Il governo Letta-Berlusconi "fa" ma per i padroni Finanziamenti e agevolazioni solo per grandi infrastrutture e imprese. "Semplificazioni burocratiche" che mirano in realtà ad abbassare la sicurezza sul lavoro e la tutela dell'ambiente. Elemosine per l'edilizia scolastica e sulle bollette elettriche PD e PDL si contendono la paternità del decreto truffa Dopo essersi occupato finora solo di spartirsi poltrone, rinviare l'Imu, varare il processo che dovrà portare alla controriforma presidenzialista della Costituzione e manganellare operai e studenti in lotta, mentre nel frattempo il Paese sprofonda sempre più nella crisi e nella distruzione di posti di lavoro, il 15 giugno il governo Letta-Berlusconi ha emesso il suo primo flebile vagito in campo economico, approvando il cosiddetto "decreto del fare", contenente a suo dire "80 misure urgenti per il rilancio economico del Paese". "80 norme per ripartire", ha annunciato pomposamente Letta nella conferenza stampa di presentazione, aggiungendo che "questo decreto darà uno sblocco significativo a molti posti di lavoro e a molti lavori pubblici". In realtà, ancorché troppo misero e insufficiente per creare davvero posti di lavoro, dato che stanzia solo 3 miliardi, per di più reperiti con artifici contabili, e per il resto prevede solo interventi di semplificazione "a costo zero" a beneficio esclusivo delle imprese, quello che "fa" questo decreto lo fa solo per i padroni, mentre ai lavoratori e alle masse popolari lascia solo le briciole, quel poco che basta affinché i due principali azionisti del governo, PD e PDL, possano attribuirsene il merito per cercare di recuperare il consenso elettorale che è precipitato a picco. Con il partito del neoduce che si intesta lo sblocco dei cantieri, le "semplificazioni burocratiche" e le restrizioni dei poteri di Equitalia, e il partito di Letta ed Epifani che si intesta la manciata di soldi per l'edilizia scolastica e i tagli alle bollette elettriche. "Sono molto soddisfatto, ho fatto i complimenti ai nostri ministri che hanno lavorato per introdurre misure che avevamo sostenuto in campagna elettorale tra cui i cambiamenti necessari a Equitalia", ha dichiarato trionfante Berlusconi spandendo ottimismo sulla durata dell'alleanza col PD: "Le misure prese dal governo sono un grande risultato frutto di un fatto epocale: la collaborazione tra destra e sinistra dopo decenni di contrasti. Io spero possa durare". Finché farà come voglio io, era il messaggio sottinteso. A Letta toccava invece il compito di tacitare i mugugni nel suo stesso partito per il marchio di fabbrica messo dal neoduce al decreto, dichiarando che "Berlusconi dica quello che vuole, ma chi pensa che il decreto del fare sia sbilanciato a destra rivela una vena di follia". Fatica superflua, visto che lo stesso leader del PD, Epifani, blindava i provvedimenti approvati dichiarando che "vanno nella direzione giusta e meritano apprezzamento. Pur in un contesto di ristrettezze finanziarie il governo è riuscito a varare misure di semplificazione e di sostegno all'economia". Vedremo subito che cosa c'è dietro veramente a questi tanto sbandierati provvedimenti di "stimolo all'economia" e di "equità sociale". Infrastrutture Insieme con alcuni provvedimenti a favore delle imprese (rifinanziamento del fondo centrale di garanzia per il credito, prestiti agevolati per l'acquisto di macchinari, rifinanziamento dei contratti di sviluppo ecc.), e alle "semplificazioni" in materia edilizia e di sicurezza sul lavoro, le infrastrutture costituiscono il punto centrale del decreto: il governo stanzia 3 miliardi per piccole, medie e grandi opere da cui dichiara di attendersi una ricaduta occupazionale di 30 mila nuovi posti di lavoro, di cui 20 mila diretti e 10 mila indotti. Si tratta di fondi stornati (ma solo temporaneamente, ha precisato il ministro delle Infrastrutture Lupi) a grandi opere che comunque sono in stand-by, come Tav (524 milioni), ponte sullo stretto, terzo valico della Milano-Genova, e dirottati su opere immediatamente cantierabili. Di questi fondi 300 milioni sono destinati al miglioramento della rete ferroviaria, 300 milioni in tre anni (2014-16) vanno all'edilizia scolastica e altri 100 milioni sono riservati per il "Progetto 6 mila campanili": destinati cioè a una serie di micro interventi in 200 Comuni sotto i 5 mila abitanti. Il grosso