La neopresidente della Confindustria illustra la linea di destra dei padroni Governo e Pd d'accordo con Marcegaglia Berlusconi: "Il vostro programma è il nostro". Veltroni: "Una relazione interessante nel solco di Montezemolo" Scajola rilancia il nucleare bocciato dal referendum del 1987 Quella uscita dall'assemblea nazionale del 21 maggio scorso a Roma è una Confindustria compatta attorno a Emma Marcegaglia, la prima donna eletta presidente con 1.328 consensi su 1.339 votanti, una Confindustria collocata politicamente a destra, con una linea autoritaria, iperliberista e neocorporativa, con un segno anticomunista, decisa ad imporre i propri diktat in campo economico e sindacale, in campo giuridico sul lavoro, sulle liberalizzazioni, la pubblica amministrazione, le fonti energetiche, decisa a partecipare, per quello che le compete (assieme al governo, ai sindacati di regime e alle principali forze politiche parlamentari), in nome della "modernizzazione" dell'Italia, all'affermazione della terza repubblica capitalista, neofascista, presidenzialista, federalista e interventista. È' un giudizio di sintesi che si ricava non solo dal plebiscito ottenuto dalla neopresidente da tutte le "anime" dell'Associazione degli industriali, cosa rara nelle dimensioni suddette, ma anche e soprattutto dalla lunga e articolata relazione illustrata che contiene la linea confindustriale dei prossimi anni, dalle perentorie richieste in essa contenute sia al governo, sia ai sindacati, dagli apprezzamenti sperticati di Berlusconi e Veltroni e persino dai segretari confederali, Bonanni della Cisl, Angeletti della Uil, con qualche distinguo di Epifani della Cgil. Il tono adoperato nella relazione è perentorio, non ammette obiezioni. Sulla sicurezza nei luoghi di lavoro con una media di 3-4 infortuni mortali giornalieri, uno dei quali avvenuto per l'appunto il giorno avanti l'assemblea confindustriale nell'azienda di proprietà della sua famiglia di padroni, Marcegaglia ha versato le consuete "lacrime di coccodrillo" ma allo stesso tempo ha chiesto che sia modificata la legge approvata dal precedente governo Prodi, nella parte che tratta le sanzioni per gli imprenditori che violano le norme antinfortunistiche. Rivolgendosi ai sindacati ha detto che è ora di mettersi a sedere per modificare radicalmente il sistema delle "relazioni industriali" giudicato "obsoleto ed inadeguato", a partire dalla "riforma" della struttura contrattuale. "Basta veti e riti estenuanti - ha esclamato - dobbiamo cominciare a lavorare da subito senza perdere tempo: la trattativa non sarà una passeggiata ma credo che questo sia il momento per trovare una soluzione e mettersi d'accordo". A questo proposito ha espresso soddisfazione per la posizione unitaria messa a punto dalle segreterie di Cgil, Cisl e Uil che, evidentemente va nella direzione auspicata da Confindustria (riduzione delle funzioni del contratto nazionale a favore di quello aziendale, aumenti salariali subordinati alla produttività), purché non si parli di alcuna indicizzazione dei salari legata all'inflazione. Un forte plauso la neopresidente lo ha rivolto al governo per il decreto approvato per la detassazione degli straordinari e delle parti variabili del salario. Marcegaglia richiama la crisi economica che avanza a livello internazionale, la globalizzazione dei mercati e la competizione, la "crescita zero" che si registra in Italia per dire due cose: la prima che si deve procedere senza indugio nel fare tutte le "riforme" necessarie e rimuovere senza remore tutti gli ostacoli allo sviluppo; la seconda, rilanciare la "centralità" delle aziende dalle quali, sostiene, dipenderebbe sviluppo e benessere. E qui la neopresidente ci va molto pesante. Bisogna tagliare la spesa pubblica e sociale. Come? Attuando un giro di vite nel pubblico impiego, in termini di ritmi di lavoro e di stipendi, troppo alti e immeritati a suo dire, licenziando i "fannulloni" nella pubblica amministrazione. Aumentando (di nuovo!) l'età pensionabile. Bisogna, rimarca, ridurre le tasse alle imprese, agendo sull'Irap. Bisogna combattere il "neo-statalismo" degli enti locali, con la privatizzazione dei servizi municipali. Dare via libera inoltre alle grandi infrastrutture e a livello energetico rilanciare il