Non accettano il veto Usa sulla formazione di un governo di unità nazionale Gli Hezbollah escono dal governo libanese La Siria condanna con forza l'assassinio del ministro Gemayel che "mira a destabilizzare il Libano e minacciare la sua pace civile" L'11 novembre i ministri sciiti di Hezbollah e di Amal si sono dimessi dal governo del premier Fuad Siniora; il 13 novembre rassegnava le dimissioni anche un altro ministro greco-ortodosso sostenendo di non poter far parte di un esecutivo in cui una comunità confessionale non fosse rappresentata come previsto dalla Costituzione. Le ragioni fondamentali delle dimissioni dei cinque ministri sciiti erano spiegate dal leader di Hezbollah, Sayyed Hassan Nasrallah: "noi non possiamo riporre la fiducia in questo governo risponde alle decisioni e ai desideri dell'Amministrazione americana". Il governo di Siniora era nato dalle elezioni seguite all'omicidio dell'ex premier Rafik Hariri avvenuto il 14 febbraio 2005 che aveva dato il via a una nuova offensiva imperialista e sionista per destabilizzare il paese. Washington e Tel Aviv alimentavano le accuse contro la Siria per la morte di Hariri e con la complicità dell'Onu acceleravano il previsto ritiro delle truppe siriane dal paese e promuovevano la costituzione di un tribunale internazionale che nelle loro intenzioni ha un verdetto già scritto: la colpevolezza di Damasco. La costituzione del governo guidato da Siniora doveva essere la garanzia dello sviluppo dei progetti americani e israeliani per il controllo del Libano. Usa e Israele non avevano fatto i conti con le formazioni sciite e in particolare con Hezbollah che hanno tentato inutilmente di mettere in ginocchio e di isolare con l'invasione del paese. La vittoria della resistenza di Hezbollah sugli invasori sionisti ha invece ancora di più legittimato la sua richiesta della revisione della formazione della compagine governativa nella trattativa che si era svolta già a inizio 2006. La discussione tra le parti libanesi per la definizione di un nuovo esecutivo però era pesantemente compromessa dal diretto intervento degli Usa che con l'ambasciatore a Beirut Jeffrey Feldman appoggiavano i fascisti di Samir Geagea, il massacratore dei palestinesi a Sabra e Chatila, e i drusi di Walid Jumblatt per silurare i tentativi di mediazione. L'intervento degli Usa a sostegno del governo Siniora ha portato tra l'altro nel corso del 2006 al versamento nelle casse del ministero della Difesa libanese di circa 10 milioni di dollari per rimettere in funzione il parco di autocarri e blindati, i principali mezzi di trasporto dei reparti. Altri due milioni di dollari sono andati al finanziamento delle unità libanesi "antiterrorismo". Più di cento ufficiali hanno inoltre partecipato a programmi di formazione nelle accademie statunitensi. Il capo di stato maggiore libanese Michel Sliman, d'intesa col presidente Lahoud, aveva chiesto al governo di costruire un esercito in grado di difendere il paese da nuove offensive israeliane e aveva suggerito di acquistare elicotteri da combattimento Apache e Cobra, mezzi corazzati dell'ultima generazione, navi per la difesa costiera, moderni sistemi di contraerea e artiglieria pesante. Proposta rifiutata da Usa, Gran Bretagna e Francia, i principali finanziatori del programma di ammodernamento dell'esercito libanese. Che nelle loro intenzioni dovrebbe servire a disarmare le formazioni della resistenza di Hezbollah e non certo a difendere la sovranità del Libano dalle continue violazioni dei sionisti. Il 2 novembre, durante una visita a Washington del leader druso Walid Jumblatt, la Casa Bianca definiva la richiesta sciita di un allargamento della loro rappresentanza nel governo un "tentativo di colpo di stato ispirato da Damasco e Teheran" e facendo carta straccia della sovranità libanese, rigettavano la richiesta come una violazione della risoluzione 1701 dell'Onu sul cessate il fuoco. Come dire che il Libano non è più uno stato sovrano e può cambiare il governo solo col permesso di Washington. Negli stessi giorni arrivava inaspettato al governo di Beirut il testo della bozza dell'Onu sul tribunale internazionale per l'omicidio di Hariri che il premier Siniora avrebbe voluto approvare a tambur battente. Il responsabile Esteri di Hezbollah, Sheik Alì Daamush, spiegava che "noi siamo sempre stati favorevoli all'istituzione del tribunale. Ma Siniora ha voluto anteporre l'approvazione della bozza al negoziato per la formazione del governo di unità nazionale; a questo punto non c'è rimasto che uscire". Le dimissioni dei sei ministri avrebbero dovuto rimandare questa decisione al nuovo esecutivo ma il premier ha voluto forzare la mano e il 13 novembre ha fatto approvare la bozza ai ministri rimasti. Una decisione criticata anche dal presidente della repubblica Emile Lahud che sottolineava come il governo avesse perso legittimità costituzionale con la fuoriuscita dei ministri sciiti. La costituzione libanese impone infatti il principio della coesistenza nel governo almeno delle tre grandi comunità religiose: sciita, sunnita, cristiana. In base a tale principio il presidente della repubblica, il primo ministro e il presidente del Parlamento devono essere rispettivamente, cristiano maronita, sunnita e sciita. Che la questione del tribunale internazionale sia agitata strumentalmente dagli Usa lo conferma una recente denuncia degli avvocati difensori dei quattro responsabili dei servizi libanesi in carcere da quindici mesi perché sospettati dal giudice Detlev Mehlis, ex inquisitore della commissione di inchiesta Onu, di essere coinvolti nel complotto per uccidere Hariri. Gli imputati sono detenuti nonostante che a loro carico non sia stata presentata ancora alcuna prova. In un intervento trasmesso il 19 novembre dalla televisione Al Manar, il leader di Hezbollah Nasrallah ha indicato che "vi sono due soluzioni per uscire dalla crisi: o la formazione di un governo di unità nazionale a cui partecipino tutte le forze politiche o le elezioni legislative anticipate". Ha sottolineato che "l'opzione di un governo di unità nazionale è sempre possibile" nonostante le manovre per impedirne la costituzione; in ogni caso ha annunciato la mobilitazione dei militanti e simpatizzanti di Hezbollah per "realizzare i nostri obiettivi legittimi con mezzi pacifici, democratici e civili, evitando qualsiasi scontro anche con altri manifestanti e dissensi confessionali". Nella serata di martedì 21 novembre veniva assassinato il ministro libanese dell'Industria Pierre Gemayel, membro del partito cristiano maronita. Immediatamente il leader della destra parlamentare filoccidentale e antisiriana Hariri accusava la Siria di esserne il mandante. Da parte sua l'agenzia ufficiale siriana Sara, citando alcune fonti governative, ha "condannato con forza" l'assassinio che "mira a destabilizzare il Libano e minacciare la sua pace civile". Il criminale imperialista Bush non perdeva l'occasione per accusare Siria e Iran di essere i mandanti dell'omicidio del ministro libanese. 22 novembre 2006 |