Per uscire dalla crisi per lo storico revisionista gramsciano Hobsbawm è sufficiente un "capitalismo dal volto umano" La sua ultima opera si intitola pomposamente "Come cambiare il mondo". In realtà, rinnovando i suoi attacchi a Lenin e all'esperienza storica del socialismo, per il gramsciano Hobsbawm il capitalismo non tramonterà mai. Più che una scoperta scientifica, una sua speranza "Il socialismo, come lo intendeva Marx, e ancora di più il comunismo si sono dimostrati fallimentari" Da qualche mese è in libreria il nuovo libro del noto storico revisionista gramsciano Eric Hobsbawm dal titolo "How to change the world: tales of Marx and Marxism". Si tratta di una raccolta di saggi dedicati a Karl Marx scritti nel corso di più anni, alcuni dei quali già pubblicati in Italia, dove la parola inglese del titolo "tales" andrebbe tradotta in italiano non con storie o racconti ma con "fantasticherie" o meglio "frottole", tante ne dice il nostro. L'opera è stata per mesi nella "top ten" dei libri più venduti in Inghilterra, giovandosi della vasta risonanza con cui è stata accolta dai mezzi di informazione borghesi tramite ammiccanti interviste all'autore, recensioni favorevoli e imponenti campagne pubblicitarie e marketing. A dare ampio spazio alla sua uscita sono stati infatti sia quotidiani non ostili - "The Guardian", "The Indipendent", la rivista "New Left Review" - sia giornali di proprietà di Rupert Murdoch, editore notoriamente conservatore e anticomunista. È così che ogni opera di Hobsbawm diventa un best seller. In Italia persino nei reparti libri dei centri commerciali, dove per le case editrici è più dispendioso arrivare, è possibile acquistare i suoi libri. Come mai la borghesia si preoccupa di diffondere in modo così capillare il pensiero di questo revisionista che, come confessò lui stesso, divenne uno storico "grazie ai Quaderni di Gramsci"? Un Marx anti-leninista a uso e consumo della borghesia "How to change the world" si misura con la crisi internazionale del capitalismo, che sarebbe già collassato un paio d'anni fa se non fosse stato salvato dalle finanze pubbliche messe a disposizione dai governi borghesi, siano essi guidati dalla destra che dalla "sinistra". Chiaramente a danno delle masse popolari, che ora pagano il conto dei capitalisti con i tagli alla spesa sociale e la restrizione dei diritti sociali. Essendo la crisi molto radicale, dice Hobsbwam, recuperare Marx, l'unico anche secondo "The Economist" a ragionare in modo convincente sulle contraddizioni profonde del capitalismo, è utile in primo luogo per la borghesia. Misurandosi con il maestro del proletariato, la borghesia ha l'occasione di trovarsi di fronte a uno specchio, conoscere meglio se stessa, correggersi e riprendere la guida delle cosiddette "sorti magnifiche e progressive dell'umanità". Dal momento che serve ai capitalisti e ai loro tirapiedi e non al proletariato internazionale, per Hobsbawm bisogna perciò imparare una volta per tutte a considerare quella di Marx "un'opera aperta", ovvero rivista a uso e consumo della borghesia e di conseguenza liberata dall'"ortodossia" del marxismo-leninismo- pensiero di Mao, già ferocemente attaccata, insieme all'esperienza storica del socialismo in Russia e in Cina, nel suo più famoso best seller, "Il secolo breve", dove, per meglio assestare il suo scellerato colpo, riprendeva come oro colato persino decenni di falsificazioni delle frange più reazionarie e nazifasciste della borghesia. Anzi, ribadisce oggi Hobsbawn nell'intervista a "la Repubblica" del 28 gennaio scorso, "la fine del marxismo ufficiale dell'Unione Sovietica ha liberato Marx dall'identificazione con il leninismo e con i regimi leninisti. In questo modo è stato possibile recuperare il suo pensiero e quel che aveva da dire riguardo al mondo". Posto che in Unione Sovietica ciò che è crollato insieme al muro è in realtà il revisionismo salito al potere nel '56 con il colpo di Stato di Krusciov al XX Congresso del Pcus, mistificando la storia Hobsbawn ribadisce una volta di più il suo anti-marxismo-leninismo. Come non cambiare il mondo Ciò consente ad Hobsbawm di raggiungere più facilmente l'obiettivo del suo chiacchiericcio: rassicurare la borghesia e la sua posizione di classe dominante nel mondo. Ecco infatti il nano Hobsbawm salire senza vergogna sulle giganti spalle di Marx per profetizzare, già dimentico delle odiose e anti-popolari misure salva banche e salva Stati, che il