nucleare. Per questi fini vanno eliminati "i veti dei piccoli gruppi che bloccano le opere fondamentali". Il riferimento è alla popolazione di Val di Susa che si oppone alla Tav, alle popolazioni campane che contrastano gli inceneritori e via dicendo. Per scuola e Università invoca più meritocrazia, più selettività. Giudica sbagliata e penalizzante la scelta della Ue di rispettare il protocollo di Kyoto mentre altri paesi (gli Usa e la Cina per esempio) ne sono fuori. Per la neo-leader della Confindustria quello di oggi è un momento storico favorevole per fare anche le "riforme" istituzionali e costituzionali, per dare più poteri al premier, rimuovere il "bicameralismo perfetto", modificare il sistema elettorale in una logica bipartitica e attuare il federalismo fiscale. "Oggi - ha notato - rispetto a quattro anni fa la situazione è più favorevole al cambiamento". "Con l'elezione c'è stata forte discontinuità. Ora abbiamo un governo forte, c'è stata una semplificazione dei partiti ed è sparito il clima di odio degli ultimi 15 anni. Il dialogo può andare avanti". Su questo punto insiste: "Per la prima volta, tutte le formazioni presenti nelle due Camere condividono i valori del mercato e dell'impresa... Mi sembra - ha aggiunto Marcegaglia illudendosi - che si stia esaurendo, nella coscienza collettiva, quel conflitto di classe che ha segnato la storia degli ultimi 150 anni. Possiamo chiudere una lunga stagione di antagonismo per pensare in maniera nuova al confronto con i sindacati". Entusiasta la reazione del neoduce Berlusconi. "Ho molto apprezzato - ha detto - la relazione del presidente Marcegaglia: posso dire che potrebbe essere anzi sarà il nostro programma di governo". Al centro del suo discorso, gli interessi dell'impresa e del profitto. "C'è ancora una sinistra - ha aggiunto - che non capisce la magia dell'economia di mercato: come l'egoismo individuale possa diventare benessere comune". "Abbiamo il vantaggio - continua - che è uscita dal Parlamento l'opposizione estrema che si ispirava all'ortodossia marxista". Per concludere con uno slogan da stadio: "Forza Emma, forza Confindustria". Era dal tempo della presidenza D'Amato (2001), che non c'era un feeling così forte e pieno tra Berlusconi e Confidustria allorché disse, il suo programma di governo e quello degli industriali erano in "fotocopia". Giudizio positivo anche dal segretario del PD, Walter Veltroni. Quella della Marcegaglia è stata "una relazione interessante e convincente che prosegue la tradizione di Montezemolo". In particolare condivide il fatto che Confindustria continui a sottolineare i temi "della crescita, della necessità di un mercato aperto e dei fattori strutturali del gap italiano. Su formazione e scuola l'ho trovata molto convincente". Su come la Confindustria voglia realizzare questi obiettivi, con misure liberiste, autoritarie e antioperaie, nemmeno una parola. Dal canto suo il ministro delle Attività produttive, il forzista ex DC Claudio Scajola, ha colto tempestivamente l'assist di Marcegaglia sul nucleare per annunciare: "entro questa legislatura porremo la prima pietra per la costruzione nel nostro Paese di un gruppo di centrali nucleari di nuova generazione. Non è più eludibile - a suo parere - un piano di azione per il ritorno al nucleare". È un "solenne impegno assunto da Berlusconi che onoreremo con convinzione". E questo nonostante che il popolo italiano si sia già espresso con un voto contrario nel referendum del 1987. Che a tutt'oggi non sia stato risolto il problema dello stoccaggio per lo smaltimento dei residui delle centrali nucleari a suo tempo chiuse. Che le centrali di nuova generazione, comunque nient'affatto sicure, esistono solo sulla carta e ci vorranno parecchi anni per realizzarle, cosicché quelle citate da Scajola rischiano di nascere già vecchie. Che comunque la costruzione delle centrali nucleari ha un costo esorbitante, non risolve nemmeno alla lontana il problema del fabbisogno energetico, rimane molto pericolosa per l'ambiente e la salute delle masse, specie per un Paese come l'Italia altamente sismico. Infine, non è una fonte energetica naturale e rinnovabile, visto che la materia prima per il nucleare, l'uranio, andrà ad esaurirsi nel termine di 20-40 anni. 28 maggio 2008 |