Monti sordo a ogni richiesta di sospendere i lavori, come il suo predecessore Berlusconi Il governo dichiara guerra alla Val di Susa Allo studio provvedimenti penali fascisti per bloccare la rivolta. Il rinnegato Napolitano rifiuta di incontrare gli amministratori della valle I No Tav non si fanno intimidire e continuano la resistenza Dopo la grande manifestazione del 25 febbraio di 100 mila persone in Val di Susa, che aveva mostrato tutta la forza e la determinazione del movimento No Tav e la sua capacità di attrarre simpatie in tutto il Paese, e dopo l'emozione suscitata il 27 febbraio per la sorte del dimostrante No Tav Luca Abbà, ricoverato in gravissime condizioni per la caduta da un traliccio dell'alta tensione, anche per responsabilità dei poliziotti che cercavano di arrestarlo, emozione che aveva provocato a sua volta un'altra fiammata di lotte e di proteste in tutta Italia, da Palermo ad Aosta, il governo Monti ha deciso di chiudere ogni spazio di trattativa e di mettere in campo tutta la forza repressiva dello Stato per stroncare una volta per tutte la lotta del popolo della Val di Susa. I segnali di questo giro di vite si sono visti la sera stessa di lunedì 27, con lo scioglimento violento, con l'uso di idranti e gas lacrimogeni, del blocco stradale sull'autostrada A32 presso Salbertrand, a cui è seguita una selvaggia caccia all'uomo da parte di polizia e carabinieri che hanno inseguito i manifestanti fin tra le case del paese, sfondando porte e terrorizzando la popolazione. A dare una mano al governo sono intervenuti anche i mass-media di regime, scatenando un'asfissiante propaganda per criminalizzare il movimento No Tav, dipinto come ormai caduto in mano ai "violenti" e a frange vicine al "terrorismo", prevalentemente venute da fuori, che terrebbero "in ostaggio" gli abitanti della valle ormai "stanchi" delle loro violenze e disposti a venire a patti col governo accettando la Tav in cambio di compensazioni economiche. In questa sporca campagna, oltre naturalmente ai quotidiani dichiaratamente neofascisti e berlusconiani come Il Giornale e Libero, si distingue particolarmente il Corriere della Sera, invitando il governo ad usare tutti i mezzi per stroncare la rivolta: "Stato troppo timido con i violenti, il tempo delle ambiguità è finito", titolava il 2 marzo il giornale della grande borghesia industriale e finanziaria. E persino la Repubblica e l'Unità si sono uniti al coro e fanno la loro parte per screditare e criminalizzare e dividere il movimento No Tav. Lo si è visto chiaramente anche da come hanno retto il sacco alla montatura mediatica, chiaramente orchestrata per controbilanciare l'emozione suscitata dalla vicenda di Abbà, incentrata sul video del manifestante che "insultava" un carabiniere chiamandolo "pecorella"; un video non a caso montato ad arte dal Corriere della Sera e subito sfruttato dal governo con un encomio all'"eroico" carabiniere che aveva sopportato la provocazione - in realtà piuttosto blanda - del manifestante senza reagire, per dimostrare che la violenza è dalla parte dei No Tav e non delle "forze dell'ordine" che stringono d'assedio e terrorizzano la valle. Tant'è che poi, quando quel manifestante è stato massacrato di botte dai carabinieri, la Repubblica non ha trovato da commentare altro che "anche le pecorelle hanno diritto alla rivincita, che arriva puntuale". La lotta si espande Ma nonostante il clima avvelenato sparso dai mass-media di regime e dal governo i No Tav non si lasciavano intimidire, continuando la mobilitazione con assemblee e blocchi improvvisi della circolazione stradale, anche per ostacolare i cambi di turno dei poliziotti. Giovedì 1° marzo, in un violento attacco della polizia ad uno di questi blocchi il leader No Tav Alberto Perino ha avuto un gomito rotto da una manganellata, mentre un giovane manifestante è stato arrestato. Contemporaneamente altri blocchi stradali e dimostrazioni di protesta si svolgevano a Torino, con il blocco della tangenziale e una dimostrazione davanti alla sede Rai, e in altre parti d'Italia, tra cui alle stazioni di Genova e di Ancona, a Bologna, a Paola (Cosenza), dove è stata impedita la partenza di un treno. E poi ancora altre manifestazioni No Tav si svolgevano a Palermo, Cagliari, Brescia, Brindisi, Campobasso, Catania, Empoli, Firenze, La Spezia, Milano, Lucca e una perfino a Parigi. A Roma un gruppo di manifestanti entravano per protesta nella sede del PD, distintosi particolarmente nella faziosità contro il movimento, occupandola simbolicamente per qualche ora. Più volte, infatti, il suo segretario, il liberale Bersani, ha dichiarato pubblicamente che il movimento No Tav favorisce il ritorno del terrorismo. Altre manifestazioni si sono svolte sabato 3 marzo in diverse città, a partire