Tra i suoi sponsor Berlusconi, Gianni Letta e l'indagato e poi arrestato banchiere Ponzellini Grilli a caccia di raccomandazioni per diventare governatore di Bankitalia Invece di discolparsi il ministro dell'Economia continua a fare il pesce in barile Il 28 settembre il ministro dell'Economia Vittorio Grilli, nell'ambito evidentemente della campagna "moralizzatrice" del governo Monti per placare l'indignazione popolare contro il dilagare della corruzione politica, scrive una lettera al Direttore generale del suo dicastero e al Ragioniere dello Stato chiedendo di licenziare i manager pubblici corrotti e di attivarsi per ottenere il risarcimento dei soldi indebitamente intascati. Il giorno dopo il quotidiano la Repubblica ne dà la notizia con grande risalto in 4ª pagina: "Grilli all'attacco: via i manager corrotti dalle aziende pubbliche". Senonché nella stessa edizione, sia pure con molto meno risalto e solo a pag. 28, dà anche notizia di imbarazzanti manovre di Grilli con il banchiere inquisito Ponzellini, durante l'estate dello scorso anno, per farsi nominare successore di Mario Draghi alla presidenza della Banca d'Italia, che a fine maggio era stato chiamato a dirigere la Banca centrale europea (Bce). Notizia che fa indubbiamente a pugni con il bellicoso proclama contro i corrotti di Stato del successore di Tremonti e dello stesso Monti al ministero di via XX settembre. Comunque essa è stata ripresa e rilanciata nei giorni successivi da altri giornali, soprattutto da Il Fatto Quotidiano, che gli ha dato invece molto risalto, ma anche da quotidiani non certo ostili al governo Monti, come l'organo confindustriale Il Sole 24 Ore. Chi è l'arrestato Ponzellini, sodale di Grilli Tanto per capire l'ambiente affaristico-politico in cui si è svolta questa vicenda in cui Grilli è invischiato fino al collo (e che non è la sola, come vedremo più avanti), è utile sapere chi è Massimo Ponzellini: il presidente della Banca popolare di Milano (Bpm), amico strettissimo dell'ex ministro Tremonti e di Umberto Bossi, è attualmente agli arresti domiciliari dal maggio scorso, insieme al suo fidato collaboratore Antonio Cannalire, su richiesta della procura di Milano, con le accuse di infedeltà patrimoniale e associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, appropriazione indebita, emissione di fatture false e riciclaggio. Le non leggere accuse scaturiscono da un'inchiesta sui finanziamenti facili concessi dalla Bpm a personaggi equivoci e in odore di mafia, come Francesco Corallo (tuttora latitante all'estero) e le sue società Atlantis e Bplus, operanti nel campo dei videopoker e delle slot machines; nonché a personaggi politici e ai loro amici della sua area di riferimento, tra cui spiccano i nomi di Paolo Berlusconi, l'ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, Daniela Santanché. Nel giugno 2011 Vittorio Grilli, candidato dell'ex ministro Tremonti e di Umberto Bossi, è in concorrenza con Fabrizio Saccomanni e Lorenzo Bini Smaghi e attiva la sua rete di amicizie per ottenere l'incarico alla successione a Draghi alla testa di Bankitalia. Grilli, allora Ragioniere generale dello Stato, non sapeva che Ponzellini era indagato e sottoposto a intercettazione dalla magistratura, però sapeva che la Bpm era sotto ispezione da parte della Banca d'Italia, ma al telefono, chiamandolo confidenzialmente "Max" o "Massi", gli chiede di intercedere per favorire la sua candidatura alla presidenza dello stesso istituto nazionale che sta indagando sui conti sospetti della banca del suo amico! D'altra parte Ponzellini è molto interessato a che Grilli diventi presidente di Bankitalia, perché in quella veste potrebbe far attenuare i controlli dell'istituto di vigilanza sui conti della Bpm, controlli che erano risultati molto negativi, tanto che l'ispezione si era conclusa a marzo 2011 in modo disastroso, imponendo modifiche sia patrimoniali che dirigenziali all'istituto di credito milanese. "Berlusconi ha tenuto duro: il nome è Grilli" Il 29 giugno 2011 Draghi si reca da Berlusconi per parlare della sua successione. Alla riunione erano presenti anche Alfano, Bonaiuti e Letta. Ponzellini incarica Cannalire, tramite certo "Valentino" (presumibilmente il PDL Valentini) di indagare sui risultati della riunione. Cannalire lo richiama e gli riferisce che hanno parlato anche della candidatura di Grilli, sostenuta da Alfano, ma Draghi era sembrato "molto freddo, distaccato". Ma Grilli, forte dei suoi sponsor eccellenti, non si scoraggia, e quello stesso giorno commenterà così il fatto al telefono con Ponzellini: "Comunque Berlusconi ha tenuto duro e ha detto: il nome è Grilli". D'altronde anche Gianni Letta lo appoggia: "Mi sembra che una volta ha detto a Draghi il mio nome...secondo me lui dovrebbe fare un giro di telefonate con l'opposizione per fargli presente le indicazioni del governo, me lo ha detto Berlusconi al Quirinale". A questo proposito Grilli chiede un favore a Ponzellini: Berlusconi gli ha suggerito di cercare di contattare i partiti dell'opposizione per ottenere anche il loro via libera, o quantomeno la loro neutralità. Con Casini non ci sono problemi, perché, nota Grilli, "è molto amico di Draghi e quello stesso ambiente di cui stiamo...", il problema semmai è il "centro-sinistra". "Prodi è tutto pro-Saccomanni", conferma Ponzellini. Ma Grilli vorrebbe far arrivare il messaggio direttamente a Bersani, solo che non sa come fare. Gli basterebbe che il leader del PD non lo ostacolasse: "Non pretendiamo che dica fantastico è il miglior candidato, uno può dire però è un'ottima persona, capiamo...una roba del genere", suggerisce all'amico, invitandolo implicitamente a fare da intermediario. E Ponzellini lo rassicura: "Su Bersani noi chiamiamo. In banca abbiamo tanti dei suoi, eh"! Richiesto di commentare queste imbarazzanti frasi, il leader del PD non ha trovato di meglio che farfugliare: "Non lo so, su questo francamente non ho un'idea". "Ovviamente tu smentisci tutto, acqua in bocca..." Il 2 luglio, sempre secondo le intercettazioni riportate dalla stampa e pubblicate integralmente sul sito de Il Fatto Quotidiano, Grilli telefona a Ponzellini lamentandosi che a Milano circola "un cavolo di voce" secondo cui "se vado io la Banca d'Italia si tranquillizza tutto, con la Popolare di Milano...cioè continua a far circolare sta voce per poi ovviamente colpire me". Di conseguenza gli chiede di cercare di scoprire chi l'ha messa in giro e raccomanda al suo amico: "ovviamente tu smentisci tutto". E poi aggiunge: "acqua in bocca", e Ponzellini lo rassicura dicendogli che non solo lui "non ha parlato", ma che sta attento e "si maschera", evitando perfino di scrivere il suo nome in agenda quando deve segnarsi un appuntamento (ci mette infatti il nome di un loro comune amico al posto suo), e tende anche a non venire a Roma per non avvalorare, incontrandolo nella capitale, le suddette voci. La contesa si concluderà poi con l'assegnazione della presidenza di Bankitalia a Ignazio Visco, già dirigente dell'istituto di palazzo Koch, decisa da Berlusconi su insistenza di Napolitano. Grilli sarà compensato però con la nomina a viceministro del governo Monti, per poi salire quest'estate alla carica di ministro dell'Economia. Su questa vicenda Grilli ha mantenuto il silenzio per diversi giorni. Precedentemente aveva rifiutato di commentare anche la notizia che il suo nome era comparso in un'altra intercettazione imbarazzante, quella contenuta nell'inchiesta della procura di Napoli per corruzione internazionale e riciclaggio (tangenti per la vendita di elicotteri al governo Indiano, beneficiaria la Lega Nord e in particolare il suo attuale leader, Maroni) e riguardante il presidente di Finmeccanica, Giuseppe Orsi con l'ex presidente (recentemente rimosso) dello Ior vaticano, Ettore Gotti Tedeschi, anch'egli indagato dai pm napoletani. In questa intercettazione, resa pubblica dalla trasmissione di La7, Piazza Pulita, Orsi aveva confidato a Gotti Tedeschi di aver "sistemato dei casini" fatti dalla ex moglie di Grilli, l'imprenditrice americana Lisa Lowenstein, coprendo le uscite di denaro a suo favore con delle false consulenze. Come a voler confidare all'amico che l'allora sottosegretario gli doveva un favore. Sia Orsi che la ex moglie di Grilli hanno smentito recisamente, tuttavia quelle frasi compaiono nero su bianco in atti giudiziari. Risposta ipocrita e reticente Dopo che anche Il Sole 24 Ore aveva preso posizione, attraverso un duro editoriale dell'economista Luigi Zingales che gli chiedeva di fare chiarezza sul contenuto delle intercettazioni, Grilli si è finalmente deciso a rispondere, con una lettera indirizzata al quotidiano della Confindustria in cui ricorda che la circostanza riguardante i presunti favori fatti da Orsi alla sua ex moglie è già stata smentita da un comunicato dell'avvocato della Lowenstein e dalle società interessate, e che per quanto lo riguarda "mai ho chiesto o sollecitato qualsivoglia tipo di intervento a favore di Lisa Lowenstein a dirigenti Finmeccanica presenti o passati". Quanto alle telefonate con Ponzellini, Grilli precisa che l'amicizia con il banchiere data da vent'anni e che "durante le settimane che hanno preceduto la nomina a governatore della Banca d'Italia diversi conoscenti e amici mi hanno reso partecipe, in forma privata, delle loro considerazioni e valutazioni in merito alla vicenda, così come penso sia comprensibile accada in questi casi. È solo in questa chiave amicale e privata che possono essere lette le conversazioni, con mia sorpresa pubblicate, e giudicato il loro tono colloquiale e informale". Una risposta ipocrita e reticente che non spiega nulla, su una vicenda, anzi due, che si aggiungono alla ormai lunga catena di episodi di corruzione, nepotismo e conflitti di interessi che hanno coinvolto ministri e sottosegretari del governo cosiddetto "tecnico" del tecnocrate borghese, massone e finanziere internazionale, nonché massacratore sociale, Mario Monti. 10 ottobre 2012 |