Gravissima corresponsabilità del nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano firma il golpe salvaliste Pdl È ora di abbattere il nuovo Mussolini Il decreto di venerdì 5 marzo con cui il governo neofascista Berlusconi ha cambiato d'imperio le regole elettorali per salvare le liste del Pdl in Lombardia e nel Lazio, avallato da Napolitano con la sua firma, è un golpe istituzionale che spinge ulteriormente il Paese nella terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista, razzista e interventista. Questo decreto governativo, ipocritamente definito "interpretativo" per camuffare la sua palese incostituzionalità rilevata anche da numerosi studiosi di diritto costituzionale, cambia le regole elettorali mentre la competizione elettorale è in corso e con effetto retroattivo, unicamente per riammettere le liste dello stesso partito che guida il governo che lo ha varato e che è il solo e diretto responsabile delle irregolarità che hanno determinato la loro esclusione nelle due regioni suddette: la presentazione della lista Pdl oltre la scadenza dei termini nel caso Lazio, dovuta probabilmente a un maldestro tentativo di modifica all'ultimo momento su pressione dall'alto (si dice del fascista Alemanno e forse dello stesso Berlusconi), e le irregolarità riscontrate nella documentazione della lista Formigoni nel caso della Lombardia, in cui sembra che vi fossero perfino delle firme contraffatte, poi riammessa dal Tar lombardo prima dell'entrata in vigore del decreto. Ma la gravità di questo provvedimento va molto al di là delle sue pur scandalose caratteristiche di iniquità e anticostituzionalità. Esso si configura come un atto golpista perché sancisce una sorta di diritto del governo di cambiare le regole "formali" della democrazia borghese qualora esse siano di intralcio o in conflitto con i presunti interessi e diritti "sostanziali" della "gente": nel caso specifico quelli degli elettori del Pdl, presi a pretesto dallo stesso governo Berlusconi per compiere questo atto di stampo mussoliniano arrogante e intollerabile. Ma con ciò è stato creato un pericolosissimo precedente che potrà essere replicato in futuro per stravolgere leggi e regolamenti per ogni materia e ogni qual volta ciò farà comodo al neoduce e alla sua banda di fascisti e neofascisti, corrotti e mafiosi. Ecco come il nuovo Mussolini, in un collegamento telefonico con una manifestazione del Pdl in Campania dopo il varo del decreto salvaliste, ha fatto balenare ai suoi amici camorristi, speculatori e corrotti quali potrebbero essere gli invitanti scenari che si aprirebbero applicando la sua logica stravolgi-regole in tutti i campi: "Con noi al governo nelle giunte regionali ci sarebbe una sintonia con il governo nazionale ed un'ampia collaborazione. Sarebbe possibile quindi attuare quel Piano Casa che tutti attendono, snellire le procedure burocratiche, diminuire le tasse e riuscire ad ottenere l'apertura delle imprese in un solo giorno". Ma soprattutto la gravità di questa vicenda consiste nel fatto che grazie ad essa il nuovo Mussolini è riuscito a compiere e vincere un'altra delle sue prove di forza contro la Costituzione formale, del resto ormai ridotta a brandelli, avvicinando di un altro passo la sua sostituzione ufficiale con l'altra "materiale" di stampo fascista, presidenzialista, federalista e piduista già in vigore di fatto. Ancora una volta, emulando il suo maestro Mussolini dopo il delitto Matteotti, piegando ai suoi voleri il nuovo Vittorio Emanuele III del Quirinale e approfittando della crisi dell'imbelle, stordita e rinunciataria "sinistra" borghese, egli è riuscito a trasformare una situazione in apparenza per lui negativa in un'altra spallata a destra alle regole della democrazia borghese e a rafforzare il suo potere dittatoriale sul regime neofascista. E tutto ciò con un'arroganza e una sfrontatezza senza limiti, senza neanche prendersi il disturbo di chiedere scusa a nome del suo partito per aver causato questa situazione incredibile, ma anzi addossandone la colpa all'"opposizione" e ai giudici "comunisti" e rivendicando il diritto di stravolgere a suo uso e consumo le regole elettorali come una sorta di giusto risarcimento. Le ipocrite giustificazioni di Napolitano Ecco di che cosa si è reso gravemente corresponsabile il rinnegato Napolitano firmando il decreto salvaliste del neoduce, e perché si merita l'appellativo di nuovo Vittorio Emanuele III. Nella risposta pubblica che ha dato alle lettere di due cittadini, una contraria e una favorevole alla firma, traspare tutta l'ipocrisia con cui cerca di coprire il suo avallo al golpe istituzionale del nuovo Mussolini: dice che "erano in gioco due interessi o 'beni' entrambi meritevoli di tutela: il rispetto delle norme e delle procedure previste dalla legge e il diritto dei cittadini di scegliere col