Nulla di fatto al vertice di maggioranza Il governo mena il can per l'aia sui salari Il "patto per lo sviluppo" di Prodi lega i salari alla produttività come vuole la Confindustria La sinistra arcobaleno balbetta e sta al gioco Chiacchiere tante, ma nessun fatto concreto. Promesse, per la verità assai generiche, in misura abbondante, ma impegni certi e decisioni verificabili niente di niente. In ogni caso tempi lunghi. Un poco d'attenzione sia alla destra che alla "sinistra" della coalizione. Tattica dilatatoria per evitare lo sciopero generale. È questo, in sintesi, l'atteggiamento messo in campo dal governo del tecnocrate e dittatore democristiano Prodi sia nell'incontro con le segreteria nazionali di Cgil, Cisl e Uil dell'8 gennaio scorso, sia nel vertice di maggioranza del 10 gennaio sul tema del potere d'acquisto dei salari e delle pensioni, fisco sul lavoro dipendente, contratti del pubblico impiego. Prodi, accompagnato dai suoi ministri, Padoa-Schioppa per l'Economia e Damiano per il Lavoro, ha fatto parlare Epifani, Bonanni e Angeletti, ha ascoltato le richieste sindacali, non concordate, detto per inciso, con i lavoratori che dicono di rappresentare, che complessivamente rivendicano lo spostamento verso il lavoro dipendente di un punto di Pil, vale a dire di circa 14 miliardi di euro, ciò attraverso l'utilizzo delle risorse derivanti dalla lotta all'evasione fiscale, degli aumenti della produttività e dall'incremento della tassazione sulle rendite finanziarie, ha preso nota della data del 15 gennaio, entro la quale, in assenza di risposte positive i vertici di Cgil, Cisl e Uil unitariamente potrebbero decidere la mobilitazione generale. Il vertice di maggioranza Il presidente del Consiglio, senza minimamente scomporsi, non ha formulato alcuna proposta, non ha esplicitato nessuna cifra sull'entità degli interventi che l'esecutivo avrebbe in mente di prendere e ha rimandato la concertazione a dopo il vertice di maggioranza di governo e non prima della fine di gennaio. Cosicché i leader dei sindacati riformisti, per il momento, sono rimasti con un pugno di mosche in mano. Nel vertice di maggioranza di governo, cui hanno partecipato una cinquantina di persone, tra ministri, capigruppo di Camera e Senato delle forze politiche componenti l'Unione e segretari di partito della stessa area politica di "centro-sinistra", Veltroni per il PD, Giordano e Diliberto rispettivamente per il PRC e il PdCI, Dini per i liberaldemocratici, per i lavoratori e i pensionati le cose non sono andate meglio. Infatti, Prodi, ha incominciato a delineare una proposta denominata "Patto per lo sviluppo", ancora assai generica nei singoli punti trattati, con un'impostazione e delle finalità più favorevoli alla parte padronale, che accoglie in modo maggiore le richieste della destra della coalizione, i diniani in particolare, e concede dei contentini alla sinistra arcobaleno (SD, PRC, PdCI, Verdi) per tenerla buona ancora una volta. Nella relazione tenuta al vertice Prodi disegna una situazione economica "confortante" per gli investimenti che sono aumentati, le esportazioni in crescita, il debito pubblico in calo. Tuttavia "gli interventi di carattere fiscale sui quali ci concentreremo nei prossimi mesi - dice - non possono certo risolvere da soli le questioni redistributive del paese". In termini più chiari, quello che il governo è disposto a concedere per l'incremento del valore dei salari e delle pensioni, non sarà un granché, dovrà essere compatibile con l'abbattimento del debito statale e, soprattutto, non subito ma diluito nel tempo. Prodi parla di riduzione del carico fiscale "a vantaggio innanzitutto dei salari e dei bassi redditi". Ma di quanto e come? Parla però anche di riduzione delle "spese improduttive", senza specificare di cosa si tratti. C'è la seguente promessa: "Tutto ciò che sarà recuperato dall'evasione fiscale o da altre forme di extragettito dovrà essere indirizzato alla riduzione del carico fiscale dei lavoratori e delle famiglie". Ma è un impegno proiettato nel prossimo futuro, senza certezze sulla consistenza di questo extragettito e se la promessa sarà poi onorata. In questo contesto c'è una timida e cauta disponibilità ad adeguare la tassazione sulle rendite finanziarie, sull'esempio di quanto avviene nei principali paesi europei, misura che tra l'altro era nel programma elettorale dell'Unione. Ma è una volontà vera questa, o una mossa tattica per accontentare la "sinistra" della coalizione di governo? Come avverrebbe la nuova tassazione, con quale