capitalismo non è affatto prossimo al crollo, così come non vi sono rivoluzioni proletarie all'orizzonte. Anzi, il capitalismo esisterà per sempre, precisa Hobsbawm il metafisico. "L'analisi fondamentale dello sviluppo storico fatta da Marx resta valida. Ma, quella che egli chiamava la società borghese, non era e non poteva essere la fine del capitalismo. Era una fase temporanea, come lo sono state altre. Quello che resta vero è che si creano profonde ineguaglianze sociali e morali. Il socialismo, come lo intendeva Marx, e ancora di più il comunismo si sono dimostrati fallimentari. Eppure torna attuale la necessità di risolvere i problemi con azioni pianificate dai governi e dalle autorità pubbliche". Proprio come il suo vero maestro Gramsci, Hobsbawm prende le distanze da Marx e lo rilegge e in chiave anti-rivoluzionaria. Per uscire dalla crisi basta perciò un'operazione di cosmesi. Per Hobsbawm sarebbe sufficiente quel "capitalismo dal volto umano" che esisteva prima del neoliberismo inaugurato dai noti affamatori del proletariato Margaret Thatcher e Ronald Reagan e che proclama "la pura economia di mercato e il rifiuto dello Stato e dell'intervento pubblico". Suggerisce allora Hobsbawm in modo davvero poco scientifico, ovvero non analizzando la realtà oggettiva ma esprimendo un desiderio soggettivo: "I profitti economici devono essere uniti a misure che assicurino il benessere della popolazione, non fosse altro che per evitare pericoli sociali e politici creati da squilibri eccessivi". Si noti ancora una volta la sollecitudine anti-rivoluzionaria. Scartati con il classico livore borghese l'Urss di Lenin e Stalin e la Cina di Mao, il modello storico a cui guarda il revisionista gramsciano sono nientemeno che l'Austria e la Norvegia odierne, "che sono riusciti a crearsi nicchie relativamente sicure nell'economia globale e possono combinare lo sviluppo delle imprese private con i servizi pubblici". Se usciamo dai confini dell'Europa, Hobsbawm indica come esempio il Brasile di Lula, assurto a nuova potenza capitalistica. La differenza tra revisionisti e marxisti-leninisti Hobsbawm legittima perciò anche la concorrenza capitalistica tra Paesi borghesi all'interno dell'"economia globale". Ma allora, per Hobsbawm, cosa significa essere marxisti oggi? Niente di più che "cercare un nuovo equilibrio tra pubblico e privato, tra l'idea di sviluppo e la sua sostenibilità in questo nostro mondo", ovvero propugnare un antico slogan socialdemocratico e un riformismo borghese da "anime belle" con una spruzzata di ecologismo e keynesismo. Veramente poca cosa, spudoratamente anti-rivoluzionaria e anti-proletaria. Così come è accaduto in passato seguendo Gramsci, lo stesso avviene oggi incamminandosi sulle orme revisioniste dei suoi odierni discepoli come Hobsbawm: con questi infiltrati della borghesia nelle file del movimento operaio, il proletariato non potrà mai prendere coscienza di se stesso e della sua missione storica di creatore della società socialista. Non ci si può certo stupire, allora, se Hobsbawm, limate le unghie al proletariato, è presente anche nel Pantheon culturale dei fascisti ripuliti di FLI. Del resto, pure il suo maestro revisionista e anti-rivoluzionario Gramsci è stato riconosciuto come un grande del pensiero da anticomunisti viscerali come Craxi e Sarkozy ed è assai tradotto, studiato e diffuso dagli imperialisti statunitensi. Persino il ministro della distruzione pubblica Gelmini è riuscita a richiamarsi a Gramsci per spiegare i principi della sua "riforma". Che differenza con il trattamento riservato a Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao, continuamente vituperati dalla borghesia. Ma più essa li oltraggia, più i marxisti-leninisti a loro si legano. Perciò, se il proletariato e le masse popolari italiane vogliono l'emancipazione e il socialismo devono guardare al PMLI, in esso riversare le loro migliori energie, insieme a esso marciare sulla via dell'Ottobre. Devono armarsi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, studiare e applicare questa teoria rivoluzionaria, la sola che dopo averle disintossicate dal revisionismo può renderle consapevoli e padrone del loro destino, il solo modo per combattere e arrestare il grave processo di deideologizzazione, decomunistizzazione e socialdemocratizzazione delle masse ancora oggi portato avanti dagli intellettuali gramsciani come Hobsbawm da decenni sul libro paga della borghesia. 1 giugno 2011 |