Secondo il National Intelligence Council Inarrestabile il declino della superpotenza Usa Il sistema delle relazioni internazionali nel prossimo futuro non sarà più quello definito dopo la guerra fredda, col dominio quasi incontrastato degli Usa, ma sarà sostituito da un sistema multipolare. Detto in altre parole, gli Usa non saranno più in grado di spadroneggiare, saranno sempre fra i leader ma dovranno concordare la "gestione" del mondo con altre potenze, in un contesto caratterizzato da una crescente competizione per il controllo delle risorse naturali. Potrebbe sembrare un pezzo del programma del nuovo presidente americano Obama ma non lo è. È invece quanto afferma il rapporto del Nic, il National intelligence council, un organismo nato nel 1979 e composto da tutte le agenzie di informazione degli Stati uniti, compresa la Cia, che ogni quadriennio lo presenta all'amministrazione americana. Si chiama Global Trends 2025, presentato lo scorso novembre, che aggiorna il precedente Global Trends 2020 consegnato a Bush nel 2004. E che spiega tra l'altro la necessità per l'imperialismo americano di cambiare volto e gestione alla Casa Bianca, dopo otto anni di Bush, per affrontare le nuove sfide mondiali. Nel rapporto precedente si sosteneva che il mondo monopolare nato dalle ceneri dell'Urss avrebbe visto la "prosecuzione del dominio americano", come stava a cuore all'amministrazione americana guidata da Bush. Adesso si afferma che nel 2025 gli Stati Uniti resteranno la prima potenza mondiale ma la loro influenza risulterà ridimensionata. In altre parole anche per il Nic il prossimo sarà il ventennio del declino americano. Gli Stati uniti "resteranno l'attore principale del pianeta ma saranno meno dominanti" mentre cresceranno ulteriormente altri paesi come Cina, India e Brasile, i concorrenti ritenuti più temibili dagli analisti americani che relegano l'Europa al ruolo di "un gigante azzoppato" a causa della sua incapacità di tradurre il proprio peso economico in influenza globale. Certo, la superpotenza europea deve fare i conti con le proprie divisioni interne ma non è affatto detto che nel ventennio preso a riferimento non possa fare un salto di qualità proprio per tenere botta ai concorrenti imperialisti. In ogni caso sarà la Cina "il paese che avrà più impatto sul mondo nei prossimi vent'anni"; nel 2025 sarà la seconda economia mondiale, a spese dell'Europa che scenderà al terzo posto, e il principale inquinatore del pianeta. Il governo di Pechino, sottolinea il rapporto, avrà bisogno di controllare le rotte di approvvigionamento e di conseguenza dovrà aumentare gli investimenti nelle forze armate, diventando una grande potenza militare che comunque in un'economia globalizzata, si auspica, non avrà interesse a porsi in diretta contrapposizione con gli Stati Uniti. Magari grazie anche al ruolo di contenimento dell'altra grande concorrente asiatica, l'India. Un passo dietro si collocherebbe la Russia di Putin e Medvedev che potrà riguadagnare il terreno perduto, forte delle sue risorse naturali necessarie soprattutto a paesi europei affamati di energia come Germania e Italia. Un elemento di debolezza della Russia, secondo gli analisti americani, sarebbe l'alto grado di corruzione che continuerà a diffondersi, come peraltro in altri paesi dell'Europa dell'est. Uno di questi potrebbe essere addirittura controllato dalla criminalità organizzata, quale non viene specificato. In effetti la criminalità organizzata è fra le poche "istituzioni" capitaliste a avere ingenti quantità di denaro da investire in questo momento. In ogni caso il rapporto prevede un arretramento del libero mercato e un maggior ruolo di controllo degli Stati, sotto i colpi di una crisi finanziaria che sarebbe "il segno di una riorganizzazione generale dell'economia" con probabili effetti profondi. A partire dal dollaro che potrebbe non essere più la moneta di riferimento del pianeta. Alle contraddizioni fra le maggiori potenze economiche imperialiste se ne sommeranno altre, causate dalla crescita della popolazione e dalla nascita di ceti medi nei paesi emergenti che farà crescere del 50% la domanda di cibo mondiale che, unite alle probabili conseguenze del cambiamento climatico, faranno aumentare i conflitti "sul modello di quelli del diciannovesimo secolo" per accaparrarsi cibo, acqua e altre risorse naturali. 28 gennaio 2009 |