da Bussoleno, dove dopo un'assemblea è partito un corteo che ha bloccato di nuovo la A32; a Milano, con un corteo in centro fino a piazza Duomo, a Trento, Trieste, Pesaro, Livorno (dove sono stati occupati i binari della Tav), a Perugia, dove è stata bloccata la stazione, e Roma, dove si è formato un corteo di alcune migliaia di manifestanti che hanno effettuato blocchi della tangenziale e della A24 Roma-L'Aquila. Lo stesso rinnegato Napolitano, come rivelava il Corriere della Sera, preoccupato per l'estendersi della rivolta, si dava da fare con telefonate e contatti con il procuratore di Torino, Caselli, con il commissario alla Tav, Virano, e con la ministra dell'Interno, Cancellieri, per essere informato della situazione e fare pressioni per un intervento urgente del governo che facesse sentire "che lo Stato c'è", e che lo facesse subito. Ed è stato subito accontentato. Giovedì 1° marzo la ministra Cancellieri convocava al Viminale un vertice con il sindaco di Torino, Fassino (PD), il presidente della Provincia Saitta (PD) e il governatore del Piemonte, il leghista Cota, e i capi della polizia e dei carabinieri, Manganelli e Gallitelli. Tutti d'accordo nel definire la Tav in Val di Susa un'"opera strategica irrinunciabile" e nel subordinare ogni possibilità di dialogo "alla cessazione di ogni forma di sopruso e violenza e all'isolamento di chi vi ricorra". La ministra ha anche ricordato che "è responsabilità di chi ha incarichi istituzionali, a partire dai sindaci, operare perché le leggi e le regole della nostra convivenza civile siano rispettate", sottolineando che "le forze dell'ordine interverranno con determinazione per far rispettare la legalità". Il rinnegato Fassino ha aggiunto soddisfatto che solo dopo si potrà discutere, ma su come realizzare la linea Torino-Lione, "non su come annullarla. È un'opera strategica e si deve portare a termine nei tempi e nei modi previsti". "Chi paga i No Tav? Dove prendono i soldi, bisognerebbe indagare", ha chiesto a sua volta alla Cancellieri il leghista Cota, che come l'ex ministro di polizia Maroni e tutta la Lega vorrebbe l'intervento dell'esercito in Val di Susa, e che ha proposto, per ora inutilmente, di far svolgere ai sindaci di "centro-destra" della valle una provocatoria marcia "pro Tav" sull'esempio della famigerata "marcia dei 40 mila" della Fiat. Il pugno di ferro di Monti Subito a ruota, il 2 marzo, presieduto da Monti appena rientrato da Bruxelles, si è tenuto un vertice a Palazzo Chigi con la presenza della Cancellieri, del ministro dello Sviluppo economico, Passera, dell'Ambiente, Clini, della Giustizia, Severino, e del commissario alla Tav, Virano. Un vertice in cui si è chiuso ogni spiraglio ad ogni possibile riconsiderazione dell'utilità dell'opera, come chiedono anche gli economisti della Voce.info e ben 360 docenti universitari, e in cui lo Stato borghese dichiara formalmente guerra all'intera Val di Susa: "Il governo - ha sentenziato infatti Monti in apertura della successiva conferenza stampa - ha deciso di confermare con piena convinzione la tempestiva realizzazione dell'opera". Ed ha aggiunto: "La libertà d'espressione del pensiero è un bene fondamentale e lo Stato è impegnato a tutelarlo, ma non saranno consentite forme di illegalità e sarà contrastata ogni forma di violenza". Il governo Monti si mostra dunque completamente sordo alle giuste istanze dei valsusini e di tutti gli italiani che vogliono difendere il nostro amato Paese dalle grinfie della speculazione capitalistica e mafiosa. Sordo né più né meno del suo predecessore Berlusconi. E come potrebbe essere altrimenti, essendosi già ampiamente smascherato come il governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale, nato apposta per scaricare sui lavoratori e le masse popolari la crisi economica e finanziaria del sistema capitalistico di cui è uno dei massimi rappresentanti? Lo hanno ben capito i No Tav della Val di Susa, subito riunitisi in assemblea a Bussoleno per rispondere alla dichiarazione di guerra del governo: "Se volete andare avanti allora fateci arrestare tutti, perché noi non molleremo mai", ha detto Alberto Perino interpretando la volontà di resistenza di tutti i No Tav della valle. E poi ha aggiunto: "Hai detto che non tollererai la violenza, ti prendiamo in parola, caro Monti. Ma questo deve valere anche per i poliziotti. Sei il peggior primo ministro che abbia mai avuto la Repubblica". I No Tav non si lasciano intimidire dalle brutali e fasciste, ancorché paludate dietro un linguaggio asettico, minacce del tecnocrate borghese Monti, e non demordono. Ad essi deve andare la solidarietà militante di tutti i sinceri democratici, progressisti e antifascisti, perché questa non è solo una sacrosanta battaglia per evitare un nuovo