aliquota impositiva? Per certo si sa che essa sarebbe applicata solo ai titoli di nuova emissione. Sui contratti del pubblico impiego ancora aperti il premier promette una trattativa "subito" ma per fare cosa non è chiaro se si tiene di conto che nella Finanziaria 2008 non è stata prevista la dovuta copertura finanziaria. Forse pensa all'applicazione delle misure contenute nel Memorandum sottoscritto nel 2007 con i sindacati che, tra l'altro, prevede mobilità, riduzione del personale e aumento dei carichi di lavoro. Una "nuova fase della concertazione" Se c'è un punto chiaro di questo "Patto per lo sviluppo" proposto da Prodi che dovrebbe rappresentare la "nuova fase della concertazione" è quello di legare-subordinare gli incrementi salariali all'aumento della produttività. "Due problemi emergono in modo chiaro - dice a questo proposito - : la bassa produttività del nostro sistema e una cattiva distribuzione del reddito, due problemi, che vanno affrontati insieme". Un tema molto caro questo alla Confindustria che ne richiama un altro strettamente collegato perseguito dal padronato, cioè la "riforma" del modello contrattuale, ossia un drastico accorpamento dei contratti dell'industria e di altri settori, ossia il ridimensionamento del contratto nazionale a favore della contrattazione di secondo livello, ossia la defiscalizzazione degli aumenti salariali aziendali. Esplicito ed immediato il gradimento del presidente della Confindustria, Cordero di Montezemolo: "Condivido - ha detto a tamburo battente - la posizione espressa oggi dal presidente del Consiglio in base alla quale gli interventi di carattere fiscale devono essere legati a un forte impegno delle forze sociali per più produttività, più salari, più investimenti". Nella ricetta del caporione democristiano c'è anche la liberalizzazione-privatizzazione dei servizi pubblici locali. Allo stato, comunque, lo ripetiamo, il governo non ha messo nulla di concreto sul piatto. Per formulare qualche cifra, se ne riparlerà, fa sapere, in aprile dopo la prima trimestrale di cassa, o con più probabilità a giugno, al momento della redazione del Dpef (Documento di programmazione economica e finanziaria) il che vorrebbe dire slittare a settembre prossimo in vista della Finanziaria 2009. Prodi ha raccolto il consenso, oltre di Confindustria, del PD di Veltroni e dei liberaldemocratici di Dini, consenziente pure Di Pietro. E la sinistra arcobaleno, che per l'anno nuovo aveva promesso fuoco e fiamme sulla verifica di governo, che alla vigilia del vertice di maggioranza si era incontrata a lungo con il presidente del consiglio per presentargli le sue richieste sulle materie in discussione? Su quasi tutto c'è aperta condivisione. Mussi: "Per la seconda fase del governo mi pare che ci siano le premesse". Ferrero: "Prodi non ha detto no alle nostre richieste. Quindi sono certamente soddisfatto". Diliberto: "Prodi ci ha dato ragione su tutto". Giordano: "È positivo che il governo si sia impegnato sullo sblocco del contratto del pubblico impiego". Solo sui salari legati alla produttività è stato marcato un dissenso, ma come fatto secondario rispetto al giudizio complessivo positivo. Insomma, la sinistra arcobaleno sembra stare al gioco di Prodi dei tempi lunghi con l'obiettivo di terminare la legislatura col governo in carica, se sarà superato lo scoglio della "riforma" elettorale. Non sappiamo cosa decideranno le segreterie sindacali nazionali nella riunione unitaria già in programma, se andranno allo sciopero generale o accetteranno i tempi dettati dall'esecutivo con una posizione subordinata a rimorchio. Le lavoratrici e i lavoratori, i precari, i disoccupati, i pensionati, i dipendenti sia pubblici che privati con il contratto aperto non saranno certamente contenti di come è stata impostata la "vertenza" sia per i contenuti in parte vaghi e in parte inaccettabili, sia per le modalità dilatorie. Non si può da un lato affermare che la questione salariale è una questione grave, prioritaria e non rinviabile e dall'altro proiettare le "soluzioni" nei mesi a venire. Anche perché al potere d'acquisto perso in questi anni si aggiunge il forte aumento dei prezzi e delle tariffe in corsa nel 2008 che ha impoverito ulteriormente e pesantemente le masse popolari. Lo sciopero generale è maturo e va proclamato, da parte dei sindacati, senza indugio se davvero si vuole ottenere quella "redistribuzione" del reddito a favore del lavoro dipendente e dei pensionati a medio e basso reddito invocata come irrinunciabile. 16 gennaio 2008 |