del tutto, ma solo "aggiustata" per rendere più digeribile il rospo da ingoiare. Del resto non pare proprio che, come dice Bersani, il governo Monti si sia sentito messo in difficoltà da questo voto, stando se non altro alla ministra della Giustizia, Paola Severino, che si è limitata a commentare seraficamente: "Il parlamento ha votato ed è sovrano, ma confidiamo che in seconda lettura si possa discutere qualche miglioramento perché interventi spot su questa materia possono rendere poco armonioso (sic) il quadro complessivo". Dunque non c'è nessuna intenzione, né da parte della "sinistra" borghese né tanto meno da parte del governo, di sbarrare la strada alla maggioranza trasversale piduista e difendere i magistrati, ma si dà ormai il golpe per acquisito e si negozia solo per una sua eventuale edulcorazione, anche perché al Senato la maggioranza fascio-leghista è ancora più schiacciante che alla Camera. Non è difficile, inoltre, scorgere in questo colpo di mano della vecchia maggioranza, un segnale del nuovo clima di intesa idilliaca che si è instaurato, con la benedizione del nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano, tra il nuovo Mussolini e il tecnocrate borghese Monti, che fanno ormai a gara nel rivolgersi complimenti e riconoscimenti reciproci, e che stanno facendo asse per stringere alle corde il rimbambito e arrendevole Bersani per farlo capitolare anche sull'articolo 18. C'è da scommettere che tra i due furboni e Napolitano (non per nulla il neoduce ha avuto un incontro riservato al Quirinale da lui definito "molto costruttivo, molto positivo") sia stato stretto un patto segreto in cui in cambio di lasciar governare Monti fino al 2013 il neoduce avrà avuto garanzie di impunità nei suoi processi in corso e sull'intangibilità del suo monopolio mediatico. 8 febbraio 2012 |