scempio ambientale e uno sperpero di denaro pubblico, mentre si chiedono sacrifici immani a pensionati e lavoratori, ma è parte integrante della lotta più generale a fianco degli operai della FIOM che si battono contro il nuovo modello di relazioni industriali mussoliniane di Marchionne, degli studenti che si battono contro la distruzione della scuola e dell'Università pubbliche, dei precari e dei disoccupati che rivendicano un vero lavoro, dei pacifisti e degli antimperialisti che lottano contro l'interventismo e le spese militari come per gli F-35 e le missioni all'estero, e di tutti i lavoratori e le masse popolari che subiscono il massacro sociale del governo Monti. Lo hanno capito benissimo anche Monti e Napolitano, che temono la saldatura del movimento No Tav con la ribellione sociale alla politica di lacrime e sangue del governo, verso uno scenario di tipo greco; e perciò, in pieno accordo con Berlusconi, Bersani e Casini, lo vogliono stroncare prima che arrivi a varcare stabilmente i confini della Val di Susa. Le misure repressive fasciste allo studio In questo nero quadro è giunta fuori tempo massimo e risulta del tutto inadeguata la proposta di moratoria di un mese con l'istituzione di un "tavolo tecnico" contenuta nell'appello lanciato da Don Ciotti e firmata anche dal leader di SEL, Vendola, i sindaci Emiliano e De Magistris, la leader europea dei verdi, Frassoni, alcuni giuristi come Pepino, Mattei e Palombarini, intellettuali come Revelli e Mezzadra, il sindacalista Airaudo ed altri. A cui si è affiancato anche il leader IDV, Di Pietro, chiedendo una sospensione per effettuare una "verifica tecnica". Anche perché il governo non solo ha già chiuso ogni possibile spazio al "dialogo", ma ha dichiarato guerra totale e senza quartiere ai No Tav. Tant'è vero che sta vagliando tutte le ipotesi giuridiche e poliziesche utili per vincere questa guerra, tra cui: la riesumazione del reato penale di blocco stradale, punibile da 1 a 6 anni di reclusione, con la facoltà per i poliziotti di arrestare sul posto i manifestanti anziché solo sgombrarli con la forza; la possibilità di estendere il reato di associazione a delinquere anche ai manifestanti No Tav accusati di atti di violenza; la riesumazione di alcune delle misure proposte a suo tempo da Maroni per estendere alle manifestazioni politiche le contromisure già in atto per quelle sportive, come i Daspo e gli arresti differiti; la dichiarazione di "sito strategico" per la Val di Susa, con la possibilità di far intervenire l'esercito, come per le discariche in Campania. Accanto a questo il governo sta studiando una strategia per dividere e corrompere i valligiani, convincendo i comuni più riottosi a dire sì alla Tav in cambio di compensazioni in denaro e di sgravi fiscali, facendo balenare lucrosi affari agli albergatori con convenzioni per gli operai della Tav per dormire e mangiare negli alberghi della zona, e perfino di dichiarare alcune località della valle "zona franca", dove verrebbe permesso il gioco d'azzardo e altre attività al limite dell'illegalità: col che la mafia non solo lucrerebbe sugli appalti Tav, ma si impianterebbe stabilmente nella valle facendone un suo feudo legalizzato. Va considerato inoltre che mai come su questa vicenda la compattezza dei partiti della maggioranza, PDL, PD e Terzo polo, intorno alla linea dura di Monti è stata così totale. A questi bisogna aggiungere poi la Lega, che in questa vicenda, guarda caso, ha preferito gettare la maschera di partito che difende le popolazioni locali dall'arroganza di Roma e dell'Europa, dati gli enormi interessi economici in gioco e per non restare a bocca asciutta nella spartizione della ricca torta. Dunque da questo parlamento nero e dai partiti del regime neofascista la popolazione della Val di Susa non ha nessuna possibilità di essere ascoltata. Se poi qualcuno avesse ancora dei dubbi sulla politica del pugno di ferro del governo e delle istituzioni e sulla loro volontà di schiacciare il movimento No Tav, ci ha pensato il rinnegato Napolitano a chiarirli, col suo arrogante e sdegnoso rifiuto di incontrare a Torino una delegazione degli amministratori della valle, liquidando la lunga e coraggiosa lotta dei valsusini in difesa del territorio con queste sprezzanti parole: "L'espressione del sacrosanto diritto al dissenso su qualsiasi scelta e decisione politica e di governo, deve escludere il ricorso a violazioni di legge, violenze, intolleranze e intimidazioni, come quelle che si sono purtroppo verificate anche negli scorsi giorni in nome dell'opposizione al progetto TAV Torino-Lione". Un nuovo blocco dell'autostrada Torino-Bardonecchia è stata la giusta risposta che i No Tav hanno dato allo sprezzante rifiuto del nuovo Vittorio Emanuele III. 7 marzo 2012 |