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Dopo l'aggressione a Berlusconi governo, PD e UDC trattano
Prima si lanciano palle infuocate, poi "inciuciano" sulla controriforma costituzionale e la giustizia
D'Alema: "Gli inciuci sono utili" |
Com'era ampiamente scontato l'aggressione in piazza Duomo a Milano da parte di uno squilibrato ha portato un netto vantaggio politico a Berlusconi, permettendogli di sbloccare a suo favore una situazione che fino alla vigilia pareva avere come sbocco solo un muro contro muro o le elezioni anticipate.
Infatti adesso, come per incanto, è ripartito il "dialogo" tra il governo, il PD e l'UDC sulla controriforma della Costituzione e quella della giustizia, ivi incluse le ben tre leggi ad personam messe in campo per salvare il neoduce dai processi, vale a dire il cosiddetto "processo breve" e il "legittimo impedimento" già in discussione in parlamento, e il nuovo "lodo Alfano" da approvare con legge costituzionale che sarà presentato entro Natale.
Per conseguire questo risultato, sfruttando fino in fondo lo shock mediatico-politico provocato dall'aggressione, Berlusconi ha alternato sapientemente il bastone e la carota, facendo prima sparare dai suoi gerarchi e dai suoi pennivendoli della carta stampata e di "Raiset" palle infuocate contro i "seminatori d'odio" e poi, dopo aver intimidito e ammorbidito ben bene l'"opposizione" parlamentare ha riposto momentaneamente la maschera di caimano e ha indossato quella del mite agnellino disposto a dialogare e a trattare sulle "riforme che servono al Paese".
Il culmine della campagna di aggressione a chiunque osi criticare e attaccare il neoduce, presentando i primi come "mandanti morali" dell'attentato e il secondo come vittima sacrificale del "clima di odio" da essi generato, è stato raggiunto con l'intervento del piduista Cicchitto il 15 dicembre alla Camera. In questo intervento il capogruppo del PDL ha sferrato un violento attacco a quelli da cui proverrebbe "la campagna di odio contro Berlusconi", e cioè "da un network composto dal Gruppo editoriale Repubblica-L'Espresso. Da quel mattinale delle procure che è Il Fatto. Dalla trasmissione televisiva di Santoro. Da un terrorista mediatico di nome Travaglio. Da alcuni pm che indagano sui rapporti mafia politica. Da un partito, L'Italia dei valori. E da qualche settore giustizialista del PD".
Un intervento di stampo piduista e fascista per incitare a una sorta di caccia alle streghe contro la libertà di informazione e l'indipendenza dei magistrati, a cui però il solo Di Pietro ha risposto contrattaccando, mentre il PD è rimasto sostanzialmente inerte e indifferente, guardandosi bene dal prendere le doverose difese dei giornalisti e dei magistrati oggetto delle infamanti e provocatorie accuse di Cicchitto. A rincarare la dose si è aggiunto anche il presidente del Senato Schifani, lanciando analoghe accuse di "istigazione alla violenza" a carico di Facebook e altri siti Internet, facendo un paragone agli "anni di piombo" e annunciando che "si procederà ad una regolamentazione via legge ordinaria" di questa materia.
Quanto a Berlusconi, mentre lasciava briglia sciolta ai suoi mastini di impazzare selvaggiamente nella campagna contro i "fomentatori dell'odio", attribuendo ad essi perfino l'ispirazione della bomba "anarchica" alla Bocconi, da parte sua, cogliendo al balzo i segnali di distensione provenienti dal PD - la visita di Bersani in ospedale, la sua solidarietà "senza se e senza ma", i rabbuffi a Rosy Bindi e gli attacchi a Di Pietro per le loro dichiarazioni a caldo, le reazioni alquanto fiacche e concilianti alla stessa campagna ipocrita e truculenta di PDL e Lega, ecc. - faceva sfoggio di "moderazione" e di "buonismo" per attirare i dirigenti del PD nel suo gioco: "Se sapranno davvero prendere le distanze in modo onesto dai pochi fomentatori di violenza, allora potrà finalmente aprirsi una nuova stagione di dialogo", così li incitava mellifluo il neoduce lasciando l'ospedale; ma ad ogni buon conto aggiungeva con una venatura di minaccia: "In ogni caso andremo avanti sulla strada delle riforme che gli italiani ci chiedono".
A incitare il nuovo Mussolini ad andare avanti sulla strada del "disgelo" sono anche Fini da una parte e Bossi e Tremonti, dall'altra. Per quanto riguarda il presidente della Camera ciò rientra nella sua strategia di porsi come uomo delle istituzioni e del dialogo tra la destra e la "sinistra" borghese, tant'è che alterna le offerte di riconciliazione con il premier (anche lui è andato subito a trovarlo in ospedale) a nuove manifestazioni di "indipendenza" da lui e soprattutto dai suoi gerarchi, come quando ha preso le distanze dalle leggi speciali anti-manifestazioni e anti-Internet annunciate e poi rimandate da Maroni, e come quando ha avuto un colloquio alla Camera col padrone del gruppo Repubblica-L'Espresso De Benedetti, considerato dai berluscones uno dei principali ispiratori del "network" dell'odio contro il loro capo.
