Non è cambiato niente rispetto alla politica imperialista di Berlusconi Il governo Prodi non condanna il bombardamento Usa in Somalia Non è sufficiente la "contrarietà" di D'Alema. Rifondazione copre a sinistra il governo Le reazioni del governo Prodi al criminale atto di pirateria internazionale degli Usa contro la Somalia sono state a dir poco deboli, insufficienti e servili, e perciò assolutamente inaccettabili da parte di un governo che si autoproclama di "sinistra" e che si vanta di aver voltato pagina rispetto alla politica filoamericana di Berlusconi. Gli infernali bombardamenti di alcuni villaggi nel sud del Paese africano, che col pretesto di dar la caccia ai "terroristi" di Al Qaeda hanno provocato decine e forse centinaia di vittime civili, è stato declassato ipocritamente a "operazione militare" in una nota diplomatica emessa dalla Farnesina, e solo per ribadire semplicemente la "contrarietà dell'Italia ad iniziative unilaterali che potrebbero innescare nuove tensioni in un'area già caratterizzata da forte instabilità", e anche perché "tali operazioni comportano inoltre un elevato costo in termini di vittime innocenti tra la popolazione civile". Il nostro ministero degli Esteri, in sostanza, non protestava per l'atto banditesco e criminale in sé, in quanto aggressione armata imperialista di stampo nazista, attuata dagli Usa in spregio alle più elementari e consolidate regole del diritto internazionale, ma esprimeva solo disappunto per il carattere unilaterale e "controproducente" dell'"operazione" dell'alleato americano, e per le "troppe" vittime civili. D'Alema si è anzi non soltanto guardato bene dal mettersi in aperta collisione con Washington, pesando col bilancino le parole affinché la posizione del governo italiano non apparisse eccessivamente critica, ma ha addirittura usato l'accortezza diplomatica di inviare la nota al dipartimento di Stato americano prima di diffonderla alla stampa, in segno di servile reverenza verso la sua "amica" Condoleezza Rice. Ciononostante, per nulla ammansita, quest'ultima ha fatto rispondere a muso duro da un suo incaricato che "gli esponenti del nostro governo coinvolti negli sforzi antiterrorismo sono pagati per fare scelte difficili", augurandosi che le critiche degli alleati "si plachino quando saranno disponibili ulteriori informazioni". Quello che il rinnegato a capo della Farnesina voleva far capire all'alleato d'oltreoceano, più che altro, era che con i suoi brutali sistemi da sceriffo internazionale rischia di mandare a gambe all'aria il lavoro del Gruppo di contatto per la Somalia, di cui anche l'Italia fa parte accanto agli Usa e ad altri Paesi europei, per l'attuazione della risoluzione 1725 dell'Onu che mira a coprire l'invasione etiopica e stabilizzare un regime filo occidentale a Mogadiscio con l'invio di truppe internazionali: "Riteniamo che le istituzioni internazionali, ivi comprese quelle a carattere regionale, debbano moltiplicare i propri sforzi per favorire un processo di pacificazione interno e tra i paesi confinanti", concludeva infatti la nota diplomatica diffusa da D'Alema, pensando evidentemente al rischio che l'improvvisa escalation militare impressa dagli Usa possa restringere gli spazi di manovra che si erano aperti per il reinserimento della politica neocoloniale italiana nel Corno d'Africa. A dargli manforte su questa linea è intervenuta anche la sua vice-ministra Patrizia Sentinelli, di Rifondazione, che nel definire "molto grave" l'intervento militare americano ha insistito sul fatto che "la ripresa del dialogo e del negoziato che abbiamo richiesto con vigore (come governo italiano, ndr) deve prendere il posto delle armi. Ulteriori azioni militari in quel paese non possono infatti che complicare ulteriormente la soluzione di una crisi difficile e complessa". Stessa musica anche da parte dello stesso presidente del Consiglio, che in un'intervista a France 24, la Cnn francese, ha dichiarato che "i raid aerei in Somalia sono un intervento che non ci voleva", perché così "si moltiplicano i problemi con i paesi, Medio Oriente, Iraq, Libano ed oggi la Somalia, mentre è il momento di prendere decisioni concertate e multilaterali". Una posizione, questa di Prodi, altrettanto ipocrita e opportunista di quella di D'Alema, ma più che sufficiente per il capogruppo di Rifondazione trotzkista al Senato, Russo Spena, per spellarsi le mani nel plaudire al "nuovo corso imboccato dalla politica estera italiana grazie al governo di centrosinistra" di cui, a suo dire, "le critiche mosse dal presidente del Consiglio agli Usa sono un segnale concreto". Ma quando mai? La non condanna dei criminali raid americani, attuati in tutta evidenza come precedente per altri e più pericolosi interventi internazionali dell'imperialismo a stelle e strisce, conferma se ce ne fosse ancora bisogno la sudditanza del governo di "centro-sinistra" al governo di Washington: né più né meno di quando c'era il governo Berlusconi, rispetto al quale non è cambiato nulla in politica internazionale, eccetto una maggior cautela nel cercare di ammantare quest'ultima con il "multilateralismo", nel restare agganciati all'imperialismo europeo e nell'avere sempre la copertura della "sinistra radicale". Ma sempre facendo bene attenzione a non guastare i rapporti "strategici" con l'alleato d'oltreoceano. Non per nulla, per rabbonirlo e stornare i possibili sospetti di "appeasement" con il mondo islamico (e anche di concorrenza europea in una sua tradizionale sfera d'influenza), D'Alema in visita a Riad si è affrettato a dichiarare che "siamo un po' più filoamericani dei sauditi" e che comunque "non si può confondere un'alleanza storica che per noi costituisce il pilastro della politica estera italiana, con il fatto di assentire o dissentire con questa o quella iniziativa". 17 gennaio 2007 |