La camera nera approva quasi unanime il ddl liberticida Mastella Imbavagliate stampa e magistratura sulle intercettazioni telefoniche Il giornalista che pubblica arbitrariamente gli atti vietati rischia l'arresto o l'ammenda fino a 100 mila euro. Restrizioni nei confronti dei PM sulle intercettazioni La Fnsi denuncia il "taglio repressivo" Con 447 voti a favore (quasi l'unanimità dei presenti) sette astenuti e nessun contrario, il 17 aprile scorso la camera nera ha approvato il disegno di legge (ddl) liberticida sull'utilizzo delle intercettazioni telefoniche presentato dal Guardasigilli Mastella. Si tratta di un ddl liberticida, di chiaro stampo neofascista che mira a imbavagliare la stampa e nascondere all'opinione pubblica la corruzione e il malaffare che regnano sovrani a tutti i livelli nelle istituzioni di questo marcio sistema capitalista. Non è una legge "in difesa della privacy" (che esiste da 15 anni) né contro "la gogna delle intercettazioni" né a "tutela della dignità delle persone che sono sbattute in prima pagina", come sostengono in modo truffaldino maggioranza e opposizione parlamentare. Se il ddl sarà approvato in via definitiva anche dal Senato, sarà vietata la pubblicazione anche parziale degli atti di indagine contenuti nel fascicolo del Pubblico ministero (Pm) e delle intercettazioni (conversazioni telefoniche, comunicazioni informatiche o telematiche e i dati riguardanti il traffico telefonico), fino alla conclusione delle indagini preliminari anche se non più coperti dal segreto. Il divieto comprende anche gli atti inerenti le investigazioni difensive. Cioè le intercettazioni che specie negli ultimi tempi si sono rivelate un metodo di indagine preziosissimo per scoprire i responsabili di scandalose vicende saranno sempre top secret e non potranno mai essere pubblicate. Se si procede a dibattimento, gli atti del fascicolo del Pm possono essere pubblicati solo dopo la pronuncia della sentenza in grado di appello. Ciò significa che, dati i tempi della giustizia, le accuse raccolte e comprovate nei processi si potranno conoscere dopo una decina d'anni. Presso ogni Procura, inoltre, dovrà essere istituito un archivio riservato per le intercettazioni di cui sarà responsabile il Procuratore o un suo delegato. In tale archivio andranno conservati i documenti che contengono dati relativi a conversazioni e comunicazioni telefoniche o telematiche acquisiti in modo illecito e i documenti elaborati attraverso una raccolta illecita di informazioni che non potranno essere in nessun modo utilizzati se non come corpo del reato. Nello stesso archivio andranno custoditi gli atti relativi a conversazioni di cui e' vietata l'utilizzazione e quelli privi di rilevanza perché riferiti a soggetti estranei alle indagini. Le registrazioni devono essere trascritte ma è vietata la trascrizione delle parti di conversazioni che riguardano esclusivamente persone, fatti o circostanze estranei alle indagini. Il Pubblico ministero nel disporre le intercettazioni dovrà anche indicarne la durata che non dovrà superare il massimo di 15 giorni prorogabili dal Giudice per altri 15 con decreto motivato. La durata complessiva massima non potrà essere superiore a sei mesi salvo il caso in cui dovessero emergere nuovi elementi investigativi. Annualmente la Corte dei Conti effettuerà un controllo sulle spese sostenute per le intercettazioni ed andranno in ogni caso ridotti numericamente i centri di ascolto. Pesanti le sanzioni per chi rivela notizie sugli atti del procedimento coperti dal segreto e ne agevola la conoscenza (la pena è da 6 mesi a 3 anni). Se poi il fatto è commesso da un pubblico ufficiale la pena aumenta da (1 a 5 anni). Mentre i giornalisti che pubblicano atti del procedimento o intercettazioni telefoniche coperte da segreto rischiano l'arresto fino a 30 giorni commutabile in una sanzione che va da un minimo di 10mila a 100mila euro. "Il principio cardine - ha affermato in una intervista a 'Il Giornale' il penalista Flamminii Minuto - sarà il segreto per tutta la fase delle indagini e non solo fino a quando l'atto verrà comunicato all'indagato. Scompariranno nomi, riferimenti, verbali, deposizioni, intercettazioni. E tutti gli atti fuori dall'ordinanza di custodia. Un silenzio su tutto come neanche il fascismo osò fare". Misure repressive contro la libertà di stampa e d'informazione che davvero richiamano alla memoria le leggi sulla stampa e l'editoria del ventennio mussoliniano: non a caso la casa del fascio del neoduce Berlusconi prima di accordarsi col governo sul pesante regime sanzionatorio chiedeva proprio il carcere per quei giornalisti che avessero osato trasgredire la legge. Ma la cosa ancora più vergognosa è che il governo del dittatore democristiano Prodi spacci la norma sull'imbavagliamento della stampa come "una legge democratica", quasi una conquista, perché siamo riusciti a trovare un accordo con l'opposizione