Lo conferma Bankitalia "Gli immigrati non rubano il lavoro agli italiani" È uno degli slogan preferiti dalla Lega Nord di Bossi per fomentare razzismo e xenofobia quello smentito nettamente da uno studio di Bankitalia titolato "Rapporto sulle economie regionali del 2008". In esso è smentito il luogo comune secondo cui gli immigrati ruberebbero il lavoro agli Italiani. Infatti, dati alla mano, risulta che i migranti invece di togliere favoriscono l'occupazione dei nostri connazionali, specie quella qualificata e in particolare le donne. Ecco cosa si legge a tal proposito: "La crescente presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazionali per gli italiani che al contrario, sembrano accresciute per gli italiani più istruiti e per le donne. L'afflusso di immigrati dall'estero nell'ultimo decennio ha sostenuto la crescita occupazionale in Italia, contribuendo a contrastare il progressivo invecchiamento della popolazione. Gli stranieri - precisano - hanno un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani e redditi da lavoro significativamente inferiori". Ciò è dovuto, è la tesi di Bankitalia, "a un più basso livello di scolarità degli immigrati, una maggiore concentrazione in imprese meno produttive, il prevalente utilizzo in mansioni a ridotto contenuto professionale". Questi concetti sono ripetuti più volte dai ricercatori di Palazzo Koch (sede della Banca). Non vi è dubbio che la presenza di immigrati nel nostro Paese è andata crescendo e continua a crescere. Quasi 4 milioni di migranti pari al 6,7% della popolazione, di cui il 73,2% svolge un'attività lavorativa, paga le tasse e contribuisce con un 9% alla formazione del Prodotto interno lordo (Pil). Ma questa presenza "non si è però riflessa in minor opportunità occupazionali per gli italiani, che al contrario sembrano accresciute per gli italiani più istruiti e per le donne. In particolare, l'offerta di lavoro femminile italiana si è giovata dei maggiori servizi per l'infanzia e per l'assistenza agli anziani". Per le donne infatti "la crescente presenza straniera attenuerebbe i vincoli legati alla presenza di figli e assistenza dei familiari più anziani, permettendo di aumentare l'offerta di lavoro". È chiaro qui il riferimento alle migliaia e migliaia di badanti, baby sitter e colf straniere che ormai vivono e lavorano nelle case degli italiani. Non solo. L'afflusso di lavoratori stranieri impiegati in mansioni tecniche e operaie "può inoltre aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative che richiedono qualifiche più elevate maggiormente rappresentate tra gli italiani". L'arrivo di lavoratori di stranieri ha modificato il tradizionale afflusso dal Sud al Centro Nord di lavoratori con bassi titoli di studio per il settore industriale. Nelle regioni del Centro Nord, maggiormente interessate dall'immigrazione dall'estero, è aumentato l'afflusso di italiani laureati a fronte di una modesta riduzione di quelli con un titolo di studio più basso. Insomma, gli stranieri nelle regioni centro settentrionali hanno incontrato una domanda di lavoro prevalentemente nel settore industriale "che in passato era soddisfatta dall'immigrazione interna dal Mezzogiorno". "Nel 2008 - osserva il Rapporto - nelle regioni centro settentrionali oltre tre quarti degli occupati stranieri erano operai, una percentuale più che doppia rispetto a quella degli italiani. Nel Mezzogiorno sono invece relativamente più diffusi gli stranieri che lavorano in proprio. Nel Centro Nord oltre il 40% degli stranieri è occupato nell'industria e nelle costruzioni. Nel Mezzogiorno, al contrario, l'occupazione straniera è maggiormente concentrata nell'agricoltura, nel settore alberghiero e della ristorazione, nel commercio al dettaglio e nei servizi alle famiglie". All'interno dei diversi settori di queste attività, "il 44% degli immigrati è impiegato in occupazioni non qualificate o semiqualificate (a fronte del 15% degli italiani); tale percentuale sale quasi al 60% nel Mezzogiorno. Lo studio evidenzia per gli stranieri un tasso percentuale di occupazione superiore a quello degli italiani; anche perché per loro il lavoro diventa essenziale per sopravvivere e per ottenere il permesso di soggiorno. Ma scontano un più basso livello di scolarità: questo insieme a una maggiore concentrazione in settori e mansioni a minor contenuto professionale comporta che i redditi d lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri siano inferiori di circa l'11% a quello degli italiani. L'analisi tocca anche la realtà delle nuove generazioni di stranieri che "rappresentano una componente rilevante della futura forza lavoro nel paese". Nel 2007-2008 gli alunni con cittadinanza non italiana erano 570 mila (di cui un terzo nato in Italia), il 6,4% del totale. Tuttavia uno straniero su quattro fra i 15 e i 10 anni (uno su tre se risiede nel Mezzogiorno) ha abbandonato la scuola contro il 12% degli italiani, percentuale già alta rispetto alle medie internazionali. Un dato negativo questo che andrebbe tempestivamente superato per evitare ai futuri lavoratori di origine straniera un inserimento occupazionale svantaggiato. Come va superato il lavoro di serie B per i migranti. Un'ultima annotazione. La crisi economica in atto colpisce duramente i lavoratori stranieri meno tuteali sindacalmente: cassa integrazione e mobilità sono aumentate per loro in modo sproporzionato. "Nelle liste di mobilità - si apprende da fonte Cgil - la presenza di immigrati è doppia rispetto agli italiani". 9 settembre 2009 |