Il governo egiziano blocca i pacifisti di 43 Paesi diretti verso la Striscia di Gaza Sequestrati i pullman che dovevano portare viveri, medicinali e giocattoli per rompere l'embargo israeliano Circa 1.400 pacifisti di una quarantina di paesi si erano riuniti in Egitto alla fine di dicembre per raggiungere con un convoglio di aiuti la striscia di Gaza nell'anniversario dell'aggressione sionista "Piombo fuso" e rompere il blocco imposto dal regime di Tel Aviv alla popolazione palestinese. Altre manifestazioni erano previste in contemporanea in altre città, Tel Aviv inclusa. La "Gaza Freedom March", questo il nome dell'iniziativa, è stata bloccata dal governo egiziano che ha fermato gli autobus dei pacifisti alla periferia del Cairo e dato vita a una vera e propria caccia all'uomo per bloccare anche coloro che avevano raggiunto il Sinai con autobus di linea. La "Gaza Freedom March" era stata organizzata per attirare l'attenzione sul primo anniversario dei 22 giorni dell'attacco sionista con l'operazione "Piombo fuso", che ha ucciso più di 1.400 palestinesi e feriti più di 5.000. Terminata l'aggressione militare è rimasto il blocco totale della Striscia, un lager dove sono rinchiusi un milione e mezzo di palestinesi. I sionisti non permettono l'ingresso a Gaza di materiale per la ricostruzione e gran parte della popolazione dipende dagli aiuti per mangiare. Il programma della marcia prevedeva che i pacifisti entrassero il 27 dicembre a Gaza dal valico egiziano di Rafah per unirsi a circa 50.000 palestinesi residenti e marciare verso il valico di Erez verso Israele per chiedere la fine dell'assedio. Un programma che il governo egiziano del presidente Hosni Mubarak ha fatto saltare bloccando i partecipanti. Solo dopo alcuni giorni di proteste dei pacifisti al Cairo il governo egiziano acconsentiva che un piccolo gruppo entrasse a Gaza; un'offerta definita un puro gesto simbolico e respinta dal Comitato coordinatore della "Gaza Freedom March". I partecipanti alla marcia, riuniti al Cairo, approvavano una dichiarazione, che pubblichiamo a parte, allo scopo di accelerare la campagna globale per il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) contro l'apartheid israeliano. Nel mirino della repressione egiziana è finita anche l'altra iniziativa del convoglio umanitario "Viva Palestina", guidato dal parlamentare britannico George Galloway, che il 6 gennaio cercava di entrare nella striscia di Gaza dal Sinai. I reparti antisommossa egiziani hanno caricato il convoglio di aiuti nel porto di El Arish, a pochi chilometri dal valico di Rafah; almeno 60 i feriti tra i pacifisti. La polizia è intervenuta quando i responsabili del convoglio si sono rifiutati di accettare la proposta egiziana di far passare da Rafah solo un quarto dei mezzi, l'altra cinquantina di camion avrebbe dovuto provare a passare dal valico israeliano di Kerem Shalom, ben sapendo che i sionisti non permettono il passaggio a nessun veicolo. I pacifisti sono stati fermati e rinchiusi all'interno del porto e non appena hanno cercato di uscire sono stati caricati dagli agenti. La polizia egiziana ha sparato alcuni colpi anche al valico di Rafah in risposta al lancio di pietre dei palestinesi che protestavano per il blocco del convoglio nel porto di El Arish e contro la costruzione della barriera lungo il confine, decisa dal regime di Mubarak per bloccare i tunnel sotterranei e impedire che ne vengano costruiti dei nuovi. Il contributo egiziano al blocco sionista di Gaza, all'embargo contro il legittimo governo palestinese diretto da Hamas è sostenuto anche dagli Usa di Obama e dall'Unione eurropea. Contro la repressione delle manifestazioni degli attivisti internazionali e la costruzione del muro lungo i confini tra Egitto e Gaza decisa da Mubarak, in solidarietà col popolo palestinese, per la fine dell'assedio a Gaza e per la fine dell'occupazione israeliana della Palestina, si sono svolte diverse manifestazioni tra le quali il presidio del 9 gennaio a Roma di fronte all'ambasciata egiziana. 13 gennaio 2010 |