Giro di vite del regime neofascista Il governo dà più poteri polizieschi e repressivi ai sindaci e ai prefetti Veltroni, Domenici, Cofferati, Cacciari, Emiliano e Iervolino entusiasti del "pacchetto sicurezza" No alle misure speciali fasciste contro i migranti e i rumeni Il "pacchetto sicurezza" del governo, che imprime un drastico giro di vite al regime neofascista imperante, è stato approvato il 30 ottobre dal Consiglio dei ministri, accompagnato dalla minaccia del ministro dell'Interno Amato, estensore del provvedimento insieme al Guardasigilli Mastella, di trasformarlo in decreto il 29 dicembre se non sarà approvato in tempi rapidi dal Parlamento. Il pacchetto è articolato in quattro disegni di legge che contengono una raffica di misure fasciste, xenofobe e razziste senza precedenti per quantità, gravità e pericolosità, tali da far impallidire quelle - come la Bossi-Fini contro i migranti e le leggi speciali "antiterrorismo" Pisanu - varate dal precedente governo neofascista di Berlusconi, e di richiamare alla memoria le famigerati leggi razziali di Mussolini del 1938. I quattro ddl sono così denominati: disposizioni in materia di sicurezza urbana; adesione al trattato di Prüm e istituzione della banca dati nazionale del Dna e del laboratorio centrale; misure di contrasto alla criminalità organizzata; disposizioni in tema di reati di grave allarme sociale e di certezza della pena. A questi quattro ne è stato aggiunto un quinto che reintroduce sanzioni più severe per il reato di falso in bilancio che era stato depenalizzato dal precedente governo: un contentino per ottenere il via libera dei ministri della "sinistra radicale" ai quattro ddl, che difatti si sono solo astenuti invece di votare contro come avevano minacciato. Inoltre, sull'onda dell'allarme suscitato il giorno dopo dall'uccisione di una donna per mano di un rumeno nella periferia romana, dal ddl sulla sicurezza urbana sono state estrapolate le misure che danno poteri speciali ai prefetti per espellere cittadini comunitari per "motivi imperativi di pubblica sicurezza" e inserite in un decreto legge immediatamente firmato da Napolitano e reso subito operativo con le prime espulsioni di rumeni e la distruzione di alcuni accampamenti di nomadi intorno alla capitale. Un decreto odioso e anticostituzionale Questo decreto odioso e anticostituzionale, che cancella il principio della responsabilità personale e la estende con logica prettamente razzista a un intero corpo sociale e ne legalizza di fatto la persecuzione e la deportazione (tant'è vero che subito dopo la sua proclamazione c'è stato un raid nazista contro alcuni rumeni aggrediti e accoltellati davanti a un supermercato romano), ha suscitato giustamente l'allarme di magistrati e giuristi per il grave attacco allo Stato di diritto che esso configura. Anche la giunta dell'Unione delle camere penali (avvocati) si è riunita d'urgenza per pronunciarsi "contro una così pesante spirale autoritaria" e la "ulteriore impennata autoritaria e demagogica del governo che ha trasformato in decreto legge le disposizioni sulle espulsioni". Con questo decreto, infatti, i prefetti potranno espellere per motivi di ordine pubblico cittadini comunitari, potere che attualmente competeva solo al ministro dell'Interno per motivi di sicurezza dello Stato e che resta di sua esclusiva pertinenza solo per le espulsioni di minorenni e di comunitari residenti in Italia da più di 10 anni. Il decreto è stato applicato subito per l'espulsione di immigrati rumeni, che nei prossimi mesi saranno migliaia secondo quanto anticipato dallo stesso ministro Amato. Questi immigrati comunitari potranno essere allontanati immediatamente per "motivi imperativi" di pubblica sicurezza, che ricorrono quando il loro comportamento "compromette la dignità umana o i diritti fondamentali della persona umana", il che è talmente vago che equivale a dire ad arbitrio dei prefetti. Figure anacronistiche che anziché scomparire come da molto tempo e da più parti si chiedeva rafforzano invece ancora di più il loro potere. La violazione del divieto di reingresso per gli espulsi è inoltre trasformata da multa in delitto, punibile con la reclusione fino a tre anni. Il decreto razzista sulle espulsioni, così come l'intero "pacchetto sicurezza", è frutto della campagna neofascista, xenofoba e razzista che da mesi imperversa nel Paese e sui media del regime, e alla cui testa si sono posti i neopodestà delle grandi città, che lo reclamano a gran voce per avere più poteri di tipo poliziesco e repressivo: sia quelli della destra neofascista, come la neopodestà di Milano Letizia Moratti, sia quelli della "sinistra" di regime. Questi ultimi, anzi, come il neopodestà di Roma Veltroni, che ha preteso e ottenuto dal governo il decreto legge sulle espulsioni, quello di Firenze Domenici e quello di Bologna Cofferati, a cui si sono aggiunti Cacciari (Venezia), Chiamparino (Torino), Emiliano (Bari), Iervolino (Napoli), Vincenzi (Genova) e via via tutti gli altri, sono diventati i più oltranzisti e accaniti nel cavalcare e guidare la campagna reazionaria e forcaiola sulla "sicurezza" che fino a qualche tempo fa era un tipico e pressoché esclusivo cavallo di battaglia della destra e dei fascisti. Non a caso sono stati anche quelli che più hanno gioito per le leggi speciali fasciste del governo, mentre la neofascista Moratti si è detta scontenta perché avrebbe voluto che l'intero pacchetto fosse trasformato in decreto. Poteri come ai podestà di Mussolini Il disegno di legge di Amato sulla sicurezza urbana recepisce in larga misura le richieste dei neopodestà del regime neofascista di maggiori poteri in materia di ordine pubblico e contro la cosiddetta "criminalità di strada", in particolare