voto tra programmi e schieramenti alternativi". Ma allora che razza di arbitro è se ha scelto di tutelare solo il secondo e di sacrificare il primo? E perché si è preoccupato solo degli elettori del partito di maggioranza e non anche di quelli di tutte le altre liste escluse per irregolarità varie? Non avendo altro argomento per motivare l'abdicazione al suo ruolo istituzionale di fronte all'arrogante ultimatum che il neoduce è andato a intimargli direttamente al Quirinale insieme ai suoi sgherri la sera del 4 marzo, Napolitano si attacca alla tesi del "male minore", opportunamente suggeritagli dal presidente della Camera Fini (imitato dal rinnegato D'Alema, a detta del quale Napolitano "non poteva non firmare"), e cerca di far intendere che in questo modo è riuscito a evitare un provvedimento ancor peggiore del decreto "interpretativo" varato il giorno dopo dal Consiglio dei ministri: "Diversamente dalla bozza di decreto prospettatami dal governo in un teso incontro giovedì sera, il testo successivamente elaborato dal Ministero dell'Interno e dalla Presidenza del consiglio dei ministri non ha presentato a mio avviso evidenti vizi di incostituzionalità", si giustifica il capo dello Stato facendo capire l'asprezza del faccia a faccia con Berlusconi. Ma allora perché il giorno dopo ha firmato senza fiatare un provvedimento che nella sostanza ottiene lo stesso risultato di quello che avrebbe rifiutato la sera prima durante il "teso incontro"? Quantomeno significa che ha ceduto a un ricatto del neoduce, vuoi la minaccia di sollevare un conflitto istituzionale, vuoi quella di scatenare la "piazza" fascista. Contentandosi appena di un ridicolo espediente formale (il decreto "interpretativo" e non "Innovativo") per salvare le apparenze e coprire il suo cedimento. Se poi fossero vere le ricostruzioni secondo cui Napolitano avrebbe partecipato via telefono con Palazzo Chigi alla messa a punto del decreto stesso ci sarebbe materia, come sostiene anche Di Pietro, per un "impeachment" del presidente "per aver violato il suo ruolo e le sue funzioni". Le manifestazioni del "Popolo Viola" Del resto il fatto che stavolta la maggioranza fascio-leghista sia tutta un coro nell'esaltare l'"imparzialità" e la "saggezza" di Napolitano, da Bondi a Bossi, da Gasparri a Cicchitto, la dice lunga sul ruolo tutt'altro che fermo e imparziale giocato dall'inquilino del Quirinale in questa vicenda. Solo gli imbelli e rinunciatari vertici del PD fanno ancora finta di crederlo, non avendo il coraggio di smascherare colui che si ostinano ad accreditare agli occhi delle masse come un "garante" della Costituzione ed un "argine" allo strapotere di Berlusconi. Cominciano invece a capirlo sempre più i tanti manifestanti del "popolo viola", gli unici che si sono immediatamente mobilitati nelle piazze contro il golpe berlusconiano: prima attraverso sit-in davanti allo stesso palazzo del Quirinale, invitando Napolitano a non firmare. Poi il sabato, alla notizia della firma, in risposta a un immediato tam-tam sulla rete, scendendo a manifestare a migliaia davanti al parlamento e successivamente in piazza del Pantheon, inalberando cartelli con scritto: "Presidente, non abbiamo capito" e "Presidente, ci spieghi". Le manifestazioni di protesta, molto nutrite e con la richiesta unanime di "dimissioni" del premier golpista, sono proseguite anche la domenica in piazza Navona a Roma e in diverse altre piazze d'Italia, come a Napoli, Firenze, Ferrara, Campobasso, Arezzo, Sassari, Reggio Calabria, Bari, Messina, Pistoia e Pescara. Per sabato 13 è in programma una manifestazione nazionale promossa da tutti i partiti della "sinistra" borghese. Tutti i democratici e gli antifascisti dovrebbero parteciparvi. Il PMLI lo farà, tenendo però ferme le sue posizioni sul governo e il regime e a favore del socialismo. La strada della piazza è quella giusta da seguire se si vuol sconfiggere il nuovo Mussolini prima che riesca a completare la macelleria sociale del suo programma di governo e il suo disegno fascista, presidenzialista e piduista di terza repubblica. Occorre cioè muovere la piazza e scatenare una serie incessante di lotte e di manifestazioni, fino a un grande sciopero nazionale di otto ore con manifestazione sotto le finestre di Palazzo Chigi per abbattere il neoduce Berlusconi e il suo governo neofascista, golpista, razzista e mafioso. Con la consapevolezza che non siamo di fronte a un semplice "abuso di potere" e che l'alternativa non è tra "costituzionalismo e autoritarismo strisciante", come scrive il manifesto trotzkista del 6 marzo, ma che siamo invece di fronte a un atto golpista in piena regola e che l'alternativa è tra il regime neofascista, di cui Berlusconi è il suo nuovo Mussolini, e l'Italia unita, rossa e socialista. In ogni caso il decreto salvaliste va affossato! 10 marzo 2010 |