degli stanziamenti, gli altri 2 miliardi, andranno invece di nuovo ad altre grandi opere, per ingrassare le grandi imprese di costruzione, come le metropolitane di Roma, Milano, Napoli, alla costruzione o al completamento di alcune grandi autostrade, per la riqualificazione di viadotti, ponti e gallerie, ecc. In questo contesto, alla voce "rilancio dei porti e della nautica", oltre a facilitazioni per il dragaggio e la costruzione di nuovi porti, è previsto pure il dimezzamento delle tasse portuali. Le barche fino a 14 metri (classificate come "piccole") non pagheranno niente. Quelle da 14 a 17 metri pagheranno 870 euro invece di 1.740, e quelle da 17 a 20 pagheranno 1.300 euro anziché i 2.600 originari. E la ciliegina sulla torta è che per coprire il buco causato dallo sconto sulle barche di lusso è già stato deciso un aumento delle accise sulla benzina nel 2014 per recuperare 75 milioni di euro. Per inciso tale aumento servirà a coprire anche i mancati introiti per lo slittamento (l'ennesimo!) dal 1° luglio al 1° settembre della Tobin tax, la tassa sulle transazioni finanziarie. Edilizia = più morti sul lavoro Con il pretesto di facilitare l'apertura e l'attività dei cantieri, e quindi l'occupazione, il governo Letta-Berlusconi approfitta per introdurre una decisa deregolamentazione dei controlli e della sicurezza sul lavoro, contrabbandata sotto la voce "semplificazioni burocratiche": la segnalazione di inizio attività è demandata allo sportello unico che provvederà a reperire i documenti d'assenso. Il certificato d'agibilità può essere richiesto anche per singoli edifici, singole porzioni della costruzione o singole unità immobiliari, "purché funzionalmente autonomi". Facile immaginare come possa prestarsi ad abusi a scapito della sicurezza. Per i contratti pubblici di lavori, servizi e forniture il Durc (Documento unico di regolarità contributiva) si potrà acquisire in via informatica e durerà per 180 giorni. È abolita la responsabilità solidale tra appaltatore e subappaltatore sui versamenti Iva. Tutte norme che, insieme a quelle che riguardano la sicurezza sul lavoro, dovevano entrare nel disegno di legge sulle semplificazioni, e che invece sono state inserite nel "decreto del fare" per renderle immediatamente applicabili, senza neanche passare il vaglio parlamentare e perfino la consultazione coi sindacati. Chi si occupa di sicurezza sul lavoro dice che rischiano di riportare l'Italia indietro di decenni, in un paese dove muoiono 3-4 persone al giorno sul lavoro. Si parla per esempio di non meglio precisati "settori di attività a basso rischio" da fissare con decreto del ministero del Lavoro. Ebbene, per questi settori il Duvri (Documento di valutazione dei rischi, firmato dal datore di lavoro) non è più obbligatorio. Serviva a separare le lavorazioni in cantieri dove operano più ditte e gli intralci e gli incidenti sono quindi più probabili. Al suo posto basta nominare un "incaricato", al limite anche un operaio. Se poi la durata del rischio non è superiore a 10 uomini-giorno (10 uomini che lavorano per un giorno, oppure anche un solo uomo che lavora per 10 giorni, e così via), tale "semplificazione" vale anche per le lavorazioni ad altissimo rischio. Ma non è tutto: adesso la Asl non potrà più chiedere modifiche a locali aperti da imprese in violazione di norme urbanistiche. Per i cantieri mobili (infrastrutture e servizi come ponti, strade ecc), se non si supera i suddetti 10 uomini-giorno, i lavori potranno iniziare anche senza direttore lavori o responsabile sicurezza. Semplificati anche i documenti obbligatori in cui si esplicitano le misure prese per la sicurezza. Cancellato l'obbligo per il datore di comunicare alla polizia un infortunio grave (sopra tre giorni di inabilità) o la morte di un dipendente: basta il data base dell'Inail. Insomma, una pericolosissima deregulation che cancella con un colpo di mano del governo PD-PDL-Scelta civica decenni di lotte sindacali per la sicurezza sul lavoro. Walter Schiavella, segretario della Cgil Edili, ha osservato in proposito: "Non mi sembra che con questo governo la musica stia cambiando: si continua a considerare la sicurezza sul lavoro come un ostacolo allo sviluppo. In un settore così destrutturato come quello delle costruzioni, decisioni come quella di allentare i vincoli della responsabilità solidale dell'appaltatore, alleggerire