attraverso la modifica dell'articolo 54 del testo sugli Enti locali, che consente ai sindaci di emettere ordinanze per "gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini". Col nuovo testo questa facoltà viene estesa anche alla "sicurezza urbana dei cittadini e al decoro urbano". Una formulazione talmente vaga che equivale praticamente a dare completa mano libera ai neopodestà, trasformati in "ufficiali del governo", nella gestione dell'ordine pubblico. Potranno quindi non solo emettere ordinanze razziste come quella di Domenici contro i lavavetri e assimilati (graffitari, accattoni, vagabondi, venditori ambulanti, rom, ecc.), ma perfino modificare "luogo e modalità delle manifestazioni politiche". Una norma di una gravità senza precedenti, palesemente anticostituzionale e fascista, che ci riporta di nome e di fatto ai poteri dei podestà di Mussolini. Per i graffitari o writers, ovvero per chi più in generale "imbratta i muri", reato punito attualmente con sanzione pecuniaria, è prevista la perseguibilità d'ufficio e un inasprimento anche a livello penale, con la concessione della sospensione condizionale legata al risarcimento del danno o a un lavoro socialmente utile. I sindaci avranno inoltre facoltà di sottoporre a test antidroga i tassisti e i conducenti di autobus. Nell'ambito dei poteri polizieschi ai sindaci anche i vigili urbani avranno compiti di "prevenzione e repressione dei reati" simili ai veri poliziotti. Pericoloso e disumano è poi il nuovo reato di "impiego di minori nell'accattonaggio" punibile con la reclusione fino a tre anni e finanche con la sottrazione della patria podestà ai genitori che "si avvalgono" dei propri bambini nell'accattonaggio, perché si presta facilmente alla persecuzione razziale dei rom riducendo una delicata materia sociale e culturale a un problema di ordine pubblico e di repressione poliziesca anziché affrontarla dal lato dell'educazione e dell'inclusione sociale. Particolarmente grave e di stampo fascista è anche l'estensione automatica della custodia cautelare a tutti i reati cosiddetti di "allarme sociale", tra cui furto, scippo e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, che vengono così equiparati ai reati di mafia e di terrorismo. Per questi reati, che con la formulazione ambigua del testo del Viminale abbraccerebbero praticamente una casistica illimitata, verrebbe così sottratto al giudice il potere di stabilire, per i reati minori fino a tre anni di pena e caso per caso, se concedere l'affidamento ai servizi sociali in alternativa al carcere e verrebbe invece applicata la reclusione obbligatoria come ai mafiosi e ai terroristi. Infine il "pacchetto sicurezza" prevede un ulteriore giro di vite alla militarizzazione e fascistizzazione della società e dello Stato, con lo stanziamento di altri 4.500 poliziotti da dislocare nelle città, più altri 2 o 3 mila da recuperare dal personale distaccato presso altre amministrazioni, nonché con l'istituzione della banca nazionale del Dna, per adesso riservata ai condannati, ma in prospettiva per arrivare a mettere sotto controllo strati sempre più vasti di popolazione. Il PRC scavalcato dalla trattativa tra governo e Casa del fascio Il pacchetto è già in parlamento, e in particolare il decreto sulle espulsioni è già all'esame del Senato, e il governo sta cercando un accordo con la Casa del fascio per approvarlo a tambur battente. Quest'ultima è disponibile ma a patto di introdurre delle modifiche che lo rendano ancor più marcatamente fascista, xenofobo e razzista. Ciò sta mettendo in grave imbarazzo la "sinistra radicale", e in particolare il PRC, stretto tra la sua base che sta insorgendo con sdegno contro la deriva razzista del governo Prodi (e se ne vedono gli effetti dagli articoli su "Liberazione" e "manifesto" che prendono le distanze dalla politica razzista del governo), e il PD di Veltroni che cavalca e fomenta in prima fila l'ondata xenofoba e razzista e preme per un'intesa bipartisan tra i due poli per approvare alla svelta le leggi speciali fasciste. Nel Consiglio dei ministri straordinario del 31 ottobre convocato da Prodi su pressioni di Veltroni per trasformare in decreto il ddl sulle espulsioni, il ministro Ferrero, dopo essersi consultato con Bertinotti, aveva votato a favore, ma dopo l'ondata di sdegno che ha cominciato a salire da sinistra ha fatto una mezza marcia indietro chiedendo ancora delle "modifiche" in parlamento, e così anche i due capigruppo Migliore e Russo Spena. Sarà la solita sceneggiata prima di cedere di schianto a Prodi come hanno sempre fatto finora pur di restare al governo? Staremo a vedere. Intanto però registriamo che se non apertamente Bertinotti, che cerca di coprirsi con dichiarazioni da equilibrista sulla necessità di non usare "solo" la repressione ma "anche" l'inclusione, i suoi uomini sono scesi decisamente in campo per spingere da destra il partito della rifondazione trotzkista ad allinearsi a Prodi e Veltroni per far passare le leggi speciali fasciste. Così, per esempio, il governatore della Puglia, Vendola, alla domanda se voterebbe il pacchetto ha dichiarato al "manifesto" del 2 novembre: "Cercherei di migliorarlo, ma alla fine voterei a favore, perché ha alcune cose buone. Intanto costruisco un cammino. Non rischierei di essere solo posizionato ideologicamente". Lo segue a ruota in perfetto stile veltroniano il vicepresidente del Senato, Milziade Caprili, che a "la Repubblica", quotidiano che sostiene in prima fila la campagna razzista e xenofoba del PD e del governo Prodi, ha dichiarato: "Il provvedimento era necessario. In certi momenti il carattere d'urgenza è giustificato. La sinistra deve ritrovare una connessione sentimentale con il proprio popolo". 7 novembre 2007 |