In campo sindacale e del lavoro Il governo Berlusconi attua il piano della P2 e si ispira alla "Carta del lavoro" fascista Quando noi del PMLI denunciamo passo dopo passo il governo del neoduce Berlusconi che sta attuando la terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista, quando denunciamo i suoi provvedimenti in campo economico, sociale, del lavoro e sindacale, di cui la legge antisciopero fa parte, come neocorporativi e neofascisti, quando sosteniamo che questi provvedimenti si ispirano al piano golpista della P2 di Gelli e alla "Carta del lavoro" di mussoliniana memoria lo facciamo a ragion veduta. "Piano di rinascita democratica" A proposito della rottura tra i sindacati e il tentativo di emarginare la Cgil, messa in essere anche nel recente accordo separato sulla "riforma" della contrattazione ecco cosa si legge nel "Piano di rinascita democratica" della P2 di Gelli. c) sindacati, sia confederali Cisl e Uil, sia autonomi, nella ricerca di un punto di leva per ricondurli alla loro naturale funzione anche a prezzo di una scissione e una successiva costituzione di una libera associazione dei lavoratori. E Ancora: b) ripristinare per tale via il ruolo effettivo del sindacato di collaboratore del fenomeno produttivo, in luogo di quello illegittimamente assunto di interlocutore in vista di decisioni politiche aziendali e governative. b7) nuova legislazione sulla partecipazione dei lavoratori alla proprietà azionaria delle imprese e sulla cogestione (modello tedesco). Circa il diritto di sciopero, sempre nel piano della P2 è scritto: b6) dare attuazione agli articoli 39 e 40 della Costituzione regolando la vita dei sindacati e limitando il diritto di sciopero nel senso di: I) introdurre l'obbligo di preavviso dopo aver esperito il concordato; II) escludere i servizi pubblici essenziali (trasporti, dogane; ospedali e cliniche; imposte, pubbliche amministrazioni in genere) ovvero garantirne il corretto svolgimento. III) limitare il diritto di sciopero alle causali economiche ed assicurare comunque la libertà di lavoro. "Carta del lavoro" del 1927 Nella "Carta del lavoro" fascista del 1927 non si parla di diritto di sciopero, abolito da Mussolini nel 1925 insieme allo scioglimento dei sindacati. Ma troviamo molti riferimenti e molte impostazioni corporative, sostanzialmente e di fatto, riprese dal governo Berlusconi e dal suo ministro, l'ex socialista Maurizio Sacconi. Eccone alcuni esempi. Nello Stato fascista "il lavoro è un dovere sociale". Il suo fine è lo "sviluppo della potenza nazionale". "Solo il sindacato legalmente riconosciuto e sottoposto al controllo dello Stato ha diritto di rappresentare legalmente tutta la categoria... di lavoratori". "Nel contratto collettivo di lavoro trova la sua espressione concreta la solidarietà fra i vari fattori della produzione, mediante la conciliazione degli opposti interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori e la loro subordinazione agli interessi superiori della produzione". "Lo Stato corporativo considera l'iniziativa privata nel campo della produzione come strumento più efficace e più utile nell'interesse della Nazione". "Il prestatore d'opera - tecnico, impiegato od operaio - è un collaboratore attivo dell'impresa economica, la direzione della stessa spetta al datore di lavoro che ne ha la responsabilità". "Nelle controversie collettive del lavoro l'azione giudiziaria non può essere intentata, se l'organo corporativo non ha prima esperito il tentativo di conciliazione". "L'azione del sindacato, l'opera conciliativa degli organi corporativi e la sentenza della magistratura del lavoro garantiscono la corrispondenza del salario e delle esigenze normali di vita, alle possibilità della produzione". A ben vedere, il "Libro verde" del ministro Sacconi, che ispira i provvedimenti governativi presi e il programma in materia sindacale, del lavoro e sul diritto di sciopero, sembra essere stato rilevato, se non in tutto, in larga parte, dai documenti piduisti e fascisti sopra richiamati. 4 marzo 2009 |