Riparte alla grande il movimento "No Tav" dopo l'inizio dei sondaggi Imponente manifestazione a Susa 40 mila in corteo sfidano Chiamparino, Bresso e il governo Berlusconi. In 800 alla contromanifestazione "Sì-Tav" del Lingotto Attentato di stampo mafioso al presidio di Borgone di Susa È un fiume di manifestanti quello che il 23 gennaio scorso ha invaso Susa per opporsi alla costruzione della Tav Torino-Lione. Incuranti del freddo alpino in 40 mila hanno marciato per gli oltre quattro chilometri che separano il presidio permanente posizionato lungo la statale 25 fino a piazza del Sole a Susa, sventolando con orgoglio migliaia di bandiere con la scritta rossa "No Tav", gridando slogan e canzoni, suonando campanacci, innalzando cartelli contro i sondaggi, contro la Tav, contro Chiamparino e la Bresso. Secondo la questura i manifestanti sarebbero stati "solo" 20 mila. Anche se fosse, ma non lo è, erano tantissimi, troppi per essere ignorati inieme al segnale politico netto e forte di cui sono portatori. Cioè che la battaglia contro il supertreno è radicata tra le masse della valle. La popolazione la sostiene ed è disposta a combatterla davanti alle ruspe e alle trivelle. Lo dimostra la compattezza, addirittura sorprendente, che la Val Susa ha dato con questo corteo. Dietro lo striscione con su scritto "La valle che resiste. No Tav" c'erano intere famiglie, con bimbi e nonni al seguito, c'erano gli operai che dopo il turno di fabbrica vanno al presidio. C'erano gli impiegati comunali, gli artigiani e i piccoli imprenditori che hanno tirato su una micro-economia di valle incentrata sul cibo, e c'erano gli agricoltori "preoccupati dei tanti cantieri che potrebbero sorgere in aree fertili" come informava una nota della Coldiretti di Sant'Ambrogio. E c'erano anche di nuovo i sindaci. Senza fascia tricolore, ma c'erano. Una ventina dei 24 "ribelli" della Val Susa, e insieme a loro c'era anche il presidente della Comunità Montana, Sandro Plano, processato dal Pd per l'alleanza con i No Tav, che non ha risparmiato frecciate polemiche alle critiche rivoltegli dal suo partito affermando che "se dopo quattro anni si registra la presenza di tutte queste persone e la necessità di procedere ai sondaggi schierando le forze dell'ordine vuol dire che qualche criticità c'è ancora". In mezzo alle bandiere No Tav ci sono quelle della Fiom. Per il segretario torinese Giorgio Airaudo: "Queste grandi opere non rispondono alla richiesta del mondo del lavoro di investimenti in settori innovativi. È una logica vecchia che non crea sviluppo e spreca risorse. La crisi economica chiede risposte che il progetto Alta velocità non può dare perché manifestamente inutile". Legittima quindi la soddisfazione dei leader della protesta No Tav, come Alberto Perino: "Sono venti anni che rispondiamo colpo su colpo. Se pensano di fermarci, siamo pronti. Oggi siamo davvero tanti, dobbiamo essere ancora di più. Nei prossimi giorni le trivelle arriveranno alle stazioni di Sant'Antonino, Avigliana e Bruzolo: saremo anche lì". Alla grande manifestazione del 23 si era arrivati dopo la decisione da parte del governo di dare avvio ai sondaggi geologici. Il 9 gennaio in una affollatissima assemblea popolare indetta a Bussoleno era stato approvato all'unanimità un documento in cui si riaffermava che "considerato che la nuova linea ferroviaria Torino-Lione da sempre detta semplicemente Tav, è un'opera inutile, economicamente insostenibile e ambientalmente devastante decidiamo di continuare ad opporci con tutte le nostre forze in modo pacifico, fermo e determinato alla realizzazione del Tav e opporci ad ogni opera che preluda alla realizzazione della suddetta linea, sondaggi compresi. Invitiamo fermamente i nostri amministratori a proseguire coerentemente questa lotta ventennale contro la Tav e respingiamo i goffi tentativi di ricatto e di intimidazione di stampo fascista e mafioso, minacciati dal governo nei confronti dei sindaci e delle amministrazioni locali del territorio". E dalle parole erano passati immediatamente ai fatti con la decisione di montare i presidi sui terreni interessati ai sondaggi geologici preliminari per la costruzione della Tav. Il 12 gennaio a Susa oltre 500 manifestanti erano riusciti a respingere i tecnici giunti sui terreni con le trivelle. Mentre il 19 gennaio, quando con un blitz notturno blindato dalle "forze dell'ordine" i tecnici della Ltf (la società incaricata ai carotaggi) erano riusciti a prendere possesso dei terreni, centinaia di manifestanti si erano riversati sul posto dando vita ad un combattivo corteo che aveva bloccato per due ore l'autostrada A32 Torino-Bardonecchia. Blocco che poi si era ripetuto anche nel pomeriggio. La contromanifestazione "Sì-Tav" In risposta a questa grande mobilitazione popolare, il giorno successivo, il 24 gennaio, al Lingotto di Torino si è svolta la contromanifestazione "bipartisan" Sì-Tav voluta fortemente dal sindaco Chiamparino. Tra gli organizzatori figuravano esponenti del "centro-destra" come il vicepresidente Anci, Osvaldo Napoli, il sottosegretario ai Trasporti, Bartolomeo Giachino, e il parlamentare Walter Zanetta. Alla fine tuttavia gli esponenti del Pdl si sono sfilati dall'appuntamento torinese per ordini di scuderia venuti dall'alto, cosa che però non ha impedito a Chiamparino di ringraziarli pubblicamente nel suo intervento "perché è con loro che è nata l'idea di questa manifestazione. Una giornata nata con lo spirito di mettere insieme persone di estrazione politica diversa che però condividono l'obiettivo di fare un'opera strategica per il Piemonte e l'Italia" (sic!). Ma è evidente che Chiamparino e la Bresso con la manifestazione del Lingotto hanno tentato la prova di forza da sbattere in faccia al movimento No Tav, per ribadire che piaccia o non piaccia loro andranno avanti per la loro strada, dimostrando di aver fatto proprio il motto mussoliniano "me ne frego della piazza" . Chiamparino infatti, in linea con il fascista Matteoli, non solo accusa i No Tav di essere una minoranza che non può "porre veti", ma addirittura li schernisce affermando che la manifestazione dei 40 mila sarebbe stata "autoconsolatoria", perché i dimostranti hanno "consapevolezza che i lavori stanno andando avanti, i sondaggi sono stati fatti e continueranno". Peccato che, se c'è qualcuno che è "una minoranza" è proprio Chiamparino e soci che, alla manifestazione del Lingotto, pur magnificando migliaia di adesioni, hanno portato appena 800 persone e dove brillava per la sua assenza quella che viene chiamata "la gente comune". In Val Susa intanto un nuovo presidio no Tav, quello storico di Borgone di Susa, dopo quello di qualche giorno fa a Bruzolo, è stato dato alle fiamme da ignoti che hanno lasciato scritte Sì Tav. "È un fatto gravissimo - ha denunciato Perino - un atto mafioso paragonabile agli incendi ai negozi che non pagano il pizzo". Ma soprattutto "è senz'altro la risposta vigliacca al successo della nostra manifestazione di ieri a Susa". 27 gennaio 2010 |