Per quanto riguarda Bossi e gli altri caporioni della Lega, ottenute intanto dal neoduce le candidature alle presidenze di Veneto e Piemonte, essi non cessano di raccomandargli il dialogo col PD, sapendo che il federalismo e le altre controriforme dipendono anche dal consenso di questo partito. Calderoli ha colto anzi l'occasione per riproporre al premier e al PD la sua "convenzione costituente" sul modello della Bicamerale golpista di D'Alema, già molto apprezzata in Senato dalla Finocchiaro dopo la votazione bipartisan della mozione per fare le "riforme condivise".
I frutti di questa abile tattica del bastone e della carota non si sono fatti attendere, perché il PD di Bersani ha abboccato in pieno e ben volentieri al gioco imposto da Berlusconi e dai suoi. Berlusconi ha spedito il gerarca Quagliariello, che sta preparando il nuovo lodo Alfano, a cena dalla Finocchiaro per esporre le sue condizioni alla ripresa del "dialogo" in parlamento. Sapendo che Bersani, per ragioni di tenuta interna, dice sì alle "riforme" ma non alle "leggi per una sola persona", il neoduce non chiede al PD un voto favorevole al ddl sul "legittimo impedimento" presentato da PDL e UDC come legge-ponte fino all'approvazione del nuovo lodo Alfano, ma si accontenterebbe di un'opposizione "senza le barricate" e con l'isolamento politico e morale di Di Pietro. In cambio sarebbe disposto a rivedere la legge sul "processo breve" quando approderà a Montecitorio, accogliendo alcuni emendamenti dell'"opposizione" per renderne meno devastanti gli effetti, facendo così contento anche Napolitano che potrebbe firmarlo salvando la faccia.
In altre parole è un vero e proprio "inciucio" quello che il cavaliere piduista offre al PD: l'impunità dai processi in cambio di "riforme" costituzionali "condivise", magari ripartendo dalla bozza Violante come gli suggerisce anche Tremonti. Non a caso ha trovato subito orecchie sensibili in chi di "inciuci" se ne intende più di chiunque altro, e cioè Massimo D'Alema.
In un'intervista apparsa il 17 dicembre sul quotidiano della grande borghesia milanese Il Corriere della Sera, quello che più di tutti tifa affinché ci sia una "pacificazione" tra destra e "sinistra" borghese e si lasci governare in pace il neoduce, D'Alema ha accusato il populismo di Di Pietro di essere "speculare" a quello di Berlusconi, e chiedendo che si fermi "la spirale dei due populismi che si alimentano a vicenda", ha sentenziato: "Bisogna avere il coraggio di dire che le riforme istituzionali comportano una comune assunzione di responsabilità, senza temere l'accusa di voler fare inciuci".
Proseguendo nell'intervista si è capito a quali "inciuci" pensava, quando a proposito dei guai giudiziari di Berlusconi e della legge sul "processo breve" per tirarsene fuori ha precisato: "Se per evitare il suo processo devono liberare centinaia di imputati di gravi reati, è quasi meglio che facciano una leggina ad personam per limitare il danno all'ordinamento e alla sicurezza dei cittadini". Dopodiché, per rispondere all'inevitabile coro di critiche e dissensi dei suoi oppositori nel PD - Franceschini, Veltroni, Parisi riuniti nella corrente di Area democratica - ha ribadito piccato la sua tesi rifacendosi al precedente storico di un altro "grande inciucio", quello di Togliatti che a dispetto delle accuse degli azionisti volle fosse recepito nell'articolo 7 della Costituzione il Concordato tra la chiesa e il regime fascista: "Ma questi 'inciuci' - ha sottolineato l'ex ministro degli Esteri - sono stati molto importanti per costruire la convivenza in Italia, oggi è più complicato, ma sarebbero utili anche adesso. Invece questa cultura azionista (allusione a De Benedetti, Scalfari e il gruppo Repubblica-L'Espresso accusati dal neoduce di fargli la guerra, ndr) non ha mai fatto bene al Paese".
In altre parole il capofila dei rinnegati accredita in un certo qual modo la campagna berlusconiana sulla sua persecuzione e sui "seminatori d'odio" e auspica una tregua per fare insieme la controriforma costituzionale "utile al Paese". Non per nulla il suo fido Nicola Latorre ha completato il discorso invitando i critici del "capo" a smetterla con la "delegittimazione giudiziaria del premier", perché "avendo vinto Berlusconi le elezioni deve governare questo paese fino a fine legislatura". Anche Bersani è intervenuto per coprire D'Alema, dichiarando che ha parlato di "inciuci" perché "ama le provocazioni e ha il gusto del paradosso", e che "se il PD è il partito delle riforme, dobbiamo andare a vedere".
Tutto sta marciando insomma nella direzione favorevole a Berlusconi, ed è significativo che inviti a barattare una legge che assicuri l'impunità a Berlusconi con un clima di "pacificazione" e di "riforme condivise" comincino ad arrivare anche da personaggi come l'ex presidente Scalfaro e l'associazione "Libertà e giustizia". Evidentemente alla "sinistra" borghese non è servita a nulla la lezione dei continui cedimenti e compromessi dell'opposizione che permisero a Mussolini di prendere tutto il potere nelle sue mani e instaurare la dittatura fascista. Ciò rende ancora più urgente liberarsi del nuovo Mussolini con la lotta di piazza e di massa, altrimenti, come ha denunciato il comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI, il suo golpismo istituzionale, la sua macelleria sociale e il suo interventismo militare all'estero andranno avanti senza incontrare ostacoli.
22 dicembre 2009
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