e a ridurre le pene detentive e pecuniarie a carico dei giornalisti proposte in primo momento dalla Casa delle Libertà. Tanto è bastato per far dire al governo e a Mastella che si tratta di: "un grande ed esaltante momento dell'attività parlamentare. Un voto che fa bene alla democrazia", sottolineando fra l'altro "la grande dignità, il grande orgoglio del Parlamento", assicurando che: "Non è una battaglia tra poteri" ossia tra governo e l'Ordine dei giornalisti. Sulla stessa linea anche l'ex avvocato di Berlusconi e attuale referente giuridico di Forza Italia in parlamento, Gaetano Pecorella, che ha detto: "Una buona riforma, varata col contributo fondamentale dell'opposizione" e della "sinistra" del regime neofascista ivi compreso PRC, PdCI e Verdi. In realtà, come sottolinea Paolo Serventi Longhi, segretario nazionale della Fnsi (Federazione nazionale della stampa italiana), si tratta di un grave attentato alla libertà di stampa e d'informazione "che espropria l'Ordine dei giornalisti dei suoi poteri sanzionatori". "Non condividiamo - ha aggiunto Serventi Longhi - l'inasprimento delle sanzioni per i giornalisti, che si aggiunge al prolungamento della fase di secretazione degli atti processuali, il provvedimento passa al Senato con un taglio repressivo. Chiediamo di poter esprimere al Parlamento, e al ministro della Giustizia, la contrarietà del sindacato dei giornalisti". L'Unione nazionale cronisti italiani ha rivolto un appello al presidente Napolitano perché "ponga un argine alle ricorrenti tentazioni di limitare la libertà dell'informazione, restringendo ulteriormente gli spazi del diritto di cronaca". Oggi, in base al codice di procedura penale numero 648, gli atti d'indagine sono coperti dal segreto investigativo finché non diventano "conoscibili dall'indagato". Poi non sono più segreti e se ne può parlare fatto salvo il divieto di pubblicazione integrale la cui violazione è sanzionata con una multa da 51 a 258 euro. Dunque i verbali d'interrogatorio, le ordinanze di custodia, i verbali di perquisizione e sequestro, che per definizione vengono consegnati all'indagato e al difensore, non sono segreti e si possono raccontare e, di fatto, citare testualmente pagando, alla peggio, una multa di qualche centinaia di euro. Grazie a ciò abbiamo saputo di Tangentopoli, conosciuto i nomi di imprenditori e politici coinvolti e dei reati commessi e ancora più recentemente abbiamo potuto apprendere dei loschi retroscena di Bancopoli, Furbettopoli, Calciopoli, Vallettopoli, dei crac Cirio e Parmalat, del sequestro dell'imam Abu Omar, degli spionaggi di Telecom e Sismi e delle collusioni fra politica e mafia. Fosse stata già in vigore la legge Mastella, Berlusconi, Previti e Dell'Utri avrebbero potuto tranquillamente continuare a corrompere giudici, accantonare fondi neri, pagare tangenti ai finanzieri e intrattenere rapporti con la mafia; Fazio sarebbe ancora al suo posto, Moggi seguiterebbe a truccare i campionati, Fiorani a derubare i correntisti Bpl, Gnutti e Consorte ad accumulare fortune in barba alle regole, Pollari e Pompa a spiare a destra e manca. E nulla si sarebbe saputo delle accuse a loro carico. Con la nuova legge nessun cronista sarà più disposto a rischiare la galera o a pagare fino a 100mila euro di ammenda per dare una notizia di cronaca giudiziaria. I giornalisti sapranno che questo o quel politico è sotto inchiesta perché è colluso con la mafia o perché ha incassato milioni di tangenti ma non possono informarne l'opinione pubblica a meno che non vogliano rovinarsi economicamente e professionalmente. Il bavaglio viene esteso anche ai magistrati che, secondo Mastella "con la scusa dell'obbligatorietà dell'azione penale" indagano e intercettano "troppo". Perciò con la nuova legge le spese delle Procure per le intercettazioni (che in base alle attuali norme vengono pagate dagli imputati qualora risultino colpevoli e condannati per i reati ascritti) saranno vagliate dalla Corte dei Conti per l'accertamento di eventuali responsabilità contabili il cui risarcimento sarà a carico del PM. E così potrà succedere che, per non rischiare di rispondere di tasca propria, i PM rinunceranno a utilizzare questo tipo di indagine soprattutto quando si tratta di indagati cosiddetti "eccellenti" che, come dimostra Tangentopoli, alla fine riescono nella maggior parte dei casi a farla franca. Dunque, altro che "Più informazione, più libertà, il diritto a comunicare e a essere informati" come si legge a pagina 261 del programma dell'Ulivo. Il governo di "centro-sinistra" del dittatore Prodi è riuscito a fare peggio di Berlusconi che pure aveva tentato e a più riprese di imbavagliare stampa e magistratura. Mussolini chiuse le redazioni dei giornali di opposizione, allo stesso modo il "centro-sinistra" in totale continuità e collaborazione col "centro-destra" ha chiuso la bocca alla stampa e alla magistratura. 16 maggio 2007 |