la strumentazione in materia di sicurezza e semplificare il Durc spostandone a sei mesi la validità in assenza di un'organica e strutturata azione di contrasto dell'irregolarità e di esigibilità delle sanzioni, sono tutti fattori che non riducono ma anzi acuiscono le distorsioni". Istruzione È il capitolo in particolare su cui punta il PD per vantare la parte "di sinistra" del provvedimento, insieme alla riduzione delle bollette dell'elettricità per 550 milioni, che porterà alle famiglie benefici per ben... 5 euro all'anno nel 2013 e 10 euro nel 2014 e per gli anni seguenti! C'è un allentamento del turn-over dal 20 al 50% per assumere nel biennio 2014-15 1.500 ricercatori di fascia B e 1.500 docenti, con uno stanziamento di 75 milioni in due anni. Ci sono "borse di mobilità per studenti meritevoli" per 12 milioni in due anni. E ci sono i famosi 100 milioni l'anno per i prossimi tre anni per l'edilizia scolastica. La ministra dell'istruzione Carrozza, che secondo i giornali avrebbe "battuto i pugni sul tavolo" in Consiglio dei ministri per ottenere il finanziamento, ha dichiarato soddisfatta che è stato dato "un segnale importante anche per rassicurare le famiglie in vista dell'apertura dell'anno scolastico". Ma a ben guardare la sua è un'affermazione ridicola, si tratta soltanto di un'elemosina, una goccia d'acqua nel deserto: infatti sono circa 43 mila gli edifici scolastici, e quasi la metà non dispone nemmeno del certificato di agibilità. Manca ancora un'anagrafe dell'edilizia scolastica prevista per legge da vent'anni. Ma secondo il Censis per sanare il 7% di questo patrimonio, circa 3 mila edifici, servirebbe almeno un miliardo. E secondo Legambiente, l'unico istituto oggi in grado di fornire qualche dato attendibile sullo stato dell'edilizia scolastica, il 60% degli edifici sono più vecchi di 36 anni. Uno su tre necessita di interventi urgenti di manutenzione, ma negli ultimi anni gli investimenti sono scesi del 20%. L'8,2% è ancora costruito senza requisiti antisismici, il 34,5% non ha il certificato di prevenzione incendi, il 42% non ha il certificato di agibilità. Durante il terremoto dell'Emilia la Protezione civile informò che il 35% delle scuole in aree a rischio sismico non è a norma. Solo per mettere a posto queste servirebbero tre miliardi, dieci volte la somma stanziata dal governo. Per di più è emerso anche che 90 milioni sono stati sottratti dal contributo del 5 per mille per il no profit, come ha dovuto ammettere imbarazzatissimo il sottosegretario all'Economia, Fassina. E i malati di Sla sono dovuti scendere in piazza per ottenere lo sblocco del fondo di sostegno di 275 milioni alle loro famiglie, perché il governo si è "dimenticato" anche stavolta di inserire la misura nel decreto appena varato. E allora di cosa c'è mai da vantarsi? Ambiente, giustizia e diritti dei cittadini In questo provvedimento ci sarebbero poi altre "perle" su cui soffermarsi, ma che per adesso possiamo solo citare per mancanza di spazio: per esempio le pericolose "semplificazioni" in materia ambientale, come per il trattamento, la gestione e lo smaltimento delle acque sotterranee, delle terre di scavo e dei materiali di riporto, per le costruzioni nei campeggi e per il sistema dei rifiuti della Campania; le misure per lo smaltimento "a costo zero" di un milione di cause civili pendenti, da ottenere attraverso lo sfruttamento di neo laureati stagisti e altri espedienti poco trasparenti; la beffa degli indennizzi ai cittadini per i ritardi nelle pratiche burocratiche, annunciati e poi rinviati "in attesa di sperimentazione" per 18 mesi; il wi-fi gratuito per tutti, che in realtà si è rivelato essere solo la possibilità di accedervi senza dover più dichiarare le proprie generalità; la riduzione della Robin tax alle grandi aziende di produzione dell'energia e la sua estensione anche alle piccole e medie, comprese quelle che forniscono energie rinnovabili, e così via. Tuttavia quanto già detto basta e avanza per qualificare questo decreto come un provvedimento pensato e scritto per "fare" gli interessi esclusivi dei padroni e del sistema capitalistico e lasciare ai lavoratori e alle masse solo le briciole. E per di più non a costo zero, bensì in cambio della cancellazione o la riduzione di importanti diritti sulla tutela della sicurezza sul lavoro e dell'ambiente. 26 giugno 2013 |