Con l'accordo di Bersani L'Italia partecipa alla guerra imperialista e coloniale in Mali L'Unione europea invierà un contingente di 450 militari Il Consiglio dei ministri del 18 gennaio ha deciso che l'Italia è pronta a fornire il proprio appoggio alle operazioni di guerra francesi in Mali, escludendo l'intervento militare diretto. Vuole essere in prima fila nella guerra imperialista e coloniale in Mali. Una decisione preannunciata nei giorni precedenti dal ministro degli Esteri Giulio Terzi e confermata il 17 gennaio al termine del consiglio straordinario dei ministri degli Esteri dell'Unione europea a Bruxelles. Le forze armate italiane, sosteneva Terzi, metteranno a disposizione le principali basi aeree nazionali, da Sigonella e Trapani Birgi in Sicilia a Gioia del Colle in Puglia e Decimomannu in Sardegna, i velivoli da trasporto truppe e mezzi della Brigata Aerea di Pisa e i velivoli cisterna Kc-767 di Pratica di Mare per rifornire in volo i cacciabombardieri francesi. Dalla base di Sigonella gli aerei senza pilota americani avrebbero compiuto voli di ricognizione nel nord del Mali già prima dell'intervento francese. Il summit di guerra europeo aveva ufficializzato il sostegno dell'Unione europea imperialista alla Francia, che intanto ha avviato l'attacco di terra per riconquistare il nord del paese. I ministri degli Esteri dei 27 davano il via libera alla missione Eutm (European union trainig mission), che prevede entro la metà di febbraio l'invio nel paese africano di 450 uomini, di cui 200 istruttori, agli ordini del generale Francois Lecointre che piazzerà il con quartiere generale a Bamako. L'intervento in Mali durerà 15 mesi. Alla forza decisa a Bruxelles si aggiungerà il supporto logistico che ciascun paese ha già offerto a Parigi, come l'Italia. In nessun caso, si affermava, gli uomini impegnati nella missione Eutm verranno coinvolti in operazioni militari. Però la rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, non escludeva del tutto l'ipotesi affermando che "sono molti i paesi che hanno offerto sostegno logistico alla Francia non escludendo nemmeno quello militare". Nella riunione del 18 gennaio il governo italiano affermava che condivideva "la posizione dell'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari europei", quindi anche il possibile intervento diretto? Stando alle cronache risulta che nel governo ci sarebbe una posizione che non si accontenterebbe del solo supporto logistico alla Francia, espressa dal ministro della Difesa, l'ammiraglio Giampaolo Di Paola, che avrebbe chiesto di limitare il contributo italiano al solo supporto logistico ma direttamente su territorio maliano al fianco dei soldati francesi. D'altra parte il via libera all'intervento militare francese è stato ribadito anche da Romano Prodi, ora inviato speciale delle nazioni Unite per il Shael che in una intervista riportata su l'Unità del 17 gennaio affermava che "su tanti episodi bellici, tra cui la guerra in Libia, ho manifestato profondi dubbi. Stavolta posso dire che non vi erano altri strumenti di intervento, se non quelli militari, per evitare che si consolidasse una zona franca terroristica nel cuore dell'Africa". Prodi dava una sponda al collega Bersani che dopo aver sostenuto che "non si può lasciare sola la Francia, bisogna fermare formazioni jihadiste sanguinarie", precisava che non si tratterebbe di una posizione guerrafondaia, tanto che persino un "pacifista assoluto come Prodi, inviato dell'Onu nell'area, ha detto che questo intervento ci voleva". L'alleato elettorale Vendola faceva notare: "credo che in Mali sia stata compiuta una forzatura anche rispetto al mandato Onu richiesto dal governo maliano che prevedeva l'intervento di una forza panafricana. Quello che va scongiurato non è solo il pantano tipo Afghanistan ma dobbiamo evitare di dare una mano a far divampare un incendio molto più esteso della dimensione regionale del Mali". La sua "opposizione" però si limitava alla semplice dichiarazione. Eppure anche per il ministro per la Cooperazione internazionale Riccardi al termine del consiglio dei ministri, cui aveva partecipato, ripeteva che "il Mali è spaccato in due, la Francia ha deciso l'intervento militare. Loro conoscono il terreno, qualcosa andava fatto, però stiamo attenti, lì inizia qualcosa che non finirà facilmente". E ricordava come l'intervento francese rischi di aggravare ulteriormente la situazione trasformando il paese africano "nel nostro Afghanistan". Nel quale si sta cacciando a capofitto l'imperialismo italiano. 